Viaggio in una parrocchia-comunità che vive come i cristiani dei primi secoli: in pieno spirito di condivisione fraternaAl di fuori della Toscana, e forse neanche lì, pochi conoscono la realtà comunitaria di Nomadelfia, in provincia di Grosseto. Uno “stato nello stato” si potrebbe dire, fondato da Don Zeno dopo una alterne fortune, ma che dal 1957 ad oggi resiste, ospitando 300 persone, i nomadelfi, che vivono secondo il Vangelo e la Chiesa dei primi secoli.
Ogni gruppo familiare, formato da 25-30 persone, vive insieme, in uno degli undici quartieri in cui 5-6 case e una casa centrale formano l’agglomerato in cui questi vivono per 3 anni. Tutto è in comune, tutto viene condiviso, non esiste la proprietà privata, nessun passaggio di denaro avviene dentro le “mura” di Nomadelfia, tutto viene fatto seguendo l’esempio delle prime comunità cristiane.
La comunità è per la Chiesa Cattolica una parrocchia, un presbitero li segue come successore di Don Zeno, e contemporaneamente come associazione di laici riconosciuta. Anche per lo stato italiano essi sono una associazione e una cooperativa di lavoro.
Il sito di notizie, VICE NEWS, ha passato – con il proprio reporter – due giorni con i nomadelfi per conoscerli e capirne la realtà.
La vita comunitaria si svolge in modo molto separato dal resto del mondo senza tuttavia che questo conduca ad un isolamento elitario o disinteressato di quanto accada fuori dalla comunità. Pur essendo una comunità sostanzialmente agricola fondata sul Vangelo e con scelte molto nette circa l’uso dei media (tv e internet) non ha nulla a che spartire con esperienze luddiste come quelle degli Amish negli Stati Uniti. Vivono di quanto è essenziale, senza sottrarsi alla modernità, quanto piuttosto come spiegano – per esempio rispetto alla tv – al consumismo, vera piaga morale:
“Noi la tv la guardiamo davvero poco” racconta a VICE News Paolo, spiegandoci si tratta di una regola della comunità. “Può essere accesa solo dopo le otto di sera, e trasmette solo cinque canali:” i tre della Rai, Tv2000 – “fanno spesso programmi incentrati sulla religione” – e RTN.
“Noi registriamo e togliamo la pubblicità, che consideriamo una grossa violenza, ed è diseducativa: ti educa al consumismo e ti mostra spesso una vita che non è reale,” continua Nico. Per lo stesso motivo, i bambini fino ai 14 anni non possono guardare la tv, cartoni animati compresi.
“Esiste una certa libertà di utilizzo, ma fino ad un certo punto.” Ci viene spiegato che un minorenne, quando si connette, deve essere sorvegliato dagli adulti. Inoltre, da poco è stata introdotta la regola di non iscriversi a Facebook, per evitare che i nomadelfi possano esprimere pubblicamente idee ed opinioni in contrasto con lo spirito della comunità.Abbiamo chiesto a Francesco, attuale presidente di Nomadelfia, se non considera queste limitazioni una forma di censura. “L’educazione deve dire dei no per essere davvero educativa” ha risposto: “ciascuno di noi dovrebbe fare autonomamente una censura in questo mondo di immagini.”
A sostegno della sua tesi, Francesco cita l’emendamento da poco approvato dall’UE che vieta l’accesso libero a Facebook per i minori di 16 anni. “Vedi, non succede solo a Nomadelfia” continua, “se arrivano a certe decisioni a livello internazionale, vuol dire che il problema è grave.”
La comunità provvede anche alla scolarizzazione dei bambini che nascono e crescono a Nomadelfia oppure che vengono affidati ad essa come casa famiglia. Un tempo molte donne, ora per lo più anziane, portavano avanti la “madre di vocazione” che accudiva anche 12-15 bambini nel corso della vita, per lo più in affidamento. Norina, deceduta nel 2012, fu madre di 74 bambini. Un qualcosa che nel tempo sembra essersi perduto anche in questo borgo.
Ma qual è il rapporto fra la comunità nomadelfa e la stringente attualità che agita il resto del mondo? E in particolare, qual è il punto di vista sul fondamentalismo, visto dalla prospettiva tutta particolare di una comunità chiusa e a forte trazione religiosa?
A rispondere è la giovane Sefora, che ci spiega che secondo lei “Non è tanto un problema di Islam, quanto di fanatismo—d’altronde anche la religione cristiana ha avuto i suoi momenti storici oscuri, ecco perché non si può puntare il dito contro le religioni in sé. Il problema è la radicalizzazione.”
“Noi proponiamo un modello sociale ispirato alla religione – continua – ma siamo i primi a voler combattere il fanatismo. Se qualcuno dentro Nomadelfia si radicalizzasse in modo estremo, cercheremmo di fargli cambiare idea.”
La presenza a Nomadelfia è volontaria. Non si è veri cittadini fino ai 21 anni, dopo 3 anni nei quali gli anziani mettono alla prova i ragazzi, chi sceglie di aderire lo fa per la vita, ma può andarsene quando lo desidera. Si lascia la comunità anche per lo studio all’università o per andare come volontario o missionario in altri luoghi del mondo. Chi non vuole restare viene spesso anche aiutato dalla comunità per i primi tempi fuori dal gruppo. Segno che non c’è nessuna coercizione a differenza di altre realtà che potremmo definire “radicali”.
Ad ulteriore prova dell’interesse per il mondo e il bene comune, c’è la questione di come i nomadelfi si occupino della questione politica, del voto:
Uno degli aspetti più peculiari della comunità, tuttavia, riguarda quello del voto politico. La procedura è molto particolare: nelle settimane precedenti alle elezioni nazionali, si svolgono dei confronti tra i maggiorenni della comunità, con il fine di scambiarsi le idee ed analizzare i diversi programmi elettorali.
Attraverso vari round di discussione si arriva poi alla scelta di un candidato comune, o di un partito, che la popolazione di Nomadelfia voterà poi in massa. Si tratta insomma di una sorta di voto collettivo, piuttosto che personale e segreto.“Abbiamo votato di tutto, dalla destra alla sinistra” racconta a VICE News Paolo, sottolineando come a loro interessino i temi dell’equità sociale, della famiglia e della protezione dei più deboli.
Paolo afferma che Nomadelfia è un modello sociale a sé, una proposta alternativa al mondo esterno. Ma questo non vuol dire che a loro non interessi quello che succede al di fuori. Al contrario, il loro obiettivo è diffondere quanto più i loro principi e i loro valori al di là dei confini della loro comunità. Ecco perché per loro votare è importante.
Tuttavia, nonostante la loro separazione, non sono isolati neppure dalle città circostanti con cui da qualche anno intrattengono momenti di incontro e preghiera per farsi conoscere da cittadini e parrocchiani come segnalato Toscana Oggi. Le chiamano le “Serate di Nomadelfia”.
Tutte le immagini sono prese dal sito di Nomdelfia.
Dal 2009 si è aperta una causa per la beatificazione del fondatore: Don Zeno. Nel 2008 la Rai realizzò una fiction su di lui e la fondazione di Nomadelfia.