Quella di mangiare è una esigenza naturale a cui siamo tutti soggetti. Nella vita mistica si constata però non di rado la tendenza a ridurre o addirittura a sopprimere questo bisogno così umano che ci tiene in vita. Già nella Sacra Scrittura – dove il digiuno è considerato come preparazione all’incontro con Dio che affida una missione importante – troviamo indicata la possibilità di vivere giorni e giorni senza assumere alcun nutrimento. Mosè restò quaranta giorni sulla montagna senza nutrirsi di nulla, poi ricevette le tavole della Legge grazie alla quale Israele, uscito dalla schiavitù dell’Egitto, fu costituito libero popolo di Dio. Elia, dopo aver mangiato il pane misterioso portatogli dall’angelo, fu in grado di camminare quaranta giorni e quaranta notti per raggiungere il monte Horeb, dove Dio gli si manifestò e gli affidò varie missioni. Gesù digiunò quaranta giorni nel deserto, al termine dei quali fu ristorato dagli angeli, e poi iniziò la vita pubblica con la predicazione del vangelo accompagnata da molti prodigi a favore dei poveri e dei malati.
È noto anche che non pochi santi cristiani usavano digiunare per tutta la Quaresima.
Altri mistici e santi ridussero drasticamente la quantità di cibo. San Pietro d’Alcántara (1499-1562) era di nobile famiglia spagnola, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori; contribuì efficacemente, nella famiglia francescana, alla riforma del ramo degli Scalzi, confluito alla fine dell’Ottocento nel’Ordine dei Frati Minori. È noto che si nutriva solo ogni tre giorni e a volte prolungava il digiuno per intere settimane. Pietro aveva studiato filosofia e grammatica a Salamanca e, una volta completati gli studi, era entrato nel convento francescano. Fu grande predicatore e molto attento ai poveri e agli umili. Dietro sua ispirazione, santa Teresa fondò il suo primo convento ad Ávila.
Santa Caterina da Siena (1347-1380), patrona d’Italia e d’Europa, portatrice di stigmate invisibili, digiunò per otto anni. Nata a Siena da un padre tintore, che ebbe venticinque figli, fin da giovanissima mostra chiarissima disposizione alla vita spirituale, in netto contrasto con l’ambiente materialista nel quale viveva. A sette anni ha una splendida visione di Gesù in abiti pontificali, che le appare insieme agli apostoli Pietro, Paolo e Giovanni, le sorride e la benedice. La visione le conferisce una precoce maturità e, ben consapevole dell’impegno che si assume, fa voto di verginità. A quindici anni rifiuta il matrimonio che i genitori le propongono e dichiara di avere già come sposo Gesù. Si ritira, nel 1363, presso le Sorelle della Penitenza di San Domenico – le Mantellate – dove per quattro anni conduce vita di penitenza e di preghiera. È spesso visitata da Gesù, che le fa da maestro.
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Nel 1367 Gesù le dice di uscire dalla sua cella e di prendere parte alla vita della famiglia e della società. Inizia così una nuova fase della vita di Caterina, che senza rinunciare al suo colloquio con Dio si dedica alla cura dei malati, alla conversione dei peccatori e a mettere pace nelle famiglie. La fama dei suoi doni spirituali comincia a diffondersi anche fuori Siena e molti ricorrono ai suoi consigli.
È chiamata a Firenze, Pisa e Lucca per dirimere problemi di natura sociale e politica, e mentre si trova a Pisa riceve le stigmate nella chiesa di Santa Cristina. Scrive a papa Gregorio XI, che risiede ad Avignone, per indurlo a tornare a Roma e a riformare la Chiesa; nel 1376, dopo una visione in cui si vede con una croce e un ramo di ulivo in mano, parte per la Francia, parla col papa e lo convince a tornare a Roma. Rientrata in Italia, continua la sua opera mediatrice nelle tante contese dell’epoca.
