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Ladro, assassino e possibile santo?

Fanny Flesh

AFP

Silas Henderson - pubblicato il 07/03/16

La storia di Jacques Fesch spiega la causa della nostra gioia in questa Domenica Laetare

Il 1 ottobre del 1950, un ventisettenne è stato giustiziato a Parigi per aver ucciso un ufficiale di polizia durante un tentativo di rapina andato a male. Jacques Fesch, l’omicida, era stato abbandonato dai genitori e non aveva mai vissuto l’isolamento e la noia di chi ha una vita fatta di privilegi. Era un libertino. Ha vissuto un’esistenza irrequieta, saltando da relazione a relazione, da lavoro a lavoro, per poi trovarsi nei panni di un padre di un figlio non voluto. All’interno di un matrimonio infelice. Comunque, proprio come il figliol prodigo del Vangelo di questa passata domenica, anche Jacques ha potuto assaporare la gioia e la pace di chi ha ricevuto perdono e un amore incondizionato e immeritato.

I tre anni che Jacques ha speso in isolamento, in attesa dell’esecuzione, sono stati un tempo di conversione e transformation. Ha imparato cosa volesse dire amare la sua figlioletta e sua moglie. Ha trovato un amico e un sostegno nel cappellano della prigione. La fredda indifferenza verso il suo destino e verso il mondo attorno a lui, così come i suoi sentimenti di ostilità nei confronti di Dio, hanno lasciato il posto a un profondo senso di dolore per il suo crimine e a una serenità radicata nella preghiera e nella fede. Un mistico improbabile; i suoi diari di prigionia rivelano un uomo la cui vita è stata trasformata dalla riconciliazione con Dio e dal potere guaritore dell’amore. Oggi Jacques Fesch è considerato candidato alla canonizzazione.

La storia del Figliol prodigo ci ricorda che ognuno di noi può allontanarsi dall’amore di Dio, in una irrequieta ricerca del proprio percorso da seguire. Non significa che siamo cattivi o peccatori. È semplicemente una questione di scelta. In L’abbraccio benedicente. Meditazione sul ritorno del figlio prodigo, Henri Nouwen ha scritto che “lasciare la propria casa significa ignorare la verità che Dio ‘mi ha formato in segreto, intessuto nelle profondità della terra e creato nel seno di mia madre’ (Salmo 139:13). Lasciare la propria casa è vivere come se non ne avessi una, come se fossi costretto a vagare in cerca di un riparo”. E anche quando proviamo a “lasciare casa”, di andare da soli alla ricerca della nostra indipendenza, Dio resta al nostro fianco.

La lezione che Jacques Fesch ha imparato in questi anni di prigionia è la stessa che ha imparato il figliol prodigo della parabola: conosciamo noi stessi attraverso la perdita, ed è allora che possiamo essere liberi di vedere chi siamo realmente e di cosa siamo fatti. Questo dono di conoscenza di sé è, prima di tutto, una lezione di umiltà. Una visione semplice e senza filtri di noi stessi, mentre siamo davanti a Dio. L’umiltà ci permette di lasciare alle nostre spalle l’illusione di essere autosufficienti e capaci di amare noi stessi, in modo da poter tornare alla casa del Padre, dalla quale abbiamo così tanto cercato di fuggire. La lezione di questa domenica è che Dio è estremamente paziente ed è sempre felice di darci il bentornato a casa. Non importa cosa abbiamo fatto o quanto lontani ci siamo spinti. Questa è la ragione per cui possiamo avere gioia, in questa Domenica Laetare.

Liturgia della quarta domenica di Quaresima – Anno C

6 marzo 2016

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa. [Luca 15:20-24]

Quando hai “lasciato casa” come il Figliol Prodigo? Cosa o chi ti ha aiutato a riscoprire la gioia dell’amore e della misericordia di Dio?

Come può la storia di Jacques Fesch sfidare le tue idee di giustizia e misericordia? Pensi ci siano persone al di là della capacità di Dio di perdonare?

A cosa ti invita la “Parabola del figliol prodigo” in queste settimane finali di Quaresima?

Parola di sapienza: “Possa il tuo amore attirare su di te la misericordia del Signore, e possa Lui farti vedere che sotto la tua anima, sta riposando una santa. Chiederò a Lui di aprire il tuo cuore in modo che tu possa comprendere e fare ciò che Lui vuole che tu faccia. La tua via non è nulla, non è neanche tua. Ogni volta che tu dici ‘Mi piacerebbe fare questo o quello’, ferisci Cristo, lo derubi da ciò che è Suo. Devi mettere a morte tutto ciò che è in te, tranne il desiderio di amare Dio. Non è affatto difficile da fare. Serve solo avere fiducia e gratitudine verso Gesù per tutte le potenzialità che ha messo in te. Sei chiamata alla santità, come me, come ogni persona. Non dimenticarlo”.

Jacques Fesch, da una lettera a sua madre

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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