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Quello che cambia tutto: lasciar entrare Gesù nella tua vita

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 10/02/16

“Fai lo stesso ma con me, lo stesso ma più a fondo, lo stesso ma al mio fianco...”

Mi piace la routine di una barca e di reti gettate in un lago. Mi piace la vita di Pietro, Giovanni e Giacomo, che erano pescatori prima che Gesù arrivasse.

Mi piace immaginarli mentre puliscono le reti dopo una giornata di pesca: “Vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca”.

Mi piace questo quadro in cui Gesù entra nella loro vita e loro vanno avanti con le proprie occupazioni. Pulendo, raccogliendo. Sicuramente hanno ascoltato le sue parole dalla riva. Pulivano le reti mentre ascoltavano.

Cos’ha detto Gesù quel giorno? Non lo sappiamo. Mi interessa. Avrà parlato con autorità. Sicuramente quegli uomini semplici sono rimasti catturati dalle sue parole, dal suo modo di parlare, dal suo sguardo. Forse quel giorno è nato nel loro cuore un rispetto infinito nei confronti di Gesù.

Cosa fa sì che seguiamo qualcuno nella vita lasciandoci dietro le nostre sicurezze? Il rispetto e l’amore.

I discepoli hanno saputo di essere amati da Gesù. Hanno rispettato l’autorità con cui parlava. Hanno toccato da vicino l’amore. Si sono innamorati.

Per questo poi è stato più facile dire che in suo nome avrebbero gettato le reti. Anche se erano stanchi e avevano già provato cercando di prendere dei pesci.

Questa scena sacra nella vita di questi uomini mi ricorda la mia vita. Molte volte arrivo alla fine della giornata e penso di non aver pescato nulla, di non aver fatto nulla di rilevante, di non aver ottenuto frutti.

Arrivo con quella stanchezza che Dio mi dà quando offro la vita, quando la perdo con un senso.

Sì, avevano lavorato tutta la notte. Ora volevano dormire e riposare dopo una giornata di duro lavoro. Le loro barche erano vuote. C’era un po’ di tristezza nella loro vita. E non è bene essere tristi. Lo diceva anche Santa Teresa: “Tristezza e malinconia, non le voglio a casa mia”. Erano sfiduciati. Non avevano pescato nulla.

Quando è ingrata a volte la vita con noi quando pur provando in tutti i modi non otteniamo quello che sognavamo! Diamo tutto e non otteniamo nulla. Arriva la tristezza. Investiamo il nostro tempo e i nostri sforzi e non otteniamo ciò che desideriamo. Perdiamo l’allegria, ci secchiamo lentamente. Dimentichiamo quelle fonti alle quali prima placavamo la nostra sete.

Una persona pregava: “Il mio cuore è secco come uno stoppino senza fuoco. Duro come una pietra. Ci sono volte in cui sono triste e non so cosa dirti, Gesù”.

Alla fine della giornata, il cuore può essere così. Secco, duro e freddo. E allora ascoltiamo Gesù mentre laviamo le reti.

Ci sediamo accanto al lago ad ascoltare le sue parole. E sorge il rispetto, il desiderio di cambiare. Il desiderio di condurre una vita più piena, più degna. Il desiderio di non andare avanti come finora, attaccati alla riva. Sorge nell’anima un desiderio profondo di amare di più, di salire più in alto, di anelare ad altro.

Tutto inizia con una richiesta che sembra non avere tanto senso quando il cuore è stanco e abbattuto. Hanno pescato tutta la notte. Non hanno preso niente. “Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: ‘Prendi il largo e calate le reti per la pesca’”.

Gesù guarda la vita quotidiana di alcuni peccatori. Dice a Pietro: “Fai lo stesso ma con me. Lo stesso ma più a fondo. Lo stesso ma al mio fianco”.

Guardate quando sono usciti quella notte, guardate quando sono tornati a mani vuote, guardate il loro cuore triste e stanco. E Gesù dice loro di gettare nuovamente le reti, ma di farlo più a fondo, con più fiducia e al suo fianco.

Penso che questo sia vivere la vita in profondità. Viverla con senso. Fare tutto con Gesù. Le stesse cose che facciamo sempre ma con Lui. Semplice. Questo è il suo invito. Ci chiede di andare con Lui, e Lui farà sì che la nostra vita dia frutto così com’è.

Mi chiede solo di confidare in Lui. Perché con Lui tutto è diverso. Mi chiede di gettare di nuovo le reti vuote. Nello stesso mare che già conosco. Ma questa volta con Lui, nella sua parola. Più a fondo. Più lontano.

Con meno certezze. Credo che la chiave non sia che Gesù abbia dato loro l’ordine e che abbiano confidato in Lui. La chiave, quello che cambia tutto, è che Gesù è salito sulla barca con loro. È andato a pescare con loro. Non li ha mandati, è andato con loro.

Quello che fa la differenza non è solo obbedire a Gesù e farlo seguendo le sue indicazioni. Ciò che ha più valore è uscire con Lui. Andare sulla barca con Lui. Dare a Lui il timone della nostra vita. E prendere il largo, andare dove da soli non avremmo mai il coraggio di navigare.