Caterina Benincasa usava mortificarsi, si nutriva unicamente di pane nero ed erbe amare, dormiva solo mezz’ora per notte e si flagellava. Entrò, a quanto pare, volontariamente nell’anoressia e, malgrado l’opposizione del suo confessore, digiunò a partire dalla Quaresima per due mesi e mezzo. Dopo di che il suo corpo abituato al digiuno rifiutò il cibo: se mangiava qualcosa stava male. Alle preoccupazioni della famiglia e del confessore rispondeva che Gesù stesso nelle sue visioni le aveva detto che sarebbe vissuta «in modo straordinario». Non poteva però vivere senza l’Eucaristia e diceva: «Dio mi sazia talmente che mi è impossibile desiderare qualsiasi tipo di cibo materiale». Quando il suo confessore le ordinò di prendere cibo ogni giorno e non tener conto delle visioni che sembrassero prescriverle il contrario, Caterina ci provò, ma rigettava tutto con grandi sofferenze. Il suo digiuno totale è attestato nella bolla di canonizzazione. Caterina da Siena morì il 29 aprile 1380 a Roma, sembra per le conseguenze di un attacco cardiaco, ed è sepolta in Santa Maria sopra Minerva. Le cronache narrano che, passando davanti alla sua salma, molti malati siano guariti.
Ma le “anoressiche” più celebri e meglio documentate sono Anna Katharina Emmerick e Teresa Neumann, entrambe tedesche e stigmatizzate, l’italiana Teresa Palminota, grande mistica vissuta a Roma, e la francese Marthe Robin.
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La beata Anna Katharina Emmerick (1774-1824) nacque a Coesfeld, un piccolo paese della Westfalia, da una modestissima famiglia di contadini, quinta di nove figli. Precocemente devota, fragile di costituzione, cominciò giovanissima a lavorare nei campi e in seguito come sarta. Precoci anche la sua vocazione religiosa e le visioni che l’accompagnarono per tutta la vita. Avrebbe voluto farsi monaca, però mancandole la dote – a quel tempo necessaria per entrare in convento – dovette attendere fino a ventinove anni, quando fu accolta quasi per carità in un piccolo convento di Dülmen, dove vivevano soltanto otto monache. Qui ebbe inizio la sua straordinaria vita mistica: visioni di Gesù in seguito alle quali le si aprirono le stigmate, le prime intorno alla fronte, poi alle mani, ai piedi e al costato.
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Quando nel 1811, come conseguenza della secolarizzazione voluta da Napoleone, il convento fu chiuso, Anna Katharina si trasferì in una modesta abitazione insieme al suo anziano direttore spirituale. In seguito le sue condizioni di salute peggiorarono al punto da costringerla sempre a letto in una povera stanza, assistita da una burbera sorella. A partire dal 1811 Anna Katharina smise gradualmente di nutrirsi: l’ostia consacrata e qualche goccia d’acqua o succo di frutta bastarono a tenerla in vita per anni. Ne fa testimonianza il suo medico, Franz W. Wesener, dapprima scettico e poi grande amico della veggente, che tenne un Diario accuratissimo, dove leggiamo:«Quanto al nutrimento, mi fu detto che non mangiava nulla. Ho potuto constatare che in ventiquattro ore ha bevuto due volte acqua pura e verso sera ha mangiato un quarto di mela cotta, sputando tutte le fibre. In seguito smise di mangiare anche la mela e per tre anni l’ho vista vivere soltanto di acqua di fonte. Tutti i miei tentativi di scoprire un imbroglio sono falliti. Chi non vuol crederci, è liberissimo di farlo; io però garantisco davanti a Dio che ci credo e che sono un uomo onesto, che ama e cerca la verità».
Teresa Palminota (1896-1934) osservò il digiuno assoluto negli ultimi tre anni della sua vita. Di questa mistica, ancora poco nota ma meritevole di molta attenzione, è opportuno dire qualcosa di più.
Teresa nacque nelle Puglie, ma visse la maggior parte della sua vita a Roma, dove la sua famiglia si era trasferita. A cinque anni la prima visione: la mamma, molto religiosa, per farla stare tranquilla in chiesa le aveva detto che nel tabernacolo c’era un bambino tanto buono che si chiamava Gesù e lei ne era rimasta così colpita che a volte si recava in chiesa da sola e offriva dolci e giocattoli al bambino. Un giorno il tabernacolo si aprì e il bambino si mostrò in una grande luce. Teresa si mise subito a parlargli; credeva di essere sola, invece il parroco assistette alla scena e poi le chiese con chi avesse parlato; e lei rispose che aveva parlato con il bambino buono che era dentro al tabernacolo. «Ricordati di non parlare con nessuno di ciò che hai visto. Silenzio con tutti, anche con la mamma!», le disse il parroco. Teresa obbedì, anzi seguì quel consiglio per tutta la vita.
