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Qual è la posizione migliore del corpo per pregare?

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Padre Henry Vargas Holguín - pubblicato il 17/02/16
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In piedi, in ginocchio, seduti… che significato hanno? E quando si usano?I gesti del corpo e del volto in genere rispondono a un sentimento. Ad esempio, se un bambino si spaventa si copre il volto o la testa o chiude gli occhi; se una persona riceve una buona notizia sorride; se si ha un successo si alza con gioia ed energia un braccio, o magari entrambi, se succede qualcosa di straordinario si aprono gli occhi, ecc.

Succede lo stesso quando preghiamo: è tutta la persona che prega, e quando preghiamo ci possiamo aiutare con il corpo ed esprimerci con esso. È vero che parliamo anche a gesti – è il linguaggio non verbale. Ricordiamo in questo senso quanto erano graditi a Gesù i gesti d’amore di alcuni, e che per questo ha permesso alla peccatrice di lavargli i piedi con le sue lacrime, a Maria di Betania di ungergli i piedi con profumo e a Giovanni di poggiare la testa sul suo petto.

Il bisogno di associare i sensi alla preghiera interiore risponde ad un’esigenza della natura umana. Siamo corpo e spirito, e quindi avvertiamo il bisogno di tradurre esteriormente i nostri sentimenti. Dobbiamo pregare con tutto il nostro essere per dare alla nostra supplica la maggiore forza possibile” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2702).

Questo bisogno risponde anche ad una esigenza divina. Dio cerca adoratori in Spirito e verità, e, conseguentemente, la preghiera che sale viva dalle profondità dell’anima. Vuole anche l’espressione esteriore che associa il corpo alla preghiera interiore, affinché la preghiera gli renda l’omaggio perfetto di tutto ciò a cui egli ha diritto” (Catechismo, n. 2703).

In base al motivo della preghiera, le posture cambiano, perché sorgono quasi spontaneamente, anche se il loro valore è relativo perché aiutano solo ad accompagnare la preghiera che sboccia dall’anima e si fa in spirito e in verità (Gv 4, 23). Ciò vuol dire che la preghiera ha il suo valore o la sua efficacia indipendentemente dal fatto che ci sia o meno una certa postura.

Si intende ovviamente che le posture, soprattutto in pubblico, si devono realizzare con sincerità e non a scopi egoistici (per fare bella figura davanti agli altri o a se stessi), perché in questo modo la preghiera non ha senso né effetto.

Ricordiamo che Dio guarda ciò che c’è nel cuore più che l’atteggiamento fisico. È quello che ci insegna Gesù paragonando le preghiere di un fariseo e di un pubblicano nel tempio (Lc 18, 10-14). Bisogna distinguere i due tipi di preghiera: quella pubblica o liturgica e quella privata o personale.

Atteggiamenti nella preghiera pubblica

Gli atteggiamenti nelle azioni liturgiche cambiano in base al fatto che si parli di ministro ordinato o di fedeli. Gli atteggiamenti corporali verranno assunti con discrezione per non distrarre o infastidire gli altri. La Chiesa dice che “l’atteggiamento comune del corpo, da osservarsi da tutti i partecipanti, è segno dell’unità dei membri della comunità cristiana” (OGMR, n. 42).

Il Messale Romano ci ricorda gli atteggiamenti di cui tener conto durante le celebrazioni liturgiche (soprattutto durante la Messa):

1.- STARE IN PIEDI: Per dire a Dio: “Sono qui davanti a te. Parla, che il tuo servo ascolta”. Questo atteggiamento manifesta rispetto e attenzione. Stare in piedi dimostra la disponibilità di mettersi in cammino, di agire. È essere consapevoli della dignità di figli di Dio, eliminando l’atteggiamento dello schiavo davanti al padrone. Stare in piedi manifesta la fede in Gesù risorto e la convinzione che anche noi risusciteremo; stare in piedi è l’ultimo atteggiamento del cristiano, l’atteggiamento del risorto.

2.- STARE SEDUTI: Esprime un atteggiamento di ascolto. Questa posizione non deve favorire il sonno né esprimere riposo.

3.- STARE IN GINOCCHIO: Questa posizione indica umiltà e la consapevolezza della grandezza di Dio, ed è la posizione più adatta all’adorazione.

4.- STARE IN PROCESSIONE: La processione liturgica è più un rito che un gesto. Nella Santa Messa, sia i ministri che i fedeli compiono movimenti che hanno carattere di processione. Ogni processione liturgica simboleggia la condizione peregrinante sia del fedele che della Chiesa.

