E' accaduto in un paese in provincia di Novara perché il parroco sostiene che si crea caos e non si prega
Di cortei funebri gli abitanti di Galliate non ne vedranno più: «Ora si chiacchiera e non si prega», sintetizzando, è il messaggio che il parroco don Ernesto Bozzini ha scritto in una lettera ai fedeli abolendo con l’inizio dell’anno nuovo i cortei funebri ai funerali (La Stampa, 19 gennaio).
SCARSA PARTECIPAZIONE ALLA PREGHIERA
La decisione presa da don Ernesto sta facendo mugugnare da settimane gli abitanti del paese in provincia di Novara. «Vedendo la scarsa partecipazione alla preghiera durante il corteo al cimitero – sulle colonne del settimanale diocesano nonché la situazione di viabilità, si ritiene opportuno concludere il rito delle esequie con l’ultima aspersione sulla porta della chiesa. Si avrà il tempo di avvicinarsi ai congiunti per le condoglianze e in seguito raggiungere con le proprie auto il cimitero senza la presenza del sacerdote, la cui preghiera sul feretro è stata completata con l’aspersione» (Corriere di Novara, 19 gennaio)
“MANIFESTARE LA VICINANZA IN ALTRI LUOGHI”
Il parroco, dunque, stigmatizza il caos lungo il tragitto che conduce al cimitero, e consiglia ai fedeli di «cercare altri luoghi per manifestare la loro vicinanza». Inoltre ha ribadito la sua perplessità di fronte alle critiche: «Anche il suono delle campane la notte era una tradizione, ma quando è stata sospesa perché disturbava nessuno ha protestato».
DISPOSIZIONI LEGITTIME
Di fatto il ragionamento del sacerdote, come conferma ad Aleteia il liturgista don Enrico Finotti, è corretto dal punto di vista delle norme ecclesiastiche. Il rituale delle esequie, se da un lato prevede che i riti si muovono su tre tappe (casa del defunto – chiesa – cimitero), dall’altro non esclude che un parroco possa dare delle disposizioni mirate alla sua comunità, per motivi di traffico, ordine pubblico, o anche per un particolare contesto come è il presunto caos lungo il tragitto.
LA PROTESTA DEGLI ABITANTI
Eppure la gente continua a storcere il naso. «Si sa che ai funerali si parla, è sempre stato così, come sul sagrato della chiesa prima della messa, gli agricoltori si davano consigli sul riso, gli operai parlavano di sindacato, le signore si davano di gomito commentando i vestiti delle altre» racconta Carlo, a La Stampa. Un evento sociale, oltre che religioso, intramontabile misto di fede e gossip. «Ma da qui ad abolirlo del tutto, senza neanche benedire la bara al cimitero, ce ne passa» aggiunge.
LAMENTELE SU INTERNET
Così, l’idea che la città dia l’addio ai suoi morti con un’ultima benedizione sul sagrato della chiesa a molti non va giù. «Ho partecipato ad uno dei primi funerali celebrati con questo sistema – conferma Antonio Vitale, muratore -: è stato triste. Il figlio ha recitato una preghiera nell’attimo in cui è stata chiusa la tomba. L’assenza del prete mi è sembrata squallida, l’intera funzione mi è sembrata priva di significato». E’ stato lui a dare il via sui social alle prime proteste, in molti lo hanno seguito, riportando a galla il ricordo del funerale più celebre di tutti, quello del poeta Achille Varzi, vegliato per giorni.