di Silvana Ramos
La vita passa rapidamente. Hai 12 anni e passi le giornate a giocare per strada, e in un attimo ti ritrovi ad essere un adulto di 40 anni.
Cosa è successo alle tue aspirazioni giovanili, ai tuoi sogni e ai tuoi ideali? Anche se potresti ricordarli, li hai mantenuti? Hai attraversato il mare della vita in balia dei venti? Oppure sei restato ferme nei tuoi ideali senza scendere a patti con i tuoi principi? È questa la riflessione a cui ci invita José Martín Descalzo attraverso il meraviglioso saggio che ti offriamo oggi.
Lungi dal voler presentare un approccio negativo alla vita, José Martín mette in guardia dai pericoli di un’esistenza condotta con superficialità su questa terra. Illustra con chiarezza le battaglie che gli adulti, senza saperlo, perdono nella vita. È una chiamata ad essere vigili e a non vivere nella cecità, prendendo invece in modo opportuno la vita che c’è stata donata. E rispondendo ai desideri del cuore, scritti su esso con un codice. Il piano più grande che il Creatore abbia affidato a ognuno di noi.
Sono preoccupato per la lettera che hai scritto, figliolo. Sembri così sicuro di te stesso, ti senti così felice per ‘essere diventato maturo’! Ti giuro che ho tremato quando ho avvertito il modo avvilente con cui parli di quando eri giovani, dei tuoi sogni, di quegli ideali che ora definisci ‘belli, ma irraggiungibili’. Ora mi spieghi che ti sei adeguato alla realtà e che, quindi, hai successo. Ti sei fatto un nome, hai una bella casa, una solidità finanziaria e una famiglia… ne parli come se fossero gioielli sul collo di una donna. Comunque, in mezzo a tutto questo orgoglio, un minuscolo raggio di nostalgia ti colpisce e ti ricorda che ‘quei sogni, per quanto assurdi, erano perlomeno meravigliosi’.
La tua lettera mi ha fatto tornare in mente un antico scritto del Dr. Albert Schweitzer, che mi ha accompagnato per venti anni. Mi piacerebbe che lo memorizzassi, perché potrebbe essere la tua ancora di salvezza:
Ciò che spesso siamo portati a considerare come “maturità” in un uomo è l’arrendere se stessi a un quasi esclusivo uso della ragione. Si ottiene copiando gli altri e sbarazzandosi, uno alla volta, dei pensieri e delle convinzioni che erano cari durante la giovinezza. Credevamo, un tempo, nel trionfo della verità; ora non lo facciamo più. Credevamo nei nostri simili; ora non lo facciamo più. Credevamo nella bontà; ora non lo facciamo più. Avevamo zelo per la giustizia; ora non lo abbiamo più. Confidavamo nel potere della gentilezza e della serenità; ora non lo facciamo più. Eravamo entusiasti; ora non lo siamo più.
Per superare agilmente le secche e le tempeste della vita abbiamo alleggerito la nostra imbarcazione, buttando come zavorra ciò a cui pensavamo di poter fare a meno. Ma ciò che abbiamo gettato e di cui ci siamo privati, erano in realtà le nostre risorse di cibo e di bevande; la nostra barca è ora più manovrabile, ma noi come persone stiamo per affondare (Antologia degli scritti principali di Albert Schweitzer, p. 130)
Ho letto queste parole quando ero poco più di un bambino, e non mi hanno mai lasciato, perché vi ho visto un ritratto preciso di centinaia di esistenze. Crescere è quindi così terribile? Vivere è forse nulla più che lasciare continuamente qualcosa alle spalle? Quella che chiamiamo ‘maturità’ è nulla più che invecchiare, rassegnarsi ed entrare a far parte della caserma della mediocrità? Vorrei che tu, amico mio, osassi dare uno sguardo a queste 6 battaglie, prima di gonfiarti così tanto d’orgoglio. Chiediti quale sconfitta tu stia fronteggiando, e sicuramente da questo dedurrai cosa resta della tua umanità.
