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A volte gli animali sono trattati meglio delle persone

Catholic Link - pubblicato il 16/02/16

Questo esperimento sociale ci spinge a riflettere sul dramma degli "invisibili". Il ricco Epulone non è andato all'inferno per aver negato a Lazzaro le briciole del suo tavolo. Ecco perché.

Una dichiarazione forte, ma dolorosamente onesta, quella fatta da un uomo costretto a mendicare. Un senzatetto, un invisibile, un uomo uguale a te o a me che per vari motivi ora vive per strada. Nessuno lo dice ma, forse tacitamente, la società sembra urlare proprio questo: quell’uomo non ha perso solo la casa o la famiglia, ma ha perso anche la sua dignità. Meritano più attenzione gli animali che gli esseri umani, troppo duro? Certo, ma penso che sia successo a tutti noi: camminiamo per le strade delle nostre città e improvvisamente incontriamo persone che vivono per strada chiedendo l’elemosina. Se è il primo che incontriamo nel corso della giornata, forse notiamo la sua presenza. Ma se sono in tanti a incrociare la nostra via, molto molto probabilmente viviamo la nostra vita proprio come le persone mostrate nel video.

Questa volta De Paul France (un’organizzazione di beneficenza che cerca di aiutare i più poveri tra i poveri e “fornire loro un riparo”), ci propone un video impressionante e forse troppo familiare. Si tratta di un esperimento sociale realizzato per confrontare chi ottiene più sguardi (e attenzione). Un cane e un mendicante sono collocati a pochi metri tra loro, in una via di Parigi. Dopo un paio d’ore, l’animale riceve 258 sguardi contro i 17 ricevuti dal mendicante.

Vedere questo video mi ha fatto pensare alla parabola di Lazzaro e del ricco Epulone (Luca 16:19-31). Quindi condivido qui di seguito una riflessione del sacerdote francese Bernard Hurault:

“Questa parabola parla di divisione del mondo tra ricchi e poveri. C’è una legge inevitabile del denaro che porta i ricchi a vivere appartati: che sia nell’alloggio, nella mobilitazione, nell’intrattenimento o nelle cure mediche. Il muro costruito dai ricchi nella vita presente sarà, dopo la loro morte, un abisso che nessuno potrà salvare. Chi ha accettato questa separazione sarà destinato all’altra parte, per sempre. Gesù dà un nome al povero, ma non al ricco. Rovesciando l’ordine della società attuale che tratta il personaggio Tal de tali come una persona, non considerando gli emarginati. Vediamo anche che Lazzaro, morendo, incontra molti amici: gli angeli e Abramo, padre dei credenti. Il ricco al contrario non ha più amici o avvocati che risolvano la sua situazione: l’inferno è solitudine. Alcuni vorrebbero sapere quale fosse il peccato del ricco per essere condannati all’inferno. Ha forse negato a Lazzaro le briciole del suo tavolo? Questo non è quello che dice il Vangelo: il ricco semplicemente non ha visto che Lazzaro giaceva alla sua porta“.

È qui che vorrei soffermarmi e mettere in risalto l’iniquità della nostra cecità. Molti di noi scelgono di ignorare i senzatetto, non perché necessariamente siano “cattivi”, ma forse perché “vedere” il mendicante comporterebbe il rischio di dover fare qualcosa per alleviare la loro condizione. Il pericolo di scegliere consapevolmente di ignorare chi ha bisogno di noi è che si finisce per sviluppare delle corazze nell’anima: non siamo più in grado di vedere la sofferenza degli altri. Quello che abbiamo fatto consapevolmente una volta diventa una reazione inconscia, una parte in più della nostra vita che con il tempo giustificheremo, convinti della sua validità.

Padre Hurault spiega: “Il ricco non si affanna a godersi la vita quanto invece a convincersi di aver ragione: per questo la Chiesa dovrebbe giustificarlo. Ed è questa perversione della mente che conduce all’inferno […] “.

Inoltre, il nostro Papa Francesco ci dà un messaggio relativo a questo problema, soprattutto ora che siamo in Quaresima. Egli spiega come segue:

Davanti a questo amore forte come la morte (cfr Ct 8,6), il povero più misero si rivela essere colui che non accetta di riconoscersi tale. Crede di essere ricco, ma è in realtà il più povero tra i poveri. Egli è tale perché schiavo del peccato, che lo spinge ad utilizzare ricchezza e potere non per servire Dio e gli altri, ma per soffocare in sé la profonda consapevolezza di essere anch’egli null’altro che un povero mendicante. E tanto maggiore è il potere e la ricchezza a sua disposizione, tanto maggiore può diventare quest’accecamento menzognero. Esso arriva al punto da neppure voler vedere il povero Lazzaro che mendica alla porta della sua casa (cfr Lc 16,20-21), il quale è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione. Lazzaro è la possibilità di conversione che Dio ci offre e che forse non vediamo. E quest’accecamento si accompagna ad un superbo delirio di onnipotenza, in cui risuona sinistramente quel demoniaco «sarete come Dio» (Gen 3,5) che è la radice di ogni peccato. Tale delirio può assumere anche forme sociali e politiche, come hanno mostrato i totalitarismi del XX secolo, e come mostrano oggi le ideologie del pensiero unico e della tecnoscienza, che pretendono di rendere Dio irrilevante e di ridurre l’uomo a massa da strumentalizzare. E possono attualmente mostrarlo anche le strutture di peccato collegate ad un modello di falso sviluppo fondato sull’idolatria del denaro, che rende indifferenti al destino dei poveri le persone e le società più ricche, che chiudono loro le porte, rifiutandosi persino di vederli.

Approfittiamo di questa Quaresima per aprire gli occhi al prossimo, per poter guardare “l’invisibile” e per far sì che quest’anno sia un anno di misericordia.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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