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La risurrezione di Cristo attraverso gli occhi di un produttore

Diane Montagna - Aleteia - pubblicato il 17/02/16

Intervista a Pete Shilaimon

Pete Shilaimon è uno dei molti iracheni che hanno dovuto abbandonare la terra d’origine per poter vivere la propria fede senza doversi nascondere. Oggi è il direttore esecutivo del film Risorto, che uscirà nelle sale il prossimo 17 marzo.

Abbiamo incontrato Pete a Roma, durante un’anteprima in Vaticano.

Nella prima parte della nostra intervista a Pete Shilaimon, il produttore parla apertamente della sua fede in Gesù, di cosa rende Risorto diverso da altri film sulla Bibbia e del perché la sua “più incredibile” esperienza come produttore è stata proprio quella in cui ha lavorato su un film che racconta i primi 40 giorni dalla Risurrezione di Cristo attraverso gli occhi di un tribuno di Roma.

Non perdete anche la seconda parte della nostra intervista a Pete Shilaimon, che uscirà venerdì 19 febbraio – il giorno in cui Risorto debutterà nelle sale di tutto il mondo – per conoscere di più sulla sua storia personale e sulle drammatiche circostanze che hanno portato la sua famiglia a scappare dall’Iraq.


Leggi QUI l’intervista esclusiva di Aleteia a Joseph Fiennes


Diane Montagna: Congratulazioni per il film e grazie per questa intervista concessa ad Aleteia. Vorrei iniziare da questa domanda: chi è Gesù per te?

Pete Shilaimon: Questa è una domanda estremamente semplice: Lui è tutto.

Sono venuto qui da un altro paese. Arrivai in America da un altro paese, e tutto ciò che avevamo era la fede in Dio. Tutto ciò che avevamo era Gesù. Quindi per me crescere ogni istante in Gesù è stato come acquisire una seconda natura. Per me Lui è tutto: è la vita, è l’aria che respiro. Ecco, è una risposta molto semplice.

Perché il film Risorto? Cosa lo rende diverso dagli altri film sulla Bibbia visti finora?

Leggendo il copione la differenza è stata, per me, raccontare i fatti dal punto di vista di Clavio, il tribuno romano incaricato di cercare il Messia. È stato molto interessante raccontare quella prospettiva. Non è stato mai fatto prima. La cosa aveva un suo senso e sapevo di dover lavorare in questa direzione. Sapevo di dover essere coinvolto, in qualche modo, con questo film. Ho quindi chiesto e chiesto di nuovo: “Fatemi essere sul set. Fatemi lavorare a questo film”. E il mio boss ha replicato così: “Vai e fallo”. E io sono andato sul set e ho prodotto il film. È stata la più incredibile esperienza mai avuta come produttore.

Perché? Cosa l’ha reso diverso, ai tuoi occhi, rispetto a tutti gli altri film su cui hai lavorato?

Sono cresciuto con queste storie, con il racconto della Crocifissione, con la Resurrezione. La mia famiglia… ecco, sai, noi siamo molto cattolici. Crescendo in questo ambiente queste storie erano epiche, oserei dire. E lavorare su una di loro è stato spettacolare.

Sono stato intervistato altre volte e mi sono state poste molte domande. Ma ciò che posso dire su questo film è che ho provato la sensazione di essere io stesso Clavio, su quella pietra. Molte volte nella mia vita ho avuto dubbi, ho avuto domande e volevo delle risposte. E nessuno me le ha date. L’unica volta in cui ho trovato risposte è stato quando ho parlato con Gesù. Quando mi sono seduto e ho osservato Cliff Curtis recitare nel ruolo di Yeshua, e Joseph in quello di Clavio, su quella pietra, là c’è stato uno dei momenti più incredibili: stare in quel deserto ed essere testimone di quel dialogo, perché mi sentivo Clavio, ed è come se fossi stato io ad aver quella conversazione con Gesù.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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