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10 occasioni in cui il calcio mette alla prova la nostra fede

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Pixabay.com/Public Domain

Catholic Link - pubblicato il 19/01/16

di Sebastian Campos

Il calcio è lo sport più praticato al mondo. Non c’è piazza o parco nel pianeta in cui non si sia giocata una partita. È facile comprendere la sua popolarità se consideriamo che per poterlo praticare basta avere qualcosa da calciare (non dev’essere neanche una palla).

Un’altra caratteristica universale del calcio è che il suo regolamento e la sua logica come gioco sono estremamente semplici e comprensibili da tutti, il che fa sì che si possa giocare senza avere un arbitro. È così semplice che anche papa Francesco utilizza espressioni calcistiche per parlare della vita spirituale: “Gesù ci chiede di seguirlo per tutta la vita, ci chiede di essere suoi discepoli, di ‘giocare nella sua squadra’. La maggior parte di voi ama lo sport. E qui in Brasile, come in altri Paesi, il calcio è passione nazionale. Si o no? Ebbene, che cosa fa un giocatore quando è convocato a far parte di una squadra? Deve allenarsi, e allenarsi molto! Così è la nostra vita di discepoli del Signore” (papa Francesco, Giornata Mondiale della Gioventù, Rio de Janeiro 2013).

Il risvolto della medaglia, tuttavia, è che spesso nella prativa avvengono molte irregolarità. Irregolarità che a volte (quando si gioca con molta passione) fanno sì che risulti difficile essere buoni cristiani sul campo.

Per questo motivo, vogliamo condividere alcune idee per poter essere cristiani in ogni momento. Non è un compito facile, perché probabilmente quelli che giocano con voi non lo faranno molto onestamente, ma credetemi, il campo di calcio può anche essere uno spazio di evangelizzazione. Coraggio!

1. Non rimanete in silenzio se per errore decidono a vostro favore. Un vero uomo vince in modo pulito

Spesso nessuno vede chiaramente cos’è avvenuto, e solo voi sapete cosa è successo davvero. Essere onesti e dire la verità – anche se non favorisce la vostra squadra – non è facile, ma è la cosa migliore. Questo non solo parlerà bene di voi, ma farà sì che i vostri trionfi siano davvero prodotto del vostro sforzo e non delle vostre omissioni. Un esempio è stato Miroslav Klose, giocatore del Napoli, che casualmente ha segnato un gol con la mano. L’arbitro non l’ha visto e ha considerato il gol valido, ma lui con grande onestà ha detto all’arbitro del suo errore.

2. Non siate teatrali

Purtroppo è comune nel calcio professionista esagerare i falli. In molte partite vediamo i giocatori rotolarsi a terra, gridare, coprirsi il volto e fare uno scandalo di dimensioni apocalittiche quando sono vittime di un fallo. Per la maggior parte, queste situazioni sono cadute o colpi non intenzionali. Se vi fanno un fallo o una cosa che vi danneggia, reclamare va bene, la giustizia e la verità sono la prima cosa, ma rotolarsi a terra finché non si ottiene ciò che si vuole e poi uscire correndo come se niente fosse non è la cosa più cristiana da fare. Ricordate che il teatro non è uno sport. Una controtestimonianza è stato David Luiz, giocatore del Chelsea, che non solo ha finto un fallo che ha provocato l’espulsione di colui che l’avrebbe commesso, ma non è riuscito a trattenere le risate quando è stato deciso erroneamente a suo favore.

3. Aiutate il vostro rivale se ne ha bisogno

A volte la passione per il gioco, per il trionfo, per l’onore o per qualsiasi cosa si provi quando si è in campo fa sì che anziché vedere nell’avversario un fratello si veda un nemico, un rivale, una persona antipatica che bisogna sconfiggere. Avete mai pensato a quanto dovreste essere grati per il fatto che esista l’altra squadra? Come potreste giocare se non ci fosse una squadra avversaria disposta a competere sulla base delle vostre stesse regole? Una bella testimonianza di questo l’ha data Samuel Eto’o, giocatore camerunense che non ha avuto alcun problema ad aiutare il portiere della squadra rivale chinandosi umilmente ad allacciargli le scarpe.

4. Esortate i vostri compagni quando sbagliano: volete vincere o solo scaricare la vostra rabbia?

Se il solo fatto di sbagliarsi è già spiacevole, immaginiamo quando lo sbaglio avviene in pubblico, e ancor più quando questo significa che tutta la mia squadra viene pregiudicata quando l’errore è un autogol. Basta la pena che prova il povero malcapitato quando si va e gli si sbatte in faccia il suo errore. Un esempio è il portiere dell’Ajax Mickey van der Hart, che ha sbagliato in modo plateale e ha fatto sì che il passaggio di un compagno diventasse un gol che ha portato alla sconfitta della sua squadra. Bisognava solo sostenerlo, perché la tristezza e la frustrazione sul suo volto erano sufficienti a comprendere che non aveva bisogno di rimproveri.

