La rivoluzione del Pontefice, raccontata in un libro da Mons. Dario ViganòUn sondaggio mondiale appena pubblicato da WIN/Gallup International riconosce che Papa Francesco è diventato il leader mondiale più amato. Come è possibile? A questa domanda risponde l’uomo che lui ha scelto per guidare e rinnovare la comunicazione del Vaticano. Parliamo di monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, che ci racconta i “dietro le quinte” di questo grande pontefice nel suo ultimo volume, intitolato “Fedeltà è cambiamento. La svolta di Francesco raccontata da vicino”.
Monsignor Viganò, nel suo libro analizza “la rivoluzione dei gesti” di Papa Francesco, a cosa fa riferimento?
“Chi si occupa di comunicazione sa che in genere ci vuole una grande strategia per creare un evento mediale. Papa Francesco ha questa grande capacità, e ogni suo gesto diventa un evento. Siamo di fronte a quello che io chiamo ‘una eventizzazione del quotidiano’. Per quale motivi?
È un Papa che ci introduce in uno stile nuovo. Ha abbandonato i rituali, le formalità cortigiane… In qualche modo, colpisce molto. No? Qualche ragazzo, qualche ragazza dice: ‘sembra un parente’. Per dire che cosa? C’è una vicinanza, una prossimità. Io mi sento accolto esattamente come mi accoglie uno di famiglia”.
Come si spiega il cambiamento del rapporto personale con i media tra Jorge Bergoglio e Papa Francesco? L’arcivescovo Bergoglio non aveva questo tipo di rapporto con la comunicazione.
“Papa Francesco porta con sé, radicato nel profondo, la distanza da questo panorama. Il preoccuparsi di cosa pensa l’opinione pubblica, di cosa dice la gente non gli appartiene. Ed è il motivo per cui a fronte di alcuni piccoli casi che si costruiscono sul suo parlare a braccio, lui non è assolutamente preoccupato, perché è un uomo che sa che tutto questo è vanitas vanitatum, è la kermesse mediatica che oggi c’è e domani non c’è. Però, diventando Papa si rende conto che perché il Vangelo attraversi gli oceani deve subire la fatica di essere al centro di un’attenzione mediatica.
All’inizio del suo pontificato, spiegavo Lui che bisognava riprendere una firma ufficiale, che era necessaria la telecamera in certi momenti del suo lavoro, ma non me lo ha mai permesso.
È un uomo molto al di fuori da queste logiche dello spettacolo. Non ama mai essere al centro, essere protagonista. Certo, sa bene che per prossimità a chi è lontano deve sottoporsi a questo stillicidio di una telecamera che lo insegue e alle volte lo persegue”.
Questo Papa è un Papa televisivo, ma personalmente lui non guarda la tv…
“È un papa televisivo paradossalmente perché in questo panorama televisivo dove tutto è gridato, dove c’è un effluvio di parole molto spesso anche vuote, ha lo stile di una voce sommersa, di un tono basso, di un ritmo molto lento. Questa discontinuità, sopratutto a fronte di parole che afferrano le questioni centrali di ogni uomo e di ogni donna — penso al lavoro, gli affetti feriti, il sogno della speranza..— crea una grande attenzione, indipendentemente dal fatto che uno sia credente o non credente”.
Dopo Twitter, ora Instagram (Instagram.com/franciscus), che è pura immagine. E’ questo un nuovo salto nella comunicazione dei Papi?
“Credo di sì. C’è un aspetto molto interessante dato dal racconto per immagini e quindi l’idea di raccontare un pontificato attraverso delle immagini che colpiscono il cuore, l’emozione ci permette di far entrare coloro che ci seguono a entrare nel caldo della vicinanza con Papa Francesco. E, devo dire che è un caso unico nella storia di Instagram: in 12 ore abbiamo superato il milione di followers”.
Papa Francesco è amato da tutti, anche dai non credenti, perché? Qual è segreto del suo consenso?
“Credo che il segreto sia la verità dell’essere uomo. Cioè, è un uomo che ha abbandonato l’andamento di un parlare concettuale logico-argomentativo, e racconta delle storie, racconta degli esempi. Anche il suo modo di commentare i Vangeli durante la messa di Santa Marta, oramai è diventato un genere letterario, è un modo per ri-raccontare il Vangelo ponendosi questioni che sono questioni tue, mie.
Questa è la sua forza. E poi perché sono parole che hanno una densità importante, la densità della sua storia. Anche chi non crede ammira un uomo così grande che chiama i problemi con il loro nome specifico. A volte di fronte ai problemi non sa dare risposte. Quando i bambini gli chiedono il perché della morte dei piccoli, degli innocenti, dice: “io non so dare una risposta”. Però racconta quello che fa lui, cioè, “guardo Gesù in croce”.
Qual è il disegno del Pontefice sulla riforma della Chiesa?
“Questo lo ha dichiarato subito, sia in Cappella Sistina, sia il giorno dopo incontrando i giornalisti, che durante la Messa il 19 marzo 2013, all’inizio del suo Pontificato: una Chiesa povera per i poveri. Cioè, una chiesa che abbandoni le modalità tipicamente delle chiese imperiali, parastatali, per diventare quella Chiesa che è sale. Il sale nessuno lo mangia da solo. Il sale serve per accentuare i sapori, per essere capace di far crescere gli altri.
Una Chiesa così, una Chiesa ospedale da campo, una Chiesa in uscita, una Chiesa la cui forza è esattamente nella sua debolezza. La Chiesa non è una Ong. Il fatto che si occupi dei poveri, degli ultimi, degli emarginati non è perché ha un disegno sociale, ma semplicemente perché è una Chiesa che ha a cuore il Vangelo. Noi sappiamo dal Vangelo che Gesù è attento a questo e che di fronte al peccato Gesù non guarda mai indietro, cioè al peccato commesso, ma guarda al futuro: ‘i tuoi peccati ti sono rimessi, va’ e cammina’”.
Ci racconti qualcosa del suo lavoro pratico con Papa Francesco. Come gestite la vostra comunicazione?
“Questo momento è molto complesso, perché siamo impegnati in un processo di riforma.
In questo, Papa Francesco è molto attento. Ha voluto con il Consiglio dei nuovi cardinali la riforma non tanto e solamente dei media, ma di tutto il sistema informativo. Noi abbiamo una comunicazione troppo di rincorsa, di recupero. Non abbiamo una comunicazione proattiva. C’è ancora troppa poca confidenza con la diversità dei media, con la diversità dei pubblici. Con Papa Francesco il lavoro è sempre quello di confronto serrato, perché ci sono alcune cose che Papa Francesco fa che accetta che vengano anche riprese, ma non vuole che si diffondano.
Da una parte capisce il valore documentale, ma capisce bene che a volte preferisce un dialogo libero, franco, e non vuole rinunciarvi, ma allo stesso tempo si rende conto che essendo Papa, in un dialogo così franco e libero ci può essere qualche sfumatura che da un punto di vista teologico non è così perfetto. Per cui c’è sempre un dialogo continuo. Lui è un uomo molto intelligente, capace, aperto e franco in questo dialogo. Ma, noi siamo al suo servizio. Il Papa è lui ed è giusto che sia lui a decidere.
Il libro “Fedeltà è cambiamento. La svolta di Francesco raccontata da vicino” è distribuito da Eri Rai http://www.eri.rai.it/internaLibro.aspx?idlibro=1038