A ventun anni l’evento che segnò la sua vita: mentre pregava davanti al Santissimo, dall’ostia santa partì una luce che la raggiunse e che per tre ore la tenne in estasi: «Mi sentii sola col Solo, come rapita in quell’amore divino; mi sentii andare in fiamme, il petto scoppiava, il cuore batteva furiosamente, s’ingrossò, le costole si dilatarono e io sentii di godere, di soffrire, di struggermi, di finire…». Da allora il fenomeno si ripeté più volte, il cuore batteva da scuotere non soltanto il corpo, ma anche il letto o la panca se Teresa era in chiesa. Maturava intanto la decisione di farsi suora, e Teresa entrò infatti nell’Istituto delle suore di Maria Bambina a Monza; ma una gravissima malattia alle orecchie, che la rese sorda, impedì di proseguire su quella via. Teresa tornò allora a Roma e riprese la sua vita tra casa, parrocchia e attività caritative.
Divenne terziaria francescana ed ebbe come guida spirituale monsignor Giovanni Volpi, già vescovo ausiliare di Lucca, che era stato guida e confessore di santa Gemma Galgani. Nel 1931, alla morte di monsignor Volpi, divenne direttore spirituale di Teresa padre Luigi Fizzotti, che la seguì fino alla morte e scrisse poi i suoi ricordi nel libro sopra citato.
Ed è veramente appropriato parlare di “segreto”, in quanto Teresa visse sempre ritiratissima e i suoi grandi doni mistici erano noti soltanto a pochissimi. Pure in famiglia ne sapevano quasi niente. Gesù, dopo l’impressione delle stigmate, le aveva detto: «Taci anche col confessore, non sarai compresa», e lei si attenne sempre a quest’ordine. Visioni, colloqui con Gesù e l’angelo custode, telepatia, veggenza, ipertermia (di questo parleremo più avanti); infine quel digiuno protratto per tre anni e controllato al di là di ogni dubbio dal suo confessore e dalle monache di Tor de’ Specchi (il monastero fondato a Roma da santa Francesca Romana, della quale pure si tratterà più avanti). Nel 1924 le furono impresse le stigmate, che si richiusero dopo poche ore, e così restarono fi no alla sua morte. Rimasero i dolori per le stigmate invisibili, che non l’abbandonarono mai; nonostante avesse le mani rattrappite e camminasse con fatica, riuscì sempre a nascondere in casa il suo stato.
Delle stigmate parlò soltanto col suo confessore, che in più occasioni ebbe modo di vedere anche il sangue che in certi momenti ne usciva. Oltre a questo Teresa fu protagonista di fatti telepatici e chiaroveggenti ed ebbe visioni di Gesù, della Madonna e di un “angioletto” che le fu vicino e l’aiutava anche in relazione alla sua sordità.
Ma il caso più strabiliante, per la durata del digiuno e i controlli che furono effettuati, è quello di Teresa Neumann (1898-1962). Teresa nacque e visse sempre a Konnersreuth, un paesino della Baviera nord-occidentale (Germania), che contava allora mille abitanti. La sua era una famiglia umile: il padre era sarto, la madre lavorava a giornata nei campi. Teresa, prima di undici figli, cominciò ben presto ad occuparsi dei fratellini e a sostituire la mamma impegnata nel lavoro.
