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Il senso dell’umorismo, una possibile via per diventare santi?

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© PlusONE / Shutterstock

Louis Charles - pubblicato il 16/03/16

Aiuta a scoprire la verità, ad accettare il dolore, deriva sia dall'umiltà che dall'amore...

La gioia di essere salvati e la gioia di sapersi amati sono ritenute a ragione segni esterni e sintomi oggettivi di una fede viva e non solo teorica, al punto che l’assenza di gioia desta sospetto. Friedrich Nietzsche diceva che forse avrebbe potuto credere in Dio se i cristiani avessero avuto il volto di risorti.

L’allegria dei santi è un denominatore comune: prima di essere riconosciuti per la loro santità, hanno dovuto esserlo per la loro gioia.

Mi sembra tuttavia che il senso dell’umorismo sia ancora assai ignorato dai cristiani, e dai cattolici in particolare. Speriamo che la figura di G.K. Chesterton [1] aiuti a cambiare questa situazione e a convincere i credenti del fatto che il senso dell’umorismo è lo strumento di santificazione per eccellenza.

In primo luogo, perché il senso dell’umorismo permette di umanizzare la nostra esistenza su questa terra mantenendoci saldi di fronte ai colpi della vita e aiutandoci a guardare il male in faccia senza per questo cadere nella disperazione.

In secondo luogo, perché contribuisce alla conversione dei nostri cuori in previsione della vita eterna. Le verità che abbiamo meno voglia di ascoltare sono quelle di cui abbiamo più bisogno, e il senso dell’umorismo ci dà accesso, in modo indolore grazie alla parodia, a queste verità fondamentali che sembrano troppo spesso paradossali – e quindi inaccettabili – perché criticano il mondo di illusioni e menzogne in cui viviamo.

Il senso dell’umorismo è innanzitutto una tecnica di sopravvivenza

Il senso dell’umorismo allontana le inibizioni che ci paralizzano quando affrontiamo i potenti o le persone di cui temiamo i giudizi. Il senso dell’umorismo è l’uscita d’emergenza che permette di esprimere le nostre emozioni e convinzioni senza uscirne distrutti.

In caso di aggressione psicologica, verbale o fisica, chi è del tutto sprovvisto di senso dell’umorismo o chi non riesce a ricorrere all’umorismo per replicare non ha altra opzione che la fuga, la sottomissione o la ribellione, e nessuna di queste soluzioni lo lascerà emotivamente indenne.

Anche se la scelta è il confronto e il risultato la vittoria, il costo emotivo è esorbitante. Il confronto presuppone la mobilitazione dell’ira per “riciclarla” sotto forma di energia e implica l’accettazione di un’escalation di competenze per ottenere il trionfo.

La sottomissione e la fuga implicano necessariamente una diminuzione dell’autostima. In tutti i casi, e qualunque sia il risultato, la persona aggredita si vedrà costretta a guarire le ferite affettive che ha ricevuto, lo stress post-traumatico che amplificherà la memoria e un senso di esaurimento emotivo.

Al contrario, chi si serve del senso dell’umorismo come tecnica di autodifesa uscirà vittorioso a livello emotivo, anche se fisicamente è il perdente. Sfuggirà all’umiliazione volontaria, spostando il conflitto su un terreno in cui si troverà in una posizione di superiorità.

Questo gli permetterà di non cadere nell’esaurimento, nella denigrazione di sé o in ricordi traumatici. Anche se maltrattato esteriormente, rimarrà protetto dentro, e il fulcro della sua integrità morale e affettiva resterà intatto. Affrettarsi a ridere di tutto per non dover piangere: è questa la via della saggezza.

Il senso dell’umorismo, un’arte marziale non violenta

Si tratta di una forma di non violenza attiva che ricorda la filosofia dell’aikido giapponese o del systema russo. È un modo per lasciar andare le zavorre che non ci permette di risparmiarci sistematicamente il dolore, ma ne riduce considerevolmente l’intensità e la portata.

Si potrebbe dire che l’umorismo è l’eleganza della disperazione. L’espressione è interessante perché suggerisce che, anche se disperati, possiamo conservare un’autostima sufficiente per dare una buona immagine e mantenere l’eleganza morale.

Ciò presuppone, ovviamente, il fatto di mettersi d’accordo sul significato delle parole e il saper distinguere il senso dell’umorismo dallo scherno e dal ridicolo, che cercano solo di ferire l’altro. Il senso dell’umorismo consiste nel far fronte alla tragedia del mondo e dell’esistenza sottolineando gli aspetti comici, ridicoli, assurdi o insoliti, non vuol dire ridere della suocera!

È un modo di accettare il dolore e di incamminarlo verso l’uscita per evitare che si insedi in modo permanente. È una fonte inesauribile di speranza per chi soffre – l’umorismo ebraico nasce dalla persecuzione – e un modo di sostituire il dolore con il piacere.

Quando l’umiltà si unisce all’amore, nasce l’umorismo

Allo stesso modo, il senso dell’umorismo si basa sull’umiltà: prima bisogna acconsentire a osservare la realtà com’è, e poi osservare se stessi come si è. Questa condizione previa di lucidità presuppone il fatto di aver il coraggio di affrontare i propri limiti e le proprie debolezze per poterne anche ridere. Beati quelli che riescono a ridere di se stessi, perché non finiranno mai di divertirsi!

