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Come convivere con una persona affetta da un disturbo

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© Michael Coghlan / Flickr / CC

Patricia Navas - Aleteia - pubblicato il 11/02/16

Può essere una buona occasione per educare alla tolleranza e alla responsabilità

Depressione, anoressia, sindrome di Tourette o di Asperger, disturbo bipolare, ansia, autismo… Una cosa è sentirne parlare, un’altra è convivere con una persona che ne soffre. Se è questo il vostro caso, forse sapete cosa significhi chiudersi in bagno per avere un attimo di respiro o provare un senso di colpa per il fatto di non sopportare più il familiare che ne è affetto e desiderare che si allontani per un po’…

Come convivere con una persona che soffre di un disturbo neurologico senza impazzire, senza finire devastati a livello psicologico e anche fisico? E soprattutto, come approfittare in modo positivo di questa situazione?

Ovviamente ogni sindrome richiederà delle risposte concrete, e ogni persona e ogni famiglia o comunità è diversa, così come lo sono i momenti che attraversa, ma alcuni suggerimenti possono aiutare in molti casi, magari anche nel vostro.

Iniziamo con un cambio di approccio: da lui/lei a voi. Se voi state bene, sarà più facile avere pazienza e forza per affrontare le difficoltà e trarne il meglio.

Dovete tenere in mano le redini della vostra vita, pianificando la vostra giornata, riservando del tempo per incontri o attività di base per la vostra salute e mantenerli con fermezza anche se ci sono molte necessità a cui far fronte o se siete richiesti costantemente.

Pur senza averla cercata, questa situazione può aiutarvi a organizzarvi e ad avere più disciplina nella vostra vita, ad andare all’essenziale.

Se verificate davvero di non poter disporre di alcuni momenti minimi che non siano quelli necessari a far fronte alle necessità di quella peresona, chiedete aiuto. Alla famiglia, agli amici, a dei professionisti…

Perché i momenti che trascorrete con la persona che soffre di un disturbo siano costruttivi, accettate ciò che accade e informatevi sul disturbo e sui modi migliori di curarlo, attraverso Internet, libri e soprattutto medici e professionisti che vi possano orientare e se necessario indicare i farmaci più adeguati.

Non vi incolpate per il disturbo di cui soffre quella persona. In genere influisce una serie di fattori (genetici, personali, familiari…) che vanno al di là dell’educazione ricevuta e dei rapporti e delle esperienze vissuti.

Con affetto e rispetto, i risultati sono più positivi che con grida e stress. Nei momenti di tensione cercate di mantenere la calma e pianificate in quale momento e in che modo è meglio battere in ritirata.

Non abbandonate la persona: accompagnatela, condividete, mantenete le vostre responsabilità nei suoi confronti. Questo vi aiuterà a comprendere meglio le persone e a coltivare un amore più disinteressato.

Non bisogna neanche essere iperprotettivi nei confronti della persona interessata, facendola vivere come una vittima. È la sua vita e voi non siete supereroi, tenete conto dei vostri limiti e di quelli del resto della famiglia.

È possibile che vi preoccupiate – o vi angosciate – per il futuro di quella persona – se potrà condurre una vita “normale”, formarsi una famiglia… Informatevi sulle risorse e sugli aiuti offerti dai servizi sociali e da alcune istituzioni, e oltre a organizzare al meglio le cose abbiate fiducia. Forse qualche Centro di Orientamento Familiare può essere d’aiuto.

È molto costruttivo quando tutta la famiglia si unisce di fronte a un problema, quando i fratelli possono prendersi cura del fratellino o della sorellina che ne ha più bisogno. Può essere una buona occasione per educare alla tolleranza e alla responsabilità il resto della famiglia.

Le situazioni che sembrano non avere soluzione a volte si vedono in modo diverso quando si condividono, soprattutto quando si condividono con Dio, nella preghiera.

Apritevi alle sorprese. Forse la “soluzione” arriverà in un modo che non avreste mai immaginato…

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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