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Francesco e quella preghiera davanti alla Vergine meticcia

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 14/02/16

Nell’omelia in Basilica dice: tutti sono necessari, «soprattutto coloro che non sono “all’altezza delle circostanze”

«Non sono forse tua madre? Non sono qui? Non lasciarti vincere dai tuoi dolori, dalle tue tristezze…». Papa Francesco, il primo vescovo di Roma nato in America Latina, può finalmente guardare negli occhi, da vicino, la Madonna di Guadalupe, l’immagine della Vergine meticcia che è all’origine dell’identità dei popoli latinoamericani. O meglio, può finalmente lasciarsi guardare da lei.Alla fine dell’omelia della Messa celebrata dal Pontefice nel più grande santuario mariano del mondo, rimane alcuni minuti in preghiera, rivolto verso l’immagine della Nostra Signora di Guadalupe. Poi, dopo l’eucaristia, va nel cosiddetto «Camarin» dove è conservata la venerata immagine della Patrona delle Americhe. Il Papa vi resta in preghiera da solo per circa venti minuti.All’inizio, nell’abbracciare una bambina che gli portava dei fiori, il Pontefice, forse per un momento di stanchezza, ha perso per un attimo l’equilibrio, cadendo a sedere sulla sedia che aveva alle spalle, subito aiutato dalle persone circostanti. Nel «Camarin» è stato esposto anche il diadema in oro e argento che il Papa ha portato in dono alla Vergine di Guadalupe.

Il Papa era stato accolto da una grande folla di fedeli. È arrivato al santuario – visitato da 20 milioni di pellegrini l’anno – dopo avere percorso in papamobile aperta i 16 chilometri dalla Nunziatura, dove alloggia a Città del Messico. Lungo il tragitto centinaia di migliaia i fedeli sulla strada, in uno sventolio di bandierine bianche e gialle, i colori di Vaticano.

La messa si svolge nella parte moderna del santuario, gremita dai fedeli, mentre anche la piazza antistante è affollata da decine di migliaia di persone.

Nella predica Francesco parla di Maria che come ha visitato la cugina per aiutarla, ha voluto anche «visitare gli abitanti di questa terra d’America nella persona dell’indio san Juan Diego. Così come si mosse per le strade della Giudea e della Galilea, nello stesso modo raggiunse il Tepeyac, con i suoi abiti, utilizzando la sua lingua, per servire questa grande Nazione. Così come accompagnò la gravidanza di Elisabetta, ha accompagnato e accompagna la “gravidanza” di questa benedetta terra messicana». Continuando a prediligere quelli che come Juan Diego «sentono di non valere nulla».

In quell’alba del dicembre 1531, quando avvenne il primo miracolo, «Dio ha risvegliato e risveglia la speranza dei più piccoli, dei sofferenti, degli sfollati e degli emarginati, di tutti coloro che sentono di non avere un posto degno in queste terre. In quell’alba Dio si è avvicinato e si avvicina al cuore sofferente ma resistente di tante madri, padri, nonni che hanno visto i loro figli partire, li hanno visti persi o addirittura strappati dalla criminalità».

L’indio veggente, oggi santo, a «più riprese – ricorda il Papa – disse alla Vergine che lui non era la persona adatta, anzi, se voleva portare avanti quel lavoro doveva scegliere altri perché lui non era istruito, letterato o appartenente al novero di coloro che avrebbero potuto farlo. Maria, risoluta – con la risolutezza che nasce dal cuore misericordioso del Padre – gli disse no, che lui sarebbe stato il suo messaggero.

Così riesce a far emergere qualcosa che non sapeva esprimere, una vera e propria immagine trasparente di amore e di giustizia: nella costruzione dell’altro santuario, quello della vita, quello delle nostre comunità, società e culture, nessuno può essere lasciato fuori. Tutti siamo necessari, soprattutto quelli che normalmente non contano perché non sono “all’altezza delle circostanze” o non “apportano il capitale necessario” per la costruzione delle stesse».

«Il santuario di Dio è la vita dei suoi figli – aggiunge Francesco – di tutti e in tutte le condizioni, in particolare dei giovani senza futuro esposti a una infinità di situazioni dolorose, a rischio, e quella degli anziani senza riconoscimento, dimenticati in tanti angoli. Il santuario di Dio sono le nostre famiglie che hanno bisogno del minimo necessario per potersi formare e sostenere».

Il Papa ha invitato chi viene in questo santuario a fare silenzio, a guardare la Madonna, «molto e con calma», per sentirsi «ancora una volta che ci ripete: “Che c’è, figlio mio, il piccolo di tutti? Che cosa rattrista il tuo cuore? Non ci sono forse qui io, io che ho l’onore di essere tua madre?».

Maria «ci dice che ha “l’onore” di essere nostra madre. Questo ci dà la certezza – ha detto Francesco – che le lacrime di coloro che soffrono non sono sterili. Sono una preghiera silenziosa che sale fino al cielo e che in Maria trova sempre posto sotto il suo manto. In lei e con lei, Dio si fa fratello e compagno di strada, porta con noi le croci per non lasciarci schiacciare da nostri dolori».

«Sii mio messaggero – ci dice – dando da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, da’ un posto ai bisognosi, vesti chi è nudo e visita i malati. Soccorri i prigionieri, perdona chi ti ha fatto del male, consola chi è triste, abbi pazienza con gli altri e, soprattutto, implora e prega il nostro Dio».

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