L’umorismo si basa anche sulla verità, perché bisogna passare sopra a qualsiasi pretesa, ampollosità e farsa. L’umorismo è sempre sovversivo, perché esplicita le verità che si preferisce nascondere. Smaschera le nostre bugie, anche quelle che ci diciamo per accontentare Dio.

Come diceva Voltaire, anche se non era un padre della Chiesa, “Se Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, gli abbiamo senz’altro restituito il favore”. Il suo senso dell’umorismo è allo stesso tempo rivelatore e profetico, visto che anticipa Nietzsche, che nel secolo successivo ha dichiarato: “Dio è morto (…) e noi siamo quelli che lo hanno ucciso!”

Il senso dell’umorismo si basa anche sulla carità, visto che si fonda sulla buona volontà nei confronti del prossimo. È anche quello che distingue lo scherno o la derisione verso gli altri. Lo scherno è naturale come il peccato originale, ma l’umorismo no. Il senso dello scherno non è mai l’espressione di una motivazione di umorismo o di un attributo brillante dello spirito, ma ferisce.

Cristo stesso ci offre un buon esempio, al punto che alcuni esegeti si riferiscono alla questione come all’ironia cristica. Dopo essere stato braccato da un gruppo di farisei che cercano di tendergli una trappola gettandogli ai piedi una donna adultera e domandandogli cosa farne, Cristo non accetta la sfida, ma non la ignora neanche. Si limita a replicare: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”.

Poi, dopo che tutti gli accusatori se ne sono andati vergognandosi – il Vangelo precisa che se ne andarono tutti, “cominciando dai più anziani” -, insiste con il suo tocco ironico e chiede alla donna adultera, con un tono che vorrebbe essere sorpreso: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?” (Gv 8, 7-10).

Il senso dell’umorismo non è naturale, ma culturale

Ridere di se stessi non è un esercizio naturale. Naturalmente, proviamo vergogna per le nostre debolezze, e la tendenza spontanea è quella a dissimulare e a sviare l’attenzione verso chi ci circonda.

Tutto il contrario del senso dell’umorismo, che è l’espressione di uno spirito disposto a divertirsi esponendo le proprie debolezze e a sovvertirle attraverso la risata.

Il senso dell’umorismo non è naturale, ma culturale. In certe culture è anche un’arte: l’umorismo inglese o quello ebraico sono successi della civiltà, e senza dubbio una delle spiegazioni per la capacità come collettività di riproporsi le proprie idee e di innovare. Il senso dell’umorismo è culturale, e per questo si acquisisce, si educa, si coltiva, e soprattutto si pratica.

Come la vita spirituale, il senso dell’umorismo va alimentato perché si sviluppi e si estenda, perché come la fede può crescere in maturità, in umanità e in intelligenza di vita.

Il senso dell’umorismo agisce come rivelatore di verità paradossali

Il senso dell’umorismo è anche un modo meraviglioso di rivelare quelle verità paradossali che proprio essendo paradossali vengono trascurate o dimenticate.

L’arte del paradosso è l’arte di abbattere i paradigmi, la capacità di realizzare cambiamenti di prospettiva, come fece Tristan Bernard durante l’occupazione nazista della Francia. Arrestato una mattina perché era ebreo, avrebbe dovuto essere internato nel campo di Drancy e stava per essere portato via dalla polizia, e non ebbe che un istante per dedicare una parola di consolazione alla moglie commossa. Le sussurrò all’orecchio: “Perché piangere? Finora vivevamo nella paura, d’ora in poi vivremo nella speranza”.

Visto che illumina gli angoli morti e rivela i significati occulti, il senso dell’umorismo ci protegge dalle false evidenze e ci libera dalle apparenze.

Predispone chi lo pratica a ricevere la Buona Novella, che è il cambiamento di paradigma supremo, visto che riguarda la condizione umana e il nostro destino individuale.

È anche il balsamo che i cristiani possono riversare sui cuori di coloro che temono, fuggono o rinnegano il concetto di Dio vendicativo e arrabbiato che è stato presentato loro in modo tanto errato.

C.S. Lewis allevia le agonie esistenziali di molti lettori scrivendo a proposito del giudizio finale: “Alla fine, l’umanità si divide semplicemente in due categorie di persone: quelle che dicono a Dio ‘Sia fatta la tua volontà’ e quelle a cui Dio dice ‘Sia fatta la tua volontà’. Tutti quelli che vanno all’inferno appartengono a questa seconda categoria”.

Per i cristiani, è anche un antidoto contro la tentazione del fanatismo. Una fede guidata dal senso dell’umorismo è una fede che apporta ragione anziché trasformare la fede in un catalogo di ragioni proibite. È l’antidoto contro il fanatismo visto che, come diceva André Frossard, “i fanatici sono quelli che fanno la volontà di Dio… che Dio voglia o meno!”

Il senso dell’umorismo è lo strumento pedagogico per eccellenza, e quindi il modo migliore di annunciare il Dio di Gesù Cristo, ma anche al di là delle sue virtù pedagogiche è innanzitutto un modo di stare nel mondo.

Un modo di stare nel mondo – accettandolo com’è – senza stare nel mondo, rifiutando la logica della competizione nella collera e nell’odio. È un modo per riconciliarsi con il mondo e amarlo, senza esserne difensore né detrattore.

Il senso dell’umorismo dovrebbe essere la via di santificazione preferita dai cristiani.

[1] François Rivière. Le Divin Chesterton. Ed. Rivage

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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