5.- STARE INCHINATI: Può essere di due tipi: si può chinare la testa e si può inclinare il corpo. Quest’ultima può essere semplice o profonda. Inchinarsi serve, ad esempio, per chiedere una benedizione. Ci si inchina anche davanti all’altare e davanti alle persone o a quello che rappresentano. Inchinarsi indica reverenza e onore.

6.- STARE PROSTRATI: Nella liturgia si adotta questa posizione quando tutto il corpo è a terra e si poggia la fronte sulle mani. Nella preghiera privata si può anche mettere il corpo a forma di arco e la testa che riposa sulle mani poste al suolo.

7.- STARE GENUFLESSI: Si tratta di un atteggiamento molto diverso dallo stare in ginocchio. La persona fa una genuflessione quando poggia il ginocchio destro a terra. Si usa, ad esempio, entrando in chiesa e facendo una breve adorazione o passando davanti all’altare quando c’è sopra il Santissimo, e ogni volta che passiamo davanti al tabernacolo.

8.- STARE CON LE BRACCIA TESE E ALZATE: Durante la Messa è uno degli atteggiamenti sacerdotali. Nella preghiera privata può indicare supplica, lode o ricettività.

9.- STARE A MANI GIUNTE: Le mani giunte ricordano il gesto antico di legare le mani ai prigionieri (atto che ancora oggi si conserva con le spose). È per questo che coloro che si avvicinavano al martirio vi andavano con le mani giunte, e in quei momenti sicuramente pregavano. Nel mondo romano una persona catturata poteva evitare la morte immediata adottando l’atteggiamento delle mani legate, come in atteggiamento di supplica, chiedendo pietà.

L’atteggiamento di tenere le mani giunte è anche sinonimo di sottomissione. È anche il gesto di una persona che si concentra su qualcosa, che interiorizza i propri sentimenti di fede; è l’atteggiamento di mani “non distratte” al momento di pregare.

Ci sono anche modi diversi di mettere le mani con il rispettivo significato: possono mettersi insieme a toccare le labbra, o volte verso l’alto con il gesto di abbandono di chi ha bisogno di tutto, ma è anche il gesto di chi offre tutto a Dio. La mano destra serve inoltre per colpirsi il petto in atteggiamento penitenziale.

10.- PREGARE CON GLI OCCHI: Gli occhi possono esprimere una preghiera chiedendo compassione, aiutano nella contemplazione, possono generare sentimenti di tenerezza, ecc. Al contrario, pregare con gli occhi chiusi esprime un desiderio di intimità con Dio e aiuta il raccoglimento, evita le distrazioni e favorisce la concentrazione.

Atteggiamenti nella preghiera privata

Nella preghiera privata o personale non ci sono atteggiamenti prescritti. Ciascuno adotterà l’atteggiamento più adatto in base all’obiettivo della sua preghiera. Bisogna ricordare che la preghiera non è una specie di formula magica.


Lo dico perché una volta ho sentito un padre di famiglia che diceva erroneamente al figlio: “Se non dici le parole corrette, o non preghi nella posizione corretta, Dio non ti ascolterà e non risponderà alla tua preghiera”. Teniamo conto che Dio non risponde alle nostre preghiere in base alla quantità di parole (Mt 6, 7) o al loro ordine, o al luogo in cui ci troviamo o all’atteggiamento del corpo che adottiamo. In base a vari testi della Sacra Scrittura, Dio risponde alla preghiera basandosi sul fatto che questa venga compiuta o meno in base alla sua volontà e si faccia in nome di Cristo.

Il modo corretto di pregare è elevare il cuore a Dio. Si tratta di essere onesti e aperti con Dio, perché Egli ci conosce meglio di quanto ci conosciamo noi. Bisogna presentare le richieste a Dio, ma tenendo presente il fatto che Dio sa ciò che è meglio per noi e non ci concederà una richiesta che non sia conforme alla sua volontà.

Esprimiamo il nostro amore, la nostra gratitudine e la nostra adorazione a Dio nella preghiera, ma non ci preoccupiamo di avere le parole corrette per esprimerla. Dio è più interessato al contenuto del nostro cuore che alla qualità delle nostre parole. Dio vuole che la preghiera sia un legame reale e personale tra Lui e noi.

Non si tratta, quindi, di recitare parole a Dio, anche a memoria. Il modo corretto di pregare privatamente è esprimere a Dio ciò che è nel cuore. Che si faccia seduti, in piedi, in ginocchio o con le braccia aperte, con le mani giunte, con gli occhi aperti o chiusi, in una chiesa, in casa o all’aria aperta sono aspetti complementari; sono azioni soggette alla preferenza personale ed espressioni che nascono dal cuore che prega con sincerità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]