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Il significato del 25 marzo nel cattolicesimo

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Tom Hoopes - pubblicato il 25/03/16

Nel 2016, la data celebra sia il concepimento di Gesù che la sua morte, e ha qualcosa da dire alle nostre famiglie in crisi

Questo venerdì i cattolici assisteranno a un evento cosmico più raro di qualsiasi cometa o eclissi: il Venerdì Santo cadrà il 25 marzo. Non accadrà di nuovo fino al 2157. Commemoreremo la morte di Gesù esattamente nove mesi prima del Natale, ovvero nel giorno del suo concepimento.

Quest’anno la Chiesa celebrerà ufficialmente l’Annunciazione il 4 aprile anziché a marzo, ma questo non deve esimerci dal notare questa coincidenza inusuale, o dall’ascoltare il messaggio speciale che ha per noi nel 2016.

Vedere Dio che si unisce all’umanità e che viene distrutto dall’umanità stessa nello stesso giorno dovrebbe infatti interpellare direttamente la nostra epoca perché parla di due attributi fondamentali di Dio che abbiamo rifiutato: il suo amore paterno e il suo amore materno.

Nella sua enciclica sulla misericordia, San Giovanni Paolo II attribuisce grande importanza a due parole ebraiche dell’Antico Testamento che descrivono l’amore misericordioso di Dio: hesed e rahamim.

Hesed è l’amore paterno. Giovanni Paolo II lo descrive attraverso il padre del figliol prodigo: il padre vede se stesso nel figlio e quindi si assume la piena responsabilità per lui, indipendentemente dai suoi peccati. Rahamim è l’amore materno; vediamo anch’esso in Dio, ad esempio quando si legge “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Isaia 49, 15).

Gli Stati Uniti affrontano una crisi sia della paternità che della maternità – con un’epidemia di assenza paterna alla base di molti mali sociali e un milione di aborti all’anno come tragico segno del cambiamento radicale del valore che le donne attribuiscono alla maternità.

Ed è in questa situazione che ci troviamo in questo giorno in cui il Venerdì Santo e l’Annunciazione coincidono.

Quando questi due eventi hanno coinciso nel 1608, John Donne ha scritto una poesia sull’argomento, vedendo il profondo contrasto tra il concepimento di Cristo e la sua crocifissione, considerando il tutto dal punto di vista di Maria:

“Vede un cedro insediarsi, e cadere…

è al contempo triste e gioiosa,

vista a quasi cinquant’anni e a neanche quindici,

in un momento un figlio le viene promesso e se ne va;

Gabriele le dà Cristo, Lui dà lei a Giovanni”.

Il poeta nota come nella Chiesa Dio “unisce in una cosa sola gli estremi dell’uomo: arriva e va via”, costruendo accuratamente la sua poesia intorno a una conclusione centrale: “La morte e il concepimento nell’umanità sono una cosa sola”.

Siamo temporanei. Quando appariamo, siamo già sulla via che porta alla nostra scomparsa. È questo il messaggio del Venerdì Santo il 25 marzo, la morte crudele che arriva tanto rapidamente dopo un inizio tranquillo.

Niente di buono è duraturo. Gli idoli crollano tutti. Se pensiamo che le cose materiali ci renderanno felici siamo degli sciocchi. Se pensiamo che un partito o un sistema politico porterà una pace reale e duratura ci stiamo preparando a cadere. Tutto quello che resta sono hesed e rahamim.

Questo 25 marzo abbiamo tutta la storia cristiana riassunta nella storia dei rapporti familiari, dall’Ave dell’angelo a Maria al “Consummatum est” di Cristo al Padre.

Nell’Annunciazione vediamo l’hesed di un Padre che viene incontro a noi, suoi figli prodighi. Il Venerdì Santo lo vediamo assumersi una responsabilità talmente grande per i nostri peccati da prendere la punizione su di sé.

E nell’Annunciazione il Padre rende Maria una “madre di misericordia”, un canale per il rahamim di Dio; e in seguito, mentre stringe il figlio morto ai piedi della croce, Maria diventa un’icona della tenera cura di Dio per il suo popolo.

San Giovanni Paolo II centra la sua enciclica sulla misericordia su queste due immagini del Padre e della madre.

Credere nel Figlio crocifisso significa ‘vedere il Padre’, significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male in cui l’uomo, L’umanità, il mondo sono coinvolti”, scrive.

Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo ‘fiat’”.

Questo venerdì la Chiesa si inginocchierà davanti alla croce e ringrazierà Dio per il fatto che questo giorno segna l’inizio e la fine della breve vita terrena di Gesù – e l’inizio della nostra eternità in cielo.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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