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Sognando Kurt Cobain nell’Anno della Misericordia

Photo of Kurt COBAIN and NIRVANA

NETHERLANDS - NOVEMBER 25: HILVERSUM Photo of Kurt COBAIN and NIRVANA, Kurt Cobain recording in Hilversum Studios, playing bass guitar (Photo by Michel Linssen/Redferns)

Suor Theresa Aleteia Noble - pubblicato il 16/02/16

Tutto ciò che ricordo è quello strano momento di riunione, di incontro, di collegamento tra le due persone meno simili al mondo

Kurt Cobain, l’indimenticabile volto del grunge rock degli anni Novanta, stava nervosamente sul palco con le mani sui fianchi. Indossava una maglietta nera stropicciata e i jeans. I capelli biondi gli ricadevano negli occhi. Proprio in quel momento un uomo gioviale è salito sul palco. Ho riconosciuto l’attuale arcivescovo di New York.

I due facevano una strana coppia. Il Cardinale Dolan, vistoso nelle sue vesti rosse e con lo zucchetto, era inconsapevole della stranezza della situazione.

Ha teso la mano verso il rocker. Tutto il suo corpo sembrava tendersi verso Kurt, come se il cardinale fosse su una barca e cercasse di aiutare qualcuno a salirci sopra. Kurt non ha esitato e ha preso la mano che gli tendeva. E poi hanno sorriso entrambi.

È solo un frammento di un sogno che ho fatto qualche notte fa. Non riesco a ricordare il resto. Tutto ciò che ricordo è quello strano momento di riunione, di incontro, di collegamento tra le due persone meno simili al mondo.

Quando mi sono svegliata ho riso, stupita del fatto che il mio cervello avesse creato uno scenario così surreale. Quello che ha reso il mio sogno ancora più assurdo è il fatto che non pensavo da anni ai Nirvana, la band di Kurt Cobain.

Come molti adolescenti degli anni Novanta, avevo alcuni album dei Nirvana. Apprezzo ancora canzoni come Smells Like Teen Spirit e All Apologies, che hanno indubbiamente modellato il futuro della musica, ma l’amore di mio fratello minore per i Nirvana era molto più profondo del mio.

Quando Kurt Cobain si è ucciso il 5 aprile 1994, il mondo è rimasto scioccato ma non stupito. Mio fratello ha comprato una maglietta commemorativa con sopra una grande foto dell’uomo che una volta aveva detto “Se i miei occhi potessero mostrare la mia anima, chiunque piangerebbe vedendomi sorridere”. Sulla maglietta figuravano anche la data di nascita e quella della morte. Per mesi, la maglietta ha reso mio fratello una lapide ambulante.

La morte di Kurt ha così influenzato mio fratello e molti altri, fans o meno dei Nirvana, da segnarli profondamente.

Riflettendo sul mio sogno, ho pensato come la mano tesa del cardinale Dolan potesse rappresentare le mani di tutti i cattolici che sono chiamati a tendersi verso il mondo, verso le persone che ci aspettiamo meno che si convertano, i cattolici che si sono allontanati e che dicono che non torneranno mai, i depressi, gli affamati, i soli, gli arrabbiati, le persone ai margini della Chiesa e oltre.

Tendere la mano è sempre rischioso. Alcuni la afferreranno, altri no. Alcuni ascolteranno, altri no. Alcuni si allontaneranno, altri no. Alcuni respingeranno la mano e non ci guarderanno più in faccia. Alcuni se ne andranno ma poi torneranno, anche dopo anni.

E poi c’è sempre il problema delle persone che si trovano già sulla barca. Alcuni vi vedranno tendervi verso gli altri e si arrabbieranno per il fatto che stiate invitando persone che creeranno disagio, momenti di imbarazzo e possibile scandalo.

Ma Dio non ci chiede di preoccuparci di queste cose. Ci chiede solo di tendere la mano, anche quando le speranze sono minime. Di essere il ponte nel caso qualcuno lo voglia attraversare. L’amicizia di papa Francesco con il giornalista ateo Eugenio Scalfari mi ricorda la mano del cardinale Dolan tesa verso Kurt Cobain. C’è spazio per lo scandalo, per il rifiuto. E c’è ampio spazio per il fraintendimento (non sono l’unica a pensare a volte che papa Francesco dovrebbe lasciar stare quell’uomo, o almeno rifiutare di concedergli delle interviste).

Ma c’è anche spazio per il dialogo, per la crescita nella comprensione, per la trasformazione reciproca e la conversione.

Questa è misericordia.

È un invito ad amare che rimane presente anche quando l’altra persona non realizza di averne bisogno. È un invito che resta presente fino all’ultimo momento.

È una misericordia che attende. È una misericordia che è pronta a invitare quando si presenta l’opportunità. È una misericordia che è aperta al mistero, all’afferrare la mano dell’altro e a imparare dagli outsider. È una misericordia aperta all’inaspettato e all’ignoto. È una misericordia che corteggia e ammonisce con tenero amore. È una misericordia che confida in Dio e cerca di essere come Gesù.

Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato – Papa Francesco, Misericordiae Vultus

Suor Theresa Aletheia Noble, fsp, è autrice di The Prodigal You Love: Inviting Loved Ones Back to the Church. Di recente ha pronunciato i primi voti con le Figlie di San Paolo. Ha un blog su Pursued by Truth.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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giubileo della misericordia
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