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Dio non è “simpatico”

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Meg Hunter-Kilmer - pubblicato il 21/03/16

Anche se l'amore di Dio può essere severo, resta sempre lì

Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha il Signore richiamata. Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? Dice il tuo Dio. Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto; ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il SignoreIsaia 54, 6-8

Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevutoEfesini 4, 1

Qualche settimana fa ero in una stanza piena di bambini tra i 6 e i 10 anni e ho chiesto loro di riempire lo spazio in bianco della frase: “Dio è ______”.

“Dio è straordinario!”, ha dichiarato un bambino, e io ho concordato.
“Dio è grande?”, ha suggerito un altro. Certamente!
“Dio è simpatico!” E qui ho dovuto fermarmi. Perché Dio non è simpatico. Gentile sì. Buono, amorevole, misericordioso. Ma “simpatico” implicherebbe che faccia ciò che vogliamo. Il problema è che la maggior parte di noi ha fuso questa idea di Dio con la verità del suo amore e della sua misericordia, e quindi siamo scioccati dalle leggi morali, dalle conseguenze del peccato, dal parlare della collera di Dio. “Dio ama tutti!”, protestiamo, e ci aspettiamo che si limiti a sorridere con indulgenza di fronte al nostro peccato.

Questo non è vero amore. Il vero amore non siede nelle retrovie mentre guarda l’amato distruggere se stesso. Il vero amore interviene in qualche modo. Il vero amore potrebbe gridare o cancellare le carte di credito se è quello che serve per guarire l’amato. Il vero amore non accetta il peccato, e non finge che questo non danneggi i rapporti.

Ma anche se l’amore di Dio può essere severo, resta sempre lì. Anche se sei scappato via, ti aspetta con tenerezza. Non vede l’ora che tu ritorni, offrendo un amore duraturo per guarire il tuo cuore spezzato. Anche se il suo silenzio nella preghiera ti fa sembrare come se stesse ancora nascondendoti il tuo volto, è lì.

E se questo è vero, la tua vita deve sembrare diversa. Devi “comportarti in maniera degna della vocazione che hai ricevuto”. Paolo ricorda ai suoi lettori che sa cosa sta chiedendo. Scrive loro mentre è in carcere, pregandoli di vivere con la dignità dei figli di Dio, a qualsiasi costo.

La chiamata che avete ricevuto è alla libertà, alla gioia, alla consapevolezza di essere amati. Ma è anche una chiamata all’azione. Siete chiamati a testimoniare, a perdonare, a contemplare. Siete chiamati ad amare. Non ad essere simpatici, ma ad essere amorevoli. Siete chiamati a sacrificarvi per amore degli altri, anche degli estranei e dei nemici.

Se non lo fate, anche se costringete Dio, nella sua misericordia, a nascondervi il suo volto, rimarrete suoi. Ma visto che vi ama, può entrare nella vostra vita in modi che fanno male. Può spezzare i vostri idoli, abbattere le vostre sicurezze e costringervi ad affrontare il vostro peccato. Può darvi un’opzione: vivere per lui o smettere di fingere. In poche parole, può rovinarvi la vita. Ma la restituisce sempre migliore, anche se a volte ci vuole un po’ perché diventi chiaro.

In periodi come questi, faremmo bene a ricordare la saggezza di C. S. Lewis quando parlava della figura di Cristo in Il leone, la strega e l’armadio: “Sicuro?”, disse il signor Beaver. “Non senti quello che ti dice la signora Beaver? Chi ha detto niente sulla sicurezza? Ovviamente non è al sicuro. Ma sta bene”.

Non abbiamo bisogno di un Dio sicuro, simpatico o piacevole. Abbiamo bisogno di un Dio buono, anche se fa male. Dobbiamo morire a noi stessi se vogliamo risorgere. Lodate Dio perché si ritiri tanto da far sì che il suo amore duraturo possa trasformarci nei grandi santi che aveva in mente quando ci ha creati. Anche se a volte questo ci rovina la vita.

Meg Hunter-Kilmer scrive per il suo blog, “Held by His Pierced Hands”, e viaggia in tutti gli Stati Uniti per parlare a giovani e adulti, guidando ritiri e missioni parrocchiali.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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