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8 tra le critiche più ricorrenti rivolte alla Chiesa (anche dall’interno)

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Annette Shaff/Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 01/04/16

Dalla non autodeterminazione della libertà personale al celibato sacerdotale, sino ai temi scottanti della sessualità

Con quali tesi ci si scaglia contro la Chiesa e come è possibile respingere le critiche in modo efficace? E’ una domanda che spesso noi cattolici ci poniamo, ma è anche un interrogativo che, non di rado, agita atei, agnostici e “curiosi”.

Un argomento bollente che mostra varie “opzioni”, come spiega padre Bernhard Korner, in Buoni motivi per vivere nella Chiesa” (Edizioni Dehoniane Bologna).

1) LA LIBERTA’ DELL’UOMO

Come punto di partenza, osserva il teologo, si può dire che la Chiesa deve annunciare una «buona notizia» e non un «notizia minacciosa». Per i critici questo include una «positiva valutazione della sessualità». Essi sostengono che il celibato non debba essere un presupposto indispensabile per il sacerdozio ordinato. Pretendono una Chiesa fraterna in cui sacerdoti e laici non vengano separati e ai laici vengano concesse la parola e la co-determinazione. E, non da ultimo, viene richiesta la piena uguaglianza delle donne anche nella Chiesa.

Già questo breve abbozzo mostra che la Chiesa viene criticata in nome di valori al cui apice c’è la libera autodeterminazione della persona. E dunque per gli uni questa critica è una ragione per rifiutare la Chiesa e il cristianesimo, per gli altri è un’occasione per chiedere, in nome del cristianesimo, una riforma della Chiesa su questi valori.

Attacco al magistero

Per i critici, non si tratta solo del modo in cui il cristianesimo viene vissuto nella Chiesa. Per loro si tratta dello stesso magistero cristiano, da essi ritenuto problematico e incompatibile con la vita umana. E ciò non solo perché tale magistero porta a conseguenze contrarie alla vita, ma anche perché – secondo loro – tale magistero non può essere giustificato.

Centrale è qui l’affermazione che, in fondo, con l’aiuto della ragione non possiamo fare affermazioni su Dio o sulla sua rivelazione. Così, però, anche la Chiesa e il suo insegnamento diventano superflui. Alcuni pensatori vanno anche oltre. Rappresentano una posizione atea. Sono decisamente convinti che Dio non esista. Ritengono che, allo stato attuale delle conoscenze, non ci siano prove per credere in un Dio.

Una sfida per la Chiesa

Nella costituzione pastorale Gaudium et spes, il documento sui rapporti della Chiesa con la società, che devono essere improntati sul dialogo e non sulla contrapposizione, si legge: «Anzi, la Chiesa confessa che molto giovamento le è venuto e le può venire dalla stessa opposizione di quanti la avversano o la perseguitano». Una dichiarazione sorprendente. Ma in fondo è evidente: ogni attacco alla Chiesa e al suo magistero è una sfida e una possibilità, per la Chiesa, di chiedersi cosa sia fondato e cosa non lo sia. Si evita, così, che essa si culli in una falsa autosufficienza.

2) IL CRISTIANESIMO E’ VIOLENTO

Il filosofo tedesco Karl-Heinz Deschner ha evidenziato criticamente i lati oscuri della storia della Chiesa relativi all’ambito ecclesiale e religioso. Egli parla di una «storia criminale del cristianesimo»: il cristianesimo ha «abbandonato la sua idea originaria, egalitaria e pacifista, orientata alla povertà e, da Chiesa organizzata, è caduto presto nella corruzione, nella violenza e nell’intolleranza». È diventato sempre più una religione con una prassi violenta e disumana, contrassegnata da un atteggiamento nemico nei confronti della natura, delle donne, del sesso, della scienza e della libertà.

Un altro autore, il filosofo Herbert Schnädelbach, per inasprire ancor di più la diagnosi ha utilizzato – come occasione provvidenziale – la richiesta di perdono che papa Giovanni Paolo II ha rivolto, all’inizio della Quaresima dell’anno 2000, per le colpe che hanno avuto luogo nella Chiesa e attraverso la Chiesa.

