Ennesimo rapimento di donne in Pakistan a causa della propria fede religiosa. Una “prassi” ricorrente nel Paese asiatico. Che resta clamorosamente impunitaUna diciottenne cristiana del distretto Kasur, nel Punjab pakistano, è stata rapita da un uomo musulmano con i suoi complici mentre era sola in casa. I genitori hanno depositato denuncia contro i rapitori (Fides, 11 gennaio).
RAPIMENTO MIRATO
In Pakistan per la minoranza cattolica le condizioni di vita sono sempre più difficili. La denuncia del rapimento di donne è purtroppo una prassi ricorrente.
La famiglia della ragazza ha contattato l’avvocato cristiano Sardar Mushtaq Gill, che ha accettato di seguire il caso. «Data l’esperienza di un certo numero di questi casi, posso dire che spesso i sequestratori prendono le ragazze cristiane a scopo di matrimonio e conversione all’Islam in modo forzato», spiega Sardar Mushtaq Gill a Fides.
ABUSI IMPUNITI
La pratica dei rapimenti si inserisce nel quadro della condizione di subalternità della donna nella società pakistana, specie nelle aree rurali. Le donne appartenenti alle minoranze religiose, però, sono doppiamente vulnerabili dato che gli uomini musulmani si sentono garantiti dall’impunità nel commettere tali abusi e trovano spesso il sostegno della polizia e della magistratura (Aleteia, 29 ottobre 2016).
VUOTO DI NORME
«E’ frequente che donne di minoranze religiose siano rapite e gli autori dei sequestri godano di impunità, perché non esiste una normativa in materia di conversione forzata», osserva l’avvocato, che guida l’Ong Lead (Legal Evangelical Development Association).
Con la nostra organizzazione Lead, «stiamo cercando di segnalare il problema della conversione forzata alle autorità, sostenendo una corretta legislazione in materia di conversione forzata».
“SCELTA VOLONTARIA”
Secondo dati delle Ong, sono circa mille le ragazze delle minoranze religiose cristiane e indù rapite ogni anno in Pakistan. Le storie seguono un cliché: la famiglia della vittima presenta denuncia ma il rapitore presenta una contro-denuncia, affermando che la donna “ha compiuto una scelta volontaria”. Nella maggior parte dei casi, le vittime sono adolescenti minorenni e sono sottoposte a violenza sessuale e abusi domestici. Se si arriva davanti al giudice, le ragazze, minacciate e sotto indicibili pressioni, confermano la libera scelta e depongono a favore dei loro aguzzini. Così il caso viene chiuso.