Ciò che cambia tutto è credere che tutto è possibile al suo fianco. Fino a riempire quelle reti vuote. Sono le stesse reti e gli stessi pescatori. La stessa barca, lo stesso mare.

Gesù usa sempre ciò che ho, ma lo fa nel più profondo della mia vita, nel più profondo. Egli dà frutti che mi trascendono. Usa ciò che sono e ciò che ho per ottenere una pesca miracolosa. Gesù non porta reti nuove. Non mi dà una barca migliore e più potente. Non mi cambia il mare.

Mi chiede solo di permettergli di venire con me, sulla mia barca. Mi chiede solo di confidare e di gettare di nuovo le stesse reti.

La differenza è che Gesù viene con me, perché io glielo permetto. La differenza è allontanarmi un po’ di più dalla riva, da quella zona in cui mi sento più comodo. Mi chiede di andare più a fondo, dove la vita non è così controllabile. Mi chiede di confidare nella sua parola.

Per me la domanda di oggi è se voglio permettere che Gesù salga sulla mia barca. Se credo che dalla mia vita Egli possa trarre di più.

A volte pensiamo che saremo più pieni e felici quando avremo un lavoro migliore, o ci sposeremo con la persona che sogniamo, quando avremo un figlio o quando questo figlio crescerà. Vediamo sempre ostacoli alla realizzazione della nostra vita piena.

Gesù ci dice che la nostra vita dev’essere piena con Lui in quegli ostacoli di cui ora mi lamento. È quello che fa oggi. Sale con me sulla mia barca per affrontare le stesse paure e le stesse sfide della mia vita oggi. E così mi rende fecondo.

Dopo tutta la notte trascorsa a pescare, la risposta di Pietro sembra normale: “Simone rispose: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti’”. È davvero la risposta normale, quella che ci si aspetta. Mi emozionano sempre questa richiesta e questa risposta.

Quasi non li conosce e chiede loro di gettare nuovamente le reti, di andare al largo rinunciando al meritato riposo. Sembra troppo. Sanno pescare, conoscono il mare, capiscono. E Gesù è un falegname. Come hanno potuto credere a una persona non esperta? Non lo so, ma si sono fidati.

Non è normale reagire con orgoglio quando pensiamo di sapere tutto meglio? Spesso credo di sapere le cose meglio di Gesù. So le mie cose e credo di sapere tutto. Controllo ciò che faccio e so che se non mi riesce qualcosa vuol dire che non mi deve riuscire. Credo di conoscere il mio officio, di avere le mie forme, le mie abitudini, i miei modi, e non mi piace che mi vogliano cambiare.

Quel giorno i discepoli stavano lavando le reti dopo la notte trascorsa a pescare. Volevano andare a riposare. Erano stanchi. Non avevano pescato nulla.

Non mi sorprende la risposta di Pietro. È la stessa che do io a Gesù quando mi chiede di gettare di nuovo le reti nella mia vita. Penso che se gli obbedisco non cambierà nulla. Io so com’è il mare, controllo tutto e a volte il mio orgoglio è più forte.

Gesà allora mi chiede di navigare al largo. Di rischiare tutto lasciando la riva e di espormi a perdere tempo in una missione assurda. Mi vincono la comodità e la stanchezza.

Diceva padre Josef Kentenich: “Voglio diventare santo. Qui non possiamo permettere che la comodità abbia la meglio”. Mi piacciono questo anelito e questa forza. Se mi lascio trasportare dalla comodità non mi allontanerò mai dalla riva.

Darò scuse a Gesù per non seguire i suoi passi. Tremerò sentendo la sua richiesta, ma non ci farò caso. È molto facile cadere in una routine imborghesita. Faccio il minimo, quello che devo fare. E basta.

Ma Pietro oggi reagisce e fa quello che Gesù gli chiede: “Ma sulla tua parola getterò le reti”. Quanto rispetto! Che docilità! Mi sorprende. Vince la sua comodità. Vuole stare con Gesù.

Mi piacerebbe essere come Pietro. Ascoltare la sua voce e obbedire ai suoi ordini, mettermi in cammino, navigare al largo, gettare le reti e confidare di più. È quello che mi chiede Gesù. Vorrei dirgli sempre di sì, che in suo nome voglio gettare le reti. Anche se nel dirglielo tremo.

Voglio svuotarmi per avere più vita in me. E confidare nel fatto che dopo le reti saranno piene di pesci, perché Egli vuole così. Voglio avere il coraggio di lasciare le reti che sto lavando per seguire i suoi passi. Vorrei avere questa fede, questa fiducia cieca.

E spesso non ho fiducia in Dio e temo di perdere tutto, di perdere il mio tempo. Mi fa paura sbagliare mira. E non rischio. Per questo temo di offrirgli completamente la mia vita. E allo stesso tempo temo di rimanere intrappolato nei miei gusti, nei miei attaccamenti, nei miei tempi.

Mi fa paura che la pesca non sia miracolosa e io debba tornare a casa nuovamente sconfitto. E mi fa paura anche perdere le sicurezze della riva e non ottenere nulla in un mare profondo. Ho paura di navigare al largo. A volte non oso fare le cose come Egli mi chiede.

E alla fine la pesca è miracolosa. E allora, stupiti, lasciano tutto e lo seguono: “E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano… Gesù disse a Simone: ‘Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini’. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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