Il peccato originale e l’inferno

Al riguardo, Schnädelbach elabora la dottrina del peccato originale, che dà un’immagine negativa dell’essere umano; la dottrina della redenzione mediante la morte in croce di Gesù, che egli vede come una procedura giuridica sanguinosa; il mandato missionario, che è un divieto di tolleranza e ha condotto allo sradicamento del paganesimo e a un imperialismo culturale cristiano. Da qui derivano l’antigiudaismo cristiano e gli innumerevoli pogrom contro gli ebrei nell’Europa cristiana fino all’antisemitismo nazionalsocialista; la minaccia dell’inferno come mezzo per indurre continuamente all’insicurezza e all’inquadramento; l’ostilità nei confronti del corpo; e, infine, la menzogna per amore di una verità della salvezza apparentemente più alta.

Per arginare queste tesi, la prima riflessione va sotto la parola-chiave “libertà”. Il rapporto tra la Chiesa e Dio, ad ogni modo, viene pensato sempre così: la libertà delle persone che costituiscono la Chiesa è fuori discussione. In altre parole, l’azione della grazia divina non annulla la libertà dei credenti. Proprio per questo il Vaticano II ha potuto dire che la Chiesa include anche i peccatori. E per questo è «santa e insieme bisognosa di purificazione»

Infine, si dovrà esaminare ancora più attentamente la tesi di Schnädelbach. Essa afferma che nel cristianesimo non c’è stato solo un fallimento nell’attuazione della buona notizia, ma che già la notizia stessa è stata fuorviante e, quindi, ha condotto a delle conseguenze disumane. A tal proposito va detto, tuttavia, che anche la notizia divina è stata sempre, comunque, formulata e trasmessa dagli uomini. Il fattore umano è in gioco dal primo momento. E ciò vale certo anche per la comprensione della Rivelazione.

3) “CONSERVATORI” VS “PROGRESSISTI”

Altra mannaia che i critici provano ad abbattere sulla Chiesa del post-Concilio riguarda la rigida divisione tra «conservatore» e «progressista». Per la maggior parte della gente servono solo come demarcazione e condanna. Sono diventati dei modi di dire che non permettono di andare avanti nelle soluzioni.

A dire il vero sono anche impropri, perché la Chiesa deve essere costituita comunque da entrambe le dimensioni: conservatrice e progressista. La Chiesa deve rimanere fedele e legata alla sua origine – a Gesù Cristo, al Figlio di Dio, alla sua vita e alla sua attività, alla sua morte e alla sua risurrezione – e in tal senso deve essere «conservatrice». Allo stesso modo deve procedere nel tempo, nel presente, e in tal senso deve essere «progressista». Altrimenti diventa o un museo o un’associazione (magari impegnata).

Il dialogo

Per trovare una via comune, bisogna ritornare ad un’altra parola-chiava: dialogo. Dialogo significa entrare in uno scambio di opinioni con cui mi rendo conto di cosa pensa l’altro, di cosa è importante per lui, di cosa è sacro. Ma dialogo non significa che devo rinunciare alla mia convinzione o devo farla prevalere, non significa che ritengo l’opinione dell’altro altrettanto vera quanto la mia. Ma è una forma di accoglienza dell’altro per giungere ad una sintesi di idee e non ad uno scontro.

Una sintesi che deve portare ad un messaggio comune che potrebbe riassumersi così: “sì alla modernità, ma con criterio”, ma non adattandosi a ciò che oggi va di moda, si pensa e si fa. Questa tentazione va scongiurata.

4) LA CELEBRAZIONE DELLA LITURGIA

Un altro affondo riguarda la presunta rigidità della liturgia, che viene utilizzato come argomento per sostenere come essa sia estranea alla vita delle persone.

Per la parola-chiave liturgia, la questione diventa problematica se si dimentica che la celebrazione dell’eucaristia sin dall’inizio non è stata ritenuta un’iniziativa umana. Secondo la frase biblica: «Fate questo in memoria di me», questa celebrazione ci è stata affidata. Pertanto è evidente che non la si può manipolare arbitrariamente.

Rispetto nei confronti di Dio

Ci vuole rispetto per l’esperienza della Chiesa che è incorporata nella forma di celebrazione, come anche rispetto nei confronti di Dio, quale centro invisibile e punto di riferimento significativo della celebrazione eucaristica. Ma ciò non può significare, allo stesso tempo, che l’eucaristia debba essere celebrata in modo impersonale, come un rituale rigido, come qualcosa di estraneo alla vita delle persone.

