Le 5mila schede di Pio Laghi
Monsignor Laghi si è sempre difeso con fermezza e dignità da ogni accusa anche di quelle palesemente inconsistenti. Molte volte lamentò l’impossibilità di accedere agli Archivi sia quelli in Vaticano sia a quelli custoditi presso la Nunziatura argentina dove, diceva, c’erano almeno 5.000 schede da lui allestite su vittime della repressione. Bruno Passarelli e Fernando Elenberg, nel loro libro «Il Cardinale e i desaparecidos», scrivono: «Laghi aiutò a salvare vite umane; assistette umanamente e materialmente molti perseguitati; intercedette a favore di detenuti che, abbandonati nelle loro celle, potevano sparire nel nulla in qualsiasi istante, vittime della politica “Notte e Nebbia” alla sudamericana, praticata dai repressori. Inoltre, cercò di verificare dove fossero finiti i “desaparecidos”, per regalare un raggio di speranza ai loro tormentati familiari. Criticò pubblicamente la Giunta Militare e continuò a farlo sebbene ricevesse minacce di morte e si scontrasse duramente con Vescovi e cappellani militari che appoggiavano il regime e con i quali, in quanto Rappresentante Pontificio, era chiamato a convivere e non a scontrarsi».
Questi giudizi si basano su numerose inchieste giornalistiche che dimostrano, per citare solo un dato, che nel 1979 chiese alle autorità argentine chiarimenti complessivamente su 2.388 cittadini e anche se è vero che era amico dell’ammiraglio Emilio Massera – uno di tre membri della Giunta militare – fu dichiarato persona non grata nel 1980 da parte del governo argentino e perciò costretto a lasciare il Paese.
Nel libro sopracitato si legge: «Le testimonianze (Ndr: sull’opera umanitaria di Laghi) non mancano. In una minuta priva di data, il Segretario di Stato Cardinale Jean Villot, si riferisce a un rapporto che Laghi gli aveva inviato pochi giorni prima accennando alla situazione di un gruppo di donne argentine i cui familiari erano stati sequestrati ed erano detenuti o scomparsi. E scrive: «Le sono vivamente grato per le informazioni che ci ha fornito nel contesto di molti altri casi in favore dei quali codesta Nunziatura Apostolica interviene ripetutamente e instancabilmente, presso le autorità competenti, nonostante la scarsa attenzione che queste le prestano».
I conflitti nell’Episcopato
Oltre alla tante gravi e delicatissime situazioni che il Nunzio Laghi deve affrontare durante la sua missione diplomatica ed ecclesiale, già ricordate seppure sommariamente, ce n’era una ancora più difficile e complicata per un servitore del Papa chiamato, per missione e servizio, a difendere e rinforzare l’unità dei vescovi del Paese. La complessa, composita e fragilissima situazione dell’Argentina aveva ferito seriamente il corpo episcopale che a Laghi si presentò molto diviso, litigioso e polarizzato. La dittatura, seppure pagana e totalitaria, riuscì a seminare – appellandosi a parole alla difesa del cristianesimo, in particolare del cattolicesimo, profonde divisioni e antagonismi tra i vescovi al punto che la morte di due di loro, fatti uccidere per le loro posizioni critiche, monsignor Angelelli (1976) e monsignor Ponce de León (1977), per la maggioranza dell’Episcopato per molti anni sono apparse come «semplici incidenti stradali».
C’erano vescovi che si fidavano ciecamente dei dittatori e a loro perdonavano ogni cosa, anche gli eccessi peggiori. C’erano vescovi radicalmente critici, pochi, che si esprimevano però con cautela e misura.
C’erano vescovi, la stragrande maggioranza, che scelsero la discutibile via del dire: «La politica non ci riguarda».
E tutte queste tensioni e differenze s’incorniciavano in una lunghissima controversia sul Concilio Vaticano II, alle cui conclusioni si opponevano ostinatamente molti presuli, richiamati alla disciplina a più riprese da Papa Paolo VI. Intanto il Movimento di sacerdoti per il Terzo Mondo contesteva duramente la gerarchia. C’era inoltre la questione delicatissima della successione del Primate, cardinale Antonio Caggiano (1889 – 1979).