So che vivrò per sempre...
In mezzo alla mia notte, in mezzo al mio freddo, può sorgere la tentazione del dubbio, come dice Walter Ciszek: “Questa vita non è quello che pensavo. Non è quello che avevo previsto. Non è ovviamente ciò che desideravo. Avendolo saputo non l’avrei mai scelto, non avrei mai fatto questa promessa. Perdonami, Dio mio, ma non voglio mantenere la mia parola. Non puoi obbligarmi a mantenere una promessa fatta nell’ignoranza; non puoi aspettarti che mantenga un impegno basato sulla fede senza una conoscenza previa della realtà della vita. Non è giusto. Non ho mai pensato che sarebbe stato così. Semplicemente, non posso sopportarlo e non andrò avanti. Non ti servirò”.
A volte la tormenta travolge le sicurezze e tutto vacilla. È così il Venerdì Santo. La solitudine e la morte fino alla sera del sabato. Come non dubitare? La morte spaventa. E mi costa credere a una vita impossibile. Com’è successo ai discepoli in quella notte di ombre e tradimento.
Come continuare ad essere fedele se il maestro è morto? Quanto è facile rinnegare le promesse e iniziare un nuovo cammino! Alcuni saranno tornati al paese d’origine. Alcuni camminavano verso Emmaus. Era la cosa più semplice. Tornare a fare quello che sapevano fare.
Per questo la resurrezione irrompe come una scossa. Un colpo che spezza tutti gli schemi. Il cuore si era già abituato all’idea del fallimento e non può comprendere un nuovo inizio. Dubita e teme quello che non controlla.
Mi piace quella fede dei discepoli che non vedono e tuttavia credono. “Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”. Corrono, entrano, non vedono e credono.
È l’incontro con l’impossibile. Con una vita nuova che non conoscono. Credono. Si sorprendono. Si alzano. E trovano la vita vera. Credono in Gesù vivo anche se il corpo non c’è. Quel corpo scomparso è segno di speranza. O di tradimento. Non si sa.