5) LO SCARSO “PESO” DELLE DONNE

Per molte donne, il peso specifico negli equilibri della Chiesa è diventato un vero rapporto di stima nei loro confronti, di un’attenzione e di un’effettiva parità, di giustizia. Il magistero ecclesiale ha definito la questione dell’ordinazione delle donne con Giovanni Paolo II, grazie ala Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994). Egli esprime la convinzione che «la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale». Anche se per non poche donne e non pochi uomini questa posizione è incomprensibile e dolorosa, andrebbe almeno ricordato che il papa indica, come motivo, la tradizione ininterrotta della Chiesa. Riconosce in essa la fedeltà al volere fondatore di Gesù, che il papa intende rispettare. E, a tale proposito, afferma che la Chiesa non ha la facoltà di apportare cambiamenti.

Un nuovo protagonismo “in rosa”

La negazione del sacerdozio alle donne non vuol dire, però, che la Chiesa non riconosca ad esse tutto il loro valore. Ciò che è certo sul piano teologico, nella pratica va preso ancora più sul serio. Di fronte a questa limitazione è ancora più importante mettere in risalto il peso delle donne nella vita quotidiana della Chiesa e sfruttare tutte le possibilità aperte a loro.

6) LO SCOGLIO DEL CELIBATO

Il Vaticano II, al riguardo, ha detto ciò che c’è da dire: «Il celibato è sempre stato considerato dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale».18 Si osserva giustamente che il Concilio non ha detto che esso sia collegato necessariamente con il sacerdozio e che quindi non possa essere cambiato. Su ciò si basano coloro che dai tempi del concilio hanno richiesto l’abrogazione dell’obbligo del celibato. I loro argomenti più convincenti sono la mancanza di preti, ma fanno riferimento anche a quei preti e a quei candidati al sacerdozio che hanno difficoltà con questa forma di vita e così non scelgono il sacerdozio, con una perdita per la Chiesa. D’altra parte, il Concilio ha fatto una considerazione positiva. Dice che il celibato «ha per molte ragioni un rapporto di molteplice convenienza con il sacerdozio».

7) LA SESSUALITA’

Sulla sessualità la Chiesa è da sempre tacciata di moralismo e chiusura. Il punto è che nella nostra società sembrano esserci due modelli-base per quanto riguarda il modo in cui vengono comprese la sessualità e la vita sessuali. Gli uni la vedono come un’opportunità per provare piacere e gioia, così come succede nello sport o in altri divertimenti. Si richiede solo che due persone decidano, come in un gioco, quali regole sono importanti per loro. Altri vedono la sessualità come la forma più intensa e intima dell’espressione di un rapporto personale. Da questa parte c’è anche la Chiesa.

Oltre erotismo e salute

La vita della sessualità non è qualcosa, bensì riguarda sempre qualcuno con la sua storia. O, come è stato detto, non si tratta di un oggetto erotico, ma di un soggetto amato.

Tutti gli aspetti del magistero della Chiesa vanno visti e compresi da questa prospettiva. È quanto mostrano, e lo fanno con chiarezza, i relativi documenti del Concilio. Qui solo alcuni accenni: a volte nella nostra società si ha l’impressione che la sessualità sia qualcosa di assimilabile a una dottrina che riguarda la salute. Questo dato emerge anche dal modo deciso in cui ci si muove in questo settore contro ogni regolamentazione. La morale sessuale della Chiesa si pone, invece, contro tale atteggiamento. La sessualità può essere qualcosa di bello, qualcosa che va vissuto, ma non riguarda semplicemente la salute. Di fatto le relazioni che appagano includono molti aspetti che vanno compresi e coltivati.

8) DIVORZIATI RISPOSATI

In tale contesto, la prima preoccupazione della Chiesa in relazione al Vangelo e secondo una lunga tradizione è quella di promuovere e tutelare il matrimonio e la famiglia. Questa viene compresa come lo spazio vitale per eccellenza, per i coniugi e per i figli. Perciò non si deve usare il diritto canonico contro le persone; esso ha il compito di proteggere questo spazio vitale e le situazioni difficili delle persone. Proprio nel contesto del divorzio e del desiderio di un nuovo matrimonio viene detto, a volte, che le leggi della Chiesa ostacolano l’umanità.

Luoghi per alleggerire il trauma

Che cosa può e deve fare la Chiesa? Deve accompagnare le persone, specie quando si tratta di persone che vivono una crisi. Giovanni Paolo II si è espresso chiaramente a questo proposito. Per accompagnare le persone in difficoltà occorre tempo e competenza. Nelle diocesi ci sono, di regola, dei luoghi di riferimento con esperti disponibili ad aiutare le coppie e le persone in difficoltà. Cosa fare quando un matrimonio si è rotto e si è dato vita a un nuovo matrimonio? Non è semplice mettere insieme l’indissolubilità del matrimonio e un atteggiamento disponibile verso le persone.

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