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La famiglia Neumann era cattolica e devota senza bigottismi. Teresa poté frequentare la scuola fino a quattordici anni, poi fu messa a servizio presso una famiglia di contadini: il lavoro era duro, ma Teresa era forte, amava la campagna e non aveva paura di niente. Maturava intanto la sua decisione di farsi suora missionaria e di andare in Africa non appena la famiglia non avesse più avuto bisogno di lei: le cose però dovevano andare diversamente. Il 10 marzo 1918 scoppiò un violento incendio nella fattoria dove Teresa lavorava e mentre aiutava a domarlo si procurò una slogatura alla spina dorsale che ebbe terribili conseguenze. Prima intorpidimento e crampi alle gambe, che provocarono alcune rovinose cadute cui seguirono la completa paralisi e la cecità; cadendo aveva battuto la testa e aveva perso la vista per lesione del nervo ottico. A nulla servirono le cure e il ricovero di alcune settimane in ospedale: Teresa era condannata alla cecità e all’infermità. Continue le sofferenze provocate da piaghe da decubito, crampi, atroci dolori di testa, oltre al dolore di essere di peso alla famiglia. La malattia di Teresa durò complessivamente sei anni e la guarigione fu progressiva e miracolosa.
Il 29 aprile 1923, giorno della beatificazione di Teresa di Lisieux della quale era molto devota, Teresa Neumann recuperò improvvisamente la vista: la mattina quando si svegliò e aprì gli occhi si accorse di vedere. Durante la notte aveva avuto l’impressione che qualcosa si muovesse e “graffiasse” sul suo guanciale. Due anni dopo, il 17 maggio 1925, giorno della canonizzazione di Teresa di Lisieux, la Neumann vide una luce meravigliosa e udì una voce che le diceva che poteva camminare. E così fu: poté alzarsi e camminare appoggiata a una persona o al bastone. Pochi mesi dopo, il 30 settembre, anniversario della morte della santa, Teresa Neumann vide di nuovo la luce e sentì la voce che le diceva che ora poteva camminare senza aiuto, ma che avrebbe dovuto sempre soffrire molto. Teresa aveva visto anche una mano femminile, bianca e minuta, che l’aiutava ad alzarsi.
Il destino di Teresa era segnato: nel 1926 ricevette le stigmate ed ebbe inizio il digiuno, che durò ben trentasei anni, cioè fino alla morte. Già dal 1922, anche a causa della paralisi che le bloccava i muscoli della deglutizione, Teresa si era nutrita soltanto di alimenti liquidi. Poi gradualmente non aveva più sentito la necessità di nutrirsi. Per compiacere la madre, che comprensibilmente si preoccupava molto, accettava di ingoiare ogni giorno un paio di cucchiai di latte o succo di frutta, che però in genere rimetteva subito. A partire dal 1926 Teresa provò una totale ripugnanza per cibi e bevande e smise completamente di nutrirsi. Soltanto dopo la comunione eucaristica quotidiana prendeva alcune gocce d’acqua per inghiottire meglio l’ostia; padre Naber tuttavia testimonia che dal settembre 1927 non ci fu più bisogno neppure di quelle. Per trentasei anni Teresa è vissuta senza mangiare né bere: la comunione era il suo unico, indispensabile nutrimento. Padre Naber, che le diede la comunione ogni giorno fino alla morte, ha annotato nei suoi Diari che Teresa affermava di vivere «del Salvatore».
E aggiunge: «In lei si compie alla lettera la parola di Dio: “La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda”».
Alla fine degli anni Ottanta mi recai personalmente a Konnersreuth ed ebbi occasione di incontrare Ferdinand Neumann, fratello minore di Teresa, e Max Dietz, cognato, oltre a vari amici e compaesani che avevano seguito da vicino le vicende di cui stiamo parlando.
«In una famiglia numerosa come la nostra – mi disse Ferdinand a proposito del digiuno – non sarebbe stato possibile simulare una cosa del genere. A che scopo poi? Teresa rifuggiva da ogni notorietà e la curiosità che, suo malgrado, la gente aveva per lei soprattutto per questa faccenda del digiuno le dava molto fastidio. Inoltre Konnersreuth è un piccolo paese e tutti partecipavano molto da vicino a quello che capitava a mia sorella. Teresa non avrebbe mai potuto nutrirsi di nascosto, per trentasei anni di seguito: ce ne saremmo accorti! In più mia sorella ha vissuto per settimane intere a casa del professor Wutz, il famoso orientalista che era anche sacerdote, ad Eichstätt, e anche lì fu constatato che il suo digiuno era totale».
