Benedetto XVI aveva più volte accennato ai “cattolici adulti”, coloro che non danno «più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma scelgono autonomamente ciò che si vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi. E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo».
Riteniamo sia stato però Papa Francesco a prendere una posizione molto più netta rispetto a quelli che lui chiama“progressisti”, coinvolgendo nella critica anche i “tradizionalisti”, che stanno sulla barricata opposta. Un intero capitolo del nostro dossier su Francesco è dedicato alle decine di suoi interventi contro le tentazioni del progressismo adolescenziale e del tradizionalismo neo-pelagiano.
E’ recente la decisione della Chiesa anglicana di “sospendere” per tre anni la Chiesa episcopale statunitense (Tec), branca della Chiesa anglicana in America, poiché ha ufficialmente aperto al matrimonio religioso per le coppie omosessuali. Padre Dwight Longenecker, sacerdote cattolico e cappellano di una scuola negli Stati Uniti, ne ha approfittato per scrivere un articolo sul “cristianesimo progressista”, spiegando le sue criticità. Addirittura scrivendo: «Il vero spartiacque nel cristianesimo oggi non è più tra protestanti e cattolici, ma progressisti e cristiani storici». Ma ha anche aggiunto: «guardando la dinamica del cristianesimo progressista, entro la fine di questo secolo sarà morto». Non siamo così ottimisti che tale fenomeno sia destinato ad estinguersi, abbiamo comunque preso spunto dalle sue parole per elencare quelle che noi riteniamo essere gravi decadimenti della nostra fede cristiana.
1) EMANCIPAZIONE. Per li progressismo la religione è semplicemente una questione di lotta per la parità dei diritti, per rendere il mondo un posto migliore, essere gentile con tutti e, al massimo, “spirituali”. Non ci vuole molto tempo a rendersi conto che non c’è affatto bisogno di andare in chiesa per questo. La prima generazione di cristiani progressisti sarà presente regolarmente in chiesa, la seconda vi andrà a volte, la terza quasi mai. La quarta e quinta non vedrà alcuna necessità di andarvi. Se la religione non è altro che ecumenismo e opere equo-solidali, la liturgia ecclesiale risulterà ridondante. Chi cade in questa tentazione si sente emancipato dal soprannaturale, dalla salvezza delle anime, dalla redenzione dal peccato, dal paradiso, dall’inferno, dall’Aldilà, dagli angeli e da Satana. Si provi a chiedere ad un Vito Mancuso, un Alberto Melloni o un Massimo Faggioli perché si dovrebbe andare in chiesa. Vi risponderà che non ce n’è bisogno, che il miracolo-dogma della transustanziazione è, semmai, simbolico. Il peccato non esiste e nessuno lo commette se non si partecipa all’Eucarestia, a Dio non interessa. L’importante è che non ci siano guerre e che si coltivi la propria spiritualità, anche a casa propria.
2) SPIRITUALITA’ INDIVIDUALE. Il cristianesimo progressista è essenzialmente individualista e non comunitario, la presenza del soggettivismo e del sentimentalismo è molto forte, si favorisce una spiritualità individuale e si forniscono risposte sentimentali alle questioni morali. Esiste per questo un attrito verso una dottrina standardizzata, come quella del Magistero della Chiesa, e c’è avversione ai dogmi cattolici. L’evangelizzazione è anch’essa vista come una forma di proselitismo irrispettoso, di violazione della libertà altrui per cui si preferiscono forme di sincretismo, coltivando la propria fede generica, le proprie esperienze emotive e un impegno religioso formale.