5. La passione che si trasforma in parolacce e insulti non porta a niente

Quando si ricordano di vostra mamma o mandano dei saluti a vostra nonna, quando vi tirano la maglietta e l’abbraccio che ricevete non è d’affetto (e tutte le altre cose che succedono in campo), sorgono emozioni non molto favorevoli al buon andamento della partita. Lasciate stare e permettete che servano come motivazione per continuare a sforzarvi nel gioco. Dovete fare attenzione a non perdere la testa perché questi eventi non si trasformino in cambiamenti di condotta, mancanza di rispetto o violenza fisica contro gli altri. Contate fino a 10, non restituite i saluti alla mamma di chi ve li ha inviati, respirate a fondo, fate le vostre rimostranze in modo moderato, chiedete scusa e ricordate che è un gioco. La vita non deriva da questo.

6. Dimmi come giochi a calcio e ti dirò chi sei

Favorire gli altri, essere generoso, cercare di far sì che gli altri tirino fuori il meglio di sé e usare i miei doni a favore dei miei compagni è un modo di amare che si applica sia in campo che fuori. Non si tratta solo di approfittare delle opportunità che mi dà il calcio per dimostrare il mio talento, ma di aiutare gli altri, e anche se suona molto ecclesiale, fare comunità in campo. Un bell’esempio, coronato da un gol splendido, è quello di Emre Cam, giocatore del Liverpool, che non solo dimostra la sua capacità nel controllare la palla, ma favorisce il compagno di squadra in modo eccezionale regalandoci un gioiello.

7. Non siate orgogliosi. Se sbagliate, chiedete scusa

A volte sbagliamo un passaggio o una ricezione, altre volte non misuriamo le nostre forze e colpiamo qualcuno, o ci sono casi in cui non ci capiamo bene con i compagni di squadra. Riconoscere i nostri errori non è una cosa riservata al confessionale. Ci sono momenti della partita in cui devo essere umile e ammettere che avrei potuto fare meglio. Molto noto è il caso in cui Luis Suárez, giocatore della nazionale urugayana, morde un rivale. È stato deriso molto e sanzionato. Lui ha chiesto umilmente scusa a tutti coloro che erano stati danneggiati dalla sua condotta incontrollata.

8. Correggete, coordinate, incoraggiate, aiutate, commentate: comunicate con la vostra squadra!

Abbiamo già detto che trasformare la nostra squadra in una comunità è un bell’obiettivo da perseguire. Riconoscere che, come nella Chiesa, siamo tutti parte di un corpo con caratteristiche particolari, virtù e limiti ci aiuterà non solo a trarre il meglio da noi stessi, ma migliorerà anche il nostro rendimento come squadra. Comunicare è la chiave per vivere la comunione. Non c’è nulla di più triste di una squadra in cui ci si grida contro riprendendosi in ogni momento, in cui si vede solo confusione con la palla che va da una parte all’altra senza senso. I protagonisti del video ci offrono un esempio di comunicazione, preparando un tiro estremamente coordinato senza dire una parola. Come insegna bene il Concilio Vaticano II, “esercizi e manifestazioni sportive (…) giovano a mantenere l’equilibrio dello spirito, ed offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di razze diverse” (Gaudium et spes, 61).

9. Non siate negativi con voi stessi: provare è importante

Il calcio dev’essere tra i pochi sport in cui statisticamente si considerano i “quasi”. Quando vediamo il riassunto di una partita, i commentatori sportivi riferiscono i tiri in porta e tutto il resto per indicare che una squadra è stata teoricamente più offensiva dell’altra. Di fatto, riteniamo che la nostra squadra giochi bene quando cerca di fare molti tiri in porta indipendentemente dall’esito. Provare e riprovare, da vicino e da lontano, pensare a nuove strategie e a nuovi metodi, è qualcosa che si applica non solo in campo, ma anche nella vita.

10. Quanto si sarebbe sforzato, o come avrebbe reagito Gesù?

Lo sforzo ha valore in sé, mostra il nostro carattere, i nostri valori, le nostre convinzioni ed esprime la nostra passione per ciò che facciamo. Sforzarci per raggiungere qualsiasi obiettivo nobile, sia esso un gol o un titolo universitario, mantenere un lavoro o rafforzare la nostra famiglia, è qualcosa di grande. Gesù stesso ci invita a compiere uno sforzo extra, a correre un minuto di più e a uscire dalle nostre comodità. Nel Vangelo di San Giovanni, quando ci interpella ad amare come Egli ha amato, potremmo trarre qualche idea per il calcio, dicendo in questo caso: “Giocate come io ho giocato”, e in questo modo essere come Gesù nei sentimenti, nel valore, nell’impegno, nella lotta e nell’amore. Imitarlo dentro e fuori dal campo cambierà non solo il nostro gioco e il nostro rendimento, ma anche tutta la nostra vita e quella di coloro che ci circondano. Ricordate che il campo di calcio è anche un campo di evangelizzazione! Un esempio di questo sono tutti coloro che non saranno superstar dello sport, ma settimana dopo settimana si sforzano e sudano fino all’ultima goccia dando tutto.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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