separateurCreated with Sketch.

La sola preghiera che proprio non riesco a fare

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Zoe Romanowsky - pubblicato il 27/02/16
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Il Suscipe di Sant’Ignazio di Loyola non è per i deboli di cuoreQualche notte fa, mentre aspettavo le mie figlie all’uscite della palestra, stavo leggendo il nuovo libro di Dawn Eden, Remembering God’s Mercy: Redeem the Past and Free Yourself from Painful Memories. Ho notato che usava “Suscipe”, la preghiera di Sant’Ignazio, per iniziare i suoi capitoli. Se c’è una preghiera che non sono mai riuscita a pregare con sincerità, è quella. Voi? Se rispondete sì, siete ben più santi di me. Suscipe è una preghiera profonda, toccante, ma ogni volta che ho provato a recitarla o a cantare una famosa canzone ad essa ispirata, ecco cosa è successo nella mia mente.

“Prendi, o Signore, e accetta tutta la mia libertà”

Tutta, Signore? Non ne basta solo un pochino? Voglio dire, è la mia libertà, il che vuol dire che è la mia libertà e, francamente, non penso di potertela dare tutta, perlomeno non ora. E, tra l’altro, cosa vuol dire? Perdonami, ma mi spaventa troppo. Forse quando sarò più che vecchia? Ma andando avanti…

La mia memoria, la mia comprensione.

Va bene, puoi prendere i ricordi dolorosi, grandioso, e sono contenta di condividere con te quelli belli, anche se già li conosci. Ma intendi proprio la mia memoria? Non sembra una cosa buona. Sembra quasi che avrò la demenza. Dovrei forse chiederti di dimorare nella mia memoria, di infondervi la tua grazia? Beh, perché Sant’Ignazio non l’ha semplicemente detto? Non voglio che ti prenda la mia memoria, già non è buona per conto suo. E riguardo alla “mia comprensione”, per favore, no. Davvero, mi piace comprendere, ne ho bisogno. Non comprendo neanche cosa questo voglia dire. Ma non è che per caso hai già iniziato a prenderla via da me?

E la mia intera volontà.

Mamma mia, questa preghiera sta andando proprio male, forse dovrei fermarmi qui.

Tutto quello che ho e possiedo. Tu me lo hai dato; a te, Signore, lo ridono.

Beh, penso di poter darti indietro alcune delle cose che mi hai dato. Forse. Sì, forse qualcosina. So che tutto è venuto da te, e ti sono davvero grata. Lo sono. Ma perché dovresti addirittura volere che io ti dia tutto indietro? A cosa stava pensando Sant’Ignazio?

Tutto è tuo: tutto disponi secondo la tua piena volontà.

Sì, so che fondamentalmente ogni cosa ti appartiene e che tu puoi farne ciò che vuoi, perché io sono troppo misera da poterla trattenere se tu dovessi insistere. Ma per favore, non fare nulla di terribile. Voglio dire, nulla che io consideri terribile. Perché quello sì che lo sarebbe.

Dammi il tuo amore e la tua grazia, e questo solo mi basta.

Voglio veramente che questo sia vero. Voglio il tuo amore e la tua grazia, chiedo questo in continuazione. Ma la verità è che non so se davvero mi basta. So che dovrebbe farlo, ma sembra che io voglia sempre di più. Ecco, ora mi sento quasi depressa.


Comunque, non penso che è così che Sant’Ignazio, o qualsiasi altro santo, abbiamo recitato questa preghiera. Ma in queste parole riconosco che ho bisogno di arrendermi per poter andare avanti. Almeno sono in buona compagnia; in Remembering God’s Mercy, Eden dice che per molto tempo ha posto resistenza alla “Preghiera di Gesù”, e che successivamente, in un periodo di estremo bisogno, le ha donato tanta di quella grazia una volta che lei ebbe trovato il coraggio di recitarla. Per ora, mi aggrappo alla “Preghiera davanti al Crocifisso di San Damiano” di San Francesco:

O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta,
speranza certa, carità perfetta.

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]