Max Dietz, cognato di Teresa, così ha detto: «Per trentasei anni, vivendo in una famiglia numerosissima e sempre piena di amici e conoscenti, ed essendo per lo più sempre al centro dell’interesse e della curiosità di tutti, Teresa non ha mangiato né eliminato mai nulla: come avrebbe potuto fingere e fare ogni cosa di nascosto? Noi tutti l’abbiamo vista soffrire nel letto, per anni, cieca e paralizzata. Quando all’improvviso guarì, subito pensammo tutti a un miracolo: che altro avremmo potuto pensare? E anche il digiuno e le stigmate furono miracoli. Teresa ci ha abituato ai miracoli!».
Le stigmate e il digiuno di Teresa Neumann, che venivano ad aggiungersi alle guarigioni miracolose di cui avevano tanto parlato i giornali, attirarono sempre più l’attenzione generale. Si mosse ufficialmente anche la Chiesa, e più esattamente la curia di Ratisbona da cui dipende Konnersreuth, e ordinò un rigorosissimo controllo che fu eseguito nel luglio 1927: Teresa fu sottoposta a una minuziosa e severa sorveglianza da parte di una commissione medica e di quattro suore. Premesso che una persona può vivere al massimo undici giorni senza mangiare né bere, fu deciso di protrarre la sorveglianza per quindici giorni.
A due a due le suore, sotto giuramento, osservarono incessantemente Teresa durante quei quindici giorni secondo le istruzioni mediche ed ecclesiastiche. Fu misurata l’acqua per sciacquarsi la bocca, furono controllate tutte le secrezioni, fotografate le stigmate, esaminato il sangue. Durante lo stato di estasi del venerdì fu fatto un esperimento di abbacinamento con una lampada ad arco di cinquemila watt, dirigendo un raggio luminoso sui suoi occhi spalancati. Nessuna reazione: nello stato di contemplazione visionaria Teresa era insensibile ad ogni impressione esterna. Nei quindici giorni non fu constatata la minima immissione di alimenti. Il peso, che all’inizio dell’esame era di 55 kg, scese durante le sofferenze del venerdì a 51 kg la prima volta e a 52,5 la seconda, e alla fine dell’esame ritornò al livello iniziale malgrado l’assoluto digiuno. Il peso medio di Teresa non è mai diminuito nel corso degli anni, anzi con l’età e per predisposizione ereditaria è aumentato. La curia di Ratisbona si dichiarò completamente soddisfatta dell’esito del controllo e ne lasciò dichiarazione scritta.
Il digiuno della Neumann ebbe una conferma indiretta: durante il Terzo Reich Teresa fu cancellata dalle liste annonarie e dall’inizio della guerra fino alla riforma monetaria del 1948 non le fu data la tessera alimentare. Le fu concessa invece una doppia razione di detersivi per lavare la biancheria che ogni venerdì, quando riviveva in tempo reale la passione di Gesù, inondava di sangue.
Teresa Neumann era imbarazzata dal proprio digiuno. Alla sua amica Anni Spiegl disse: «Spesso ho pregato il Signore di consentirmi di mangiare come l’altra gente. Credi che sia facile per me essere ritenuta da tanti una mistificatrice? Io non posso mangiare e non provo neppure mai la sensazione della fame!». Anni Spiegl ricorda anche che un giorno un visitatore disse a Teresa: «Che meraviglia vivere di niente!».
E lei di rimando: «È meraviglioso anche vivere di un pezzo di pane. Entrambi sono miracoli, però uno colpisce di più perché è raro».
A proposito del digiuno di Teresa, il gesuita dottor Carl Sträter, incaricato dal vescovo di Ratisbona di studiare la vita della stigmatizzata di Konnersreuth e di raccogliere materiale in vista di una possibile beatificazione, ha affermato: «Il significato del digiuno di Teresa Neumann è stato quello di dimostrare agli uomini di tutto il mondo il valore dell’Eucaristia, far capire che Cristo è veramente presente sotto la specie del pane e che attraverso l’Eucaristia può conservare anche la vita fisica».