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Un matrimonio fino “in capo al mondo”! Il viaggio di Angelo e Gianna

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 26/01/16

E dopo 50 anni "ti risposerei". Stima reciproca e figli, ecco come dura un matrimonio: "è il meglio, non c'è ragione per cambiare"

Scoppia in una risata fragorosa Gianna: “Ma certo che lo risposerei”. I difetti? “Quelli li ho scoperti subito”. È l’8 gennaio 1966, quando due giovani varcano la soglia dell’antica chiesa romanica di S. Pietro di Feletto (Treviso) per promettersi reciproca fedeltà per tutta la vita. Angelo e Michelangela (detta Gianna) hanno camminato insieme per 50 anni e ancora si commuovono quando pensano all’inizio. È la fine degli anni ’50, Gianna e la sorella sono in vacanza da sole al mare, cosa rara in quei tempi. I vicini di ombrellone continuano a parlare dell’arrivo del nipote, allievo della scuola ufficiali dell’Aeronautica. Insomma, alla fine si sparge la voce e “tutti aspettavano questo giovanotto, che a un certo momento è arrivato in spiaggia in divisa… e tutti ovviamente si sono girati a guardarlo”. E tanto fa, Angelo, che alla fine lo zio gli presenta le due ragazze che “sicuramente non se la fanno con i militari”. Angelo e Gianna si frequentano per qualche anno, poi decidono di sposarsi.

Angelo ricorda bene quei momenti. “Sono andato a Forno di Zoldo, nel bellunese, dove abitavano d’estate. Sono andato da sua mamma, persona semplice ma una gran signora…”. Ancora si emoziona, così tocca a Gianna terminare: “Insomma, ha chiesto la mia mano, dicendo che ci saremmo sposati e saremmo partiti per il Sudafrica”. Sì perché nel frattempo Angelo, finiti gli studi, lavora come tecnico in una ditta che vende aerei e comincia a viaggiare per il mondo. Così la prima figlia nasce in Sudafrica. Una emozione che il papà porta nel cuore: “Ci eravamo preparati, studiavamo insieme, tecnicamente avrei potuto partorire anche io… Quel giorno mi ero strappato la schiena. Dicevo: sarebbe il massimo che succedesse adesso… ed è successo”. Avvisare il medico è stata un’impresa, perché – in piena apartheid -, il centralinista scambia Angelo per un nero, visto l’inglese stentato. “Finalmente parlo col dottore, e a quel punto sono andato nel pallone”.

È solo uno degli episodi che riaffiorano alla memoria tra le risate, seduti sul divano. Gli incontri a Padova, nonostante gli orari un po’ rigidi del collegio delle suore, una convivenza “ante litteram” di tre mesi, quando Gianna si trasferisce a lavorare a Varese e prima del matrimonio alloggia a casa della famiglia di lui. Ovviamente sotto lo sguardo vigile della suocera, che ogni sera “quando eravamo nel salottino, stava nella cucina, da cui poteva osservarci, e aveva sempre quintali di verdure da pulire”. Poi il viaggio di nozze in Svizzera, con l’auto bloccata nella neve. Un episodio in cui emerge la compostezza montanara di Gianna mentre Angelo mostra segni di agitazione. Sono diversi in tutto, su poche cose la pensano proprio uguale, continuamente si incalzano, si completano. Quanti contrasti e quante risate in questi anni.

Arrivano i figli. Per Angelo “un matrimonio senza figli è una cosa a metà, una cosa incompiuta”. A lui e Gianna la vita ne ha donati tre in tre anni. Per almeno dieci anni Angelo viaggia per lavoro in tutto il mondo, e Gianna rimane a Varese con i figli (“e un suocero speciale” che la aiuta in tutto). “Io avevo il lavoro che mi teneva impegnato, ma lei aveva tre figli, la parte dura l’ha fatta lei”. Gianna sorride: “È stato un periodo duro ma ero talmente presa dalla quotidianità con tre figli piccoli… mi sono arrangiata”. Hanno visto altri matrimoni finire, il loro è durato: “È anche questione dell’educazione che ricevi in famiglia. Quando ti hanno dato dei valori, anche se ti sembra di averli dimenticati, restano”. E poi, “alla base c’era una reciproca stima, al di là degli aspetti affettivi che vanno e vengono, e la presenza dei figli. Era il meglio che uno potesse desiderare, non c’era ragione per cambiare”.

Papa Francesco dice che ci sono tre parole fondamentali in un matrimonio: per favore, grazie, scusa. Sulle prime due ci siamo, “scusa è una parola che certe persone fanno un po’ fatica a pronunciare” dice Gianna. “Si riferisce a me… faccio fatica ad ammettere che ho sbagliato e quindi a chiedere scusa” come testimoniano tanti pranzi in famiglia iniziati col sereno e finiti in burrasca. “Col tempo però mi dicono che sto migliorando”. Angelo e Gianna sono anche nonni di sei nipoti. E pensando a loro Angelo dice: “Fate quel che vi sentite di fare. Non ci sentiamo di dire meglio sposarsi che convivere. Noi abbiamo fatto quel che ritenevamo giusto ma la scelta è loro: ci fidiamo della loro intelligenza, della loro sensibilità e della loro educazione”. Con un nota bene di Gianna: “Se decidi di sposarti è anche un senso di fiducia nella vita. Queste convivenze, questo non decidere, è una forma di insicurezza, non si crede nel futuro”. Qualche giorno fa Angelo e Gianna hanno incontrato Papa Francesco: “Ci ha detto: vi ringrazio per la vostra testimonianza”.

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