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Il ddl Cirinnà alla prova dei partiti

Italian Parliament (men and women) – it

AFP PHOTO / ANDREAS SOLARO

ITALY, Rome : Newly appointed Italian Prime Minister Matteo Renzi (C) delivers his speech during a debate for a confidence vote at the Italian Senate on February 24, 2014 in Rome. Matteo Renzi was nominated to be the European Union's youngest prime minister on February 17 and immediately outlined an ambitious reform plan, promising "energy, enthusiasm and commitment" to revitalise the eurozone's third largest economy. AFP PHOTO / ANDREAS SOLARO

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 15/01/16

Fibrillazioni nel PD e linea molto incerta anche in Forza Italia. Il mondo LGBT si appella a Beppe Grillo.

La fronda interna al Partito Democratico guidato dal premier Matteo Renzi è stata indicata al grande pubblico tramite una lista pubblicata sul portale di cultura LGBT, Gay.it, che di fronte alle proteste dei senatori coinvolti che hanno gridato alla “lista di proscrizione” ha risposto così:

E’ una situazione che si ripete in altre forze politiche del Parlamento, che sul provvedimento di approvare le Unioni Civili (cioè il cosiddetto ddl Cirinnà) in Italia hanno trovato divisioni e distinguo. Specialmente sul punto – invero il più delicato e divisivo – della cosiddetta “stepchild adoption”:

Questa norma prevede la possibilità di adottare, da parte dei coniugi legati da un’unione civile, un bambino che sia figlio naturale o adottivo di uno di loro due. La norma in questione è stata la principale ragione di attrito tra il Pd e Ncd, che, come riferito dal premier Matteo Renzi, sono “d’accordo sul 95 per cento del testo”. L’eccezione, appunto, è la stepchild adoption. Secondo Ncd, infatti, il provvedimento favorirebbe la pratica del cosiddetto “utero in affitto”, il fenomeno, illegale in Italia, per cui le donne mettono il proprio corpo a disposizione per una gravidanza di una famiglia biologicamente non in grado di riprodursi, il tutto in cambio di denaro. Nonostante la contrarietà di Ncd su questo punto, ci sono numerosi parlamentari al di fuori della maggioranza di governo pronti a votare questo articolo, come ad esempio il Movimento Cinque Stelle, ma i timori del Pd sono legati soprattutto a come l’eventuale approvazione di questa legge con l’articolo sullastepchild adoption possa logorare i rapporti con l’alleato e privare il governo dei numeri per mantenere la maggioranza (The Post Internazionale, 19 ottobre 2015)

Ed è proprio a Beppe Grillo e al Movimento 5 Stelle che la presidenza dell’Arcigay ha fatto un appello perché il gruppo parlamentare pentastellato non si sfili per tattica politica:

“È un fiorire di no alle legge sulle unioni civili. Ancora una volta le forze politiche si dimostrano impreparate a far compiere un salto nella civiltà all’Italia”: lo dichiara Gabriele Piazzoni, segretario nazionale di Arcigay. “Tattica e veti – prosegue – la fanno da padrone anche questa volta. Le nostre piazze in tutta Italia il 23 gennaio saranno una risposta civile, ma serve una maggioranza in Parlamento che metta fine al balletto dei no. Sulla carta i numeri ci sono, la maggioranza trasversale c’è nonostante le fibrillazioni di una minoranza dei Senatori PD. Il sì del Movimento 5 Stelle c’è stato sin da subito. Non vorremmo che adesso per contingenze di scontro politico venisse meno. Per questo mi rivolgo anche a Beppe Grillo: ci aiuti a salvare le unioni civili. Con i voti dei Cinque Stelle la legge può passare”

I parlamentari cattolici del PD – tantissimi di provata fede renziana – rischiano di far riemergere il tema dell’identità del Partito nato dalla fusione tra Margherita e Democratici di Sinistra e soprattutto di aprire una frattura nella solidità della maggioranza di Governo che sostiene il premier, stretto tra le promesse della Leopolda e le esigenze di non rompere con l’alleato NCD. Scrive Repubblica:

Il testo dei deputati serve a consolidare la posizione dei contrari a Palazzo Madama. Cosa chiedono i cattolici? Una “riformulazione più coerente degli articoli 2, 3 e 4” per evitare “pedissequi” richiami al codice civile sul matrimonio, cioè un’equiparazione. Le unioni civili devono essere ben distinte dalle nozze. Un riferimento in premessa all’articolo 2 della Costituzione. Ovvero: alle coppie gay sono riconosciuti i diritti personali ma non quelli degli sposati. Infine, lo stralcio dell’adozione oppure la sua “sostituzione” con soluzioni “che garantiscano la piena tutela dei minori”. Il punto è non “legittimare o incentivare” l’utero in affitto che nel manifesto viene definito un “comportamento gravemente antigiuridico “.

Attualmente coloro che non si sono detti disponibili a votare il testo così com’è sono 21. Nel frattempo Scelta Civica – o quel che resta – e i centristi di NCD/Area Popolare hanno detto no in blocco alla norma e il partito di Silvio Berlusconi, Forza Italia, esce dalla propria direzione di ieri con un “no” alla legge, ma lasciando libertà di coscienza come emerge dalle dichiarazioni dell’ex ministro Stefania Prestigiacomo e di precedenti dichiarazioni come quelle della Brambilla.

Dentro Fi, però, c’è anche chi è tentato di votare solo alcune parti del testo, riservandosi di decidere sul voto finale. Come diversi deputati vicini a Mara Carfagna, contrari alle adozioni. Ma non solo. «Personalmente non sono favorevole al Ddl Cirinnà perché sono contraria alla step child adoption. Ma altre parti del testo potrei votarle, con un’attenta riflessione», spiega a Giornalettismo anche Elena Centemero. Una posizione non isolata, soprattutto alla Camera dei deputi. Anche perché, non pochi si sentono rassicurati pure dalle parole di Berlusconi. Perché lo stesso leader durante la riunione ha rivendicato come Fi sia «favorevole alle Unioni Civili, ma non al disegno di legge Cirinnà, per le troppe criticità emerse». Comprese alcune di carattere costituzionale-giuridico, come ha rilanciato pure l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma, autore di una relazione tecnica sul provvedimento.

I numeri nonostante tutto sembrano non esserci precisamente al Senato anche se la questione del voto – previsto il prossimo 26 gennaio – potrebbe ulteriormente slittare per non mettere in pericolo quello sulle riforme costituzionali da un lato, e la crisi di Governo dall’altro. Con molta probabilità inoltre Matteo Renzi, da attento ascoltatore della piazza, potrebbe voler attendere l’esito anche della piazza del Family Day prevista per il 30 di Gennaio.

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