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Preghiera mentale o preghiera vocale?

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© Gadini

Padrefaus.org - pubblicato il 20/01/16

Una è meglio dell'altra? Come vivere ogni tipo di preghiera in profondità?

Quando pensate a Dio e gli dite cose intime, solo con il pensiero e i sentimenti del cuore, state facendo una “preghiera mentale”.

Quando a Messa recitate con tutti gli altri partecipanti le preghiere liturgiche (“Confesso a Dio onnipotente…”, “Gloria a Dio nell’alto dei cieli…”, “Agnello di Dio…”), quando recitate il Rosario, quando recitate il Padre Nostro e l’Ave Maria in vari momenti della giornata, state facendo una “preghiera vocale”.

Gesù amava e praticava questi due tipi di preghiera, e ci ha insegnato ad amarli e a praticarli. Basta ricordare quanto segue:

1) — come abbiamo detto, Gesù spesso trascorreva ore – a volte tutta la notte – conversando da solo con Dio Padre (Lc 6, 12), facendo “preghiera mentale”;

– e faceva anche “preghiera vocale”: recitava i salmi e le preghiere tradizionali ebraiche, partecipando al culto nella sinagoga (Mc 6, 2) o alle feste nel Tempio (Gv 7, 1 ss.), e seguiva tutto il cerimoniale liturgico e le preghiere e i cantici prescritti nella celebrazione della Pasqua ebraica (Mt 26, 30).

2) — a noi viene chiesto che, come Lui, facciamo “preghiera mentale”: “Quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto” (Mt 6, 6);

– ma allo stesso tempo, ci viene chiesto di dare importanza alla “preghiera vocale”. Gesù stesso ci ha insegnato la più bella “preghiera vocale” che esista, il Padre Nostro (Mt 6, 9-13), che milioni di cristiani ripetono da millenni. E i primi cristiani hanno imparato da lui ad amare la recita dei Salmi (At 2,46 e 4,25-26).

Preghiera spontanea o “formule”?

Nessuno ha mai sentito dire: “Non mi piace recitare formule, mi piace pregare con i pensieri e i sentimenti che escono spontaneamente dal cuore”?

Molti lo dicono, ma purtroppo dimenticano una cosa. Dal nostro cuore esce ciò che c’è davvero lì dentro (non quello che non c’è), e in esso sono presenti tutte le ricchezze della fede, della speranza e dell’amore. Può essere anche un cuore molto “povero”, vuoto e pieno di egoismo. E allora cosa “uscirà” da lì?

Le preghiere vocali arricchiscono, perché “offrono”, “collocano” nel cuore tesori di pensieri, di verità, di sentimenti e desideri che il cuore da solo non possiede né potrebbe creare. Ben recitate, arricchiscono molto l’anima.

Sant’Agostino, ad esempio, ha ricevuto l’ultima “spinta” alla conversione il giorno in cui si è emozionato fino alle lacrime partecipando nella basilica di Milano – il cui vescovo era Sant’Ambrogio – al canto dei Salmi e di inni liturgici composti da quel santo vescovo, che il popolo conosceva a memoria. Le “preghiere vocali” hanno reso la sua anima – l’anima di un uomo straordinariamente colto e intelligente – più piena di luci spirituali, hanno risvegliato in essa, con l’ausilio di Dio, sentimenti, prospettive, gioie e speranze che lui da solo non sarebbe stato capace di ottenere.

Santa Teresa d’Avila racconta di una suora molto santa che per tutta la vita aveva alimentato il suo dialogo d’amore con Dio quasi esclusivamente con il Padre Nostro, e lei stessa, Santa Teresa, ha scritto un bel libro (Cammino di perfezione) in cui dedica molte pagine a commentare le meraviglie di questa preghiera vocale “che il Signore ci ha insegnato”.

Due pericoli

Come recitare bene le preghiere vocali? È bene tener conto del fatto che ci sono due pericoli che ci minacciano sempre e che possono “porre fine” alle nostre preghiere vocali:

1º) Il primo è il “perfezionismo”, ovvero l’idea che se non preghiamo mettendo molta coscienza, attenzione e sentimento in ogni parola tanto vale non pregare, perché sarebbe come pregare “a pappagallo”.

Chi la pensa così dimentica una cosa importante: Gesù ha detto che se non diventeremo semplici come bambini non entreremo nel Regno di Dio (cfr. Mt 18, 3). Nessuno chiede a un bambino un’attezione totale, né la perfezione di un dottore. Quello che gli si chiede è affetto, amore, e questi esistono anche se il bambino si distrae – non lo fa apposta – e dimentica le cose che ha appena ascoltato.

Quanto è bello ciò che diceva San Josemaría Escrivá: “So che ti distrai nella preghiera. Cerca di evitare le distrazioni, ma non preoccuparti se nonostante tutto continui a distrarti. Non vedi come nella vita naturale anche i bambini più tranquilli si intrattengono e si divertono con ciò che li circonda, senza ascoltare spesso le parole del padre? Questo non implica mancanza d’amore né di rispetto; è la miseria e la piccolezza propria del figlio. Ecco: tu sei un bambino davanti a Dio” (Cammino, n. 890).

2º) Il secondo pericolo è il contrario: è la freddezza, il malcostume di pregare per mera routine. È questo ciò che fanno coloro che pregano meccanicamente, per pura e fredda abitudine, senza impegno, senza consapevolezza di ciò che dicono, senza amore per Dio né desiderio di migliorare. Come diceva Santa Teresa d’Avila, non fanno preghiera, per quanto muovano le labbra. “Quel parlare di corsa, senza luogo per la riflessione – come dice San Josemaría – è rumore”, (Cammino, n. 85).

Il valore della buona volontà

Il buon cammino della preghiera vocale evita sia il perfezionismo che la routine meccanica. E allora cosa ci chiede Dio? Le cose si sempre:

1) In primo luogo amore: saperci dimenticare del nostro egoismo (“Mi piace, non mi piace pregare ora; Ho voglia, non ho voglia; Il fatto di pregare quando sono stanco è un peso, non fa per me…”). Santa Teresina, anche in periodi di grande stanchezza e dolori alla testa, non si dispensava dallo sforzo di mettere amore nella preghiera vocale: “Alcune volte – diceva –, quando il mio spirito si trova in un’aridità tanto grande che mi è impossibile formare un solo pensiero per unirmi a Dio, prego molto lentamente il Padre Nostro e poi l’Ave Maria. Recitate in questo modo, queste preghiere mi incantano e nutrono la mia anima…”

2) In secondo luogo, buona volontà (pregare nel miglior modo possibile, in quel momento previsto, anche se quel “miglior modo” è piuttosto imperfetto). Pensate che Dio non ha bisogno delle nostre opere perfette, ma del nostro amore, di quell’amore che solo noi possiamo dargli.

Facciamo quindi il proposito di valorizzare, praticare e curare di più le preghiere vocali: le preghiere liturgiche (la Messa, per alcuni la Liturgia delle Ore), le preghiere del mattino e della sera, le preghiere ai pasti, il Rosario, l’Angelo di Dio e altre devozioni serie approvate dalla Chiesa (alla Santissima Trinità, al Sacro Cuore di Gesù, allo Spirito Santo…; e alla Madonna e ai santi, nostri intercessori presso il Signore).

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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