Prima battaglia: amore per la verità
Il primo combattimento è quello per l’amore per la verità. È di solito la prima cosa che viene persa. Negli anni da studenti ci si impegna a vivere secondo verità, in futuro, ma si scopre presto che su questa terra l’inganno è più conveniente e utile della verità. In fin dei conti “non ti porterà mai da nessuna parte”, e anche se viene detto che le bugie hanno le gambe corte, i bugiardi sanno avanzare molto rapidamente. Apri gli occhi e vedi persone sciatte e di poco valore avanzare a danno tuo. Quel giorno anche a te, figlio mio – sorridendo, reggendo cappotti, aprendo porte e srotolando tappeti – verrà sbattuta in faccia la scomoda verità. Quel giorno, figlio mio, soffrirai per la tua prima sconfitta. E sarà il primo passo verso l’alienazione dalla tua stessa anima.
Seconda battaglia: mantenere la fiducia
Il terreno della seconda battaglia è quello della fiducia. Entriamo in questo mondo pensando che le persone siano buone. Chi ci potrebbe ingannare? Se non odiamo nessuno, chi dovrebbe odiarci? Qui arriva la batosta. Che sia uno scherzo di cattivo gusto o un tradimento che scardina la nostra anima perché non siamo in grado di comprenderlo. La nostra anima ferita oscilla da una parte all’altra. Le persone sono cattive, o almeno così pensiamo. Ci barrichiamo nel nostro castello interiore circondandoci di filo spinato, mettiamo un ponte levatoio per raggiungere la nostra anima e nessuno può accedere al nostro cuore senza un passaporto. Un’anima coperta di spine è la seconda sconfitta.
Terza battaglia: conservare gli ideali
La terza battaglia è ancora più seria, perché ha luogo nel mondo dei principi. Non si ha più fiducia delle altre persone, ma si crede ancora nelle grandi cause della giovinezza: il lavoro, la fede, la famiglia e alcune idee politiche. Si aderisce a queste bandiere; anche se le persone cadono e deludono, gli ideali restano là. Ma presto vedrai che anche le migliori bandiere non vincono, il politicamente corretto è più “utile” della verità e sotto a una grande bandiera c’è un idiota ancora più grande. Scopri che il mondo non valuta le virtù delle bandiere, quanto il loro successo. Chi non preferisce una cattiva causa che vince a una buona causa che è destinata a perdere? Quel giorno marcisce un altro pezzo della tua anima.
Quarta battaglia: difendere la giustizia
La quarta battaglia è la più romantica. Crediamo nella giustizia e le nostre labbra sono piene di legittima indignazione. Gridiamo. È facile gridare, riempie la nostra bocca e ci dà l’impressione che stiamo lottando Poi ci rendiamo conto che il mondo non è mai cambiato con le urla e che se qualcuno vuole criticare, sarà poi egli stesso criticato. Un giorno scopriremo che non si può ottenere una giustizia perfetta e inizieremo ad approvare piccole ingiustizie, con grandi compromessi. Quel giorno perderemo anche la quarta battaglia.
Quinta battaglia: la lotta per la felicità
Non passerà molto tempo prima che decidiamo di “imporre” la nostra violenta pace, la nostra sacra coercizione. Crediamo ancora nella pace. Riteniamo che il male sia reversibile, che l’amore e la ragione trionferanno. Comunque, presto la nostra anima si farà più dura, inizieremo a dubitare della gentilezza, decideremo di dialogare con queste persone ma non con quelle. Questa è la quinta sconfitta; resta qualcosa della giovinezza? Rimane qualche impeto di entusiasmo, lievi speranze che spuntano leggendo un libro o guardando un film. Ma un giorno le chiameremo “delusioni”, un giorno spiegheremo a noi stessi che “non si può fare nulla”, che “il mondo va così” e che “l’umanità è afflitta”.
Sesta battaglia: mantenere la speranza
Dopo aver perso la sesta battaglia dell’entusiasmo, restano solo due opzioni: mentire a se stessi e credere di essere un vincitore, perché i buchi dell’anima – una volta piena di speranza – sono stati riempiti con soldi e piaceri; oppure preservare parte di questo cuore e scoprire che il proprio vascello sia alla deriva, che si ha fame e sete, senza la guida della speranza, senza un’anima. Figliolo, spero che almeno tu, che mi hai scritto, possa rimanere con questo desiderio, e che tu abbia la forza per chiederti come sei stato sconfitto
José Luis Martín Descalzo
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]