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Chi sono gli Hare Krishna? Religione o setta?

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Miguel Pastorino - Aleteia - pubblicato il 11/01/16
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Hanno principi che regolano l’alimentazione e la sessualità ed è proibita la “speculazione mentale” (ragionare)Chi non si è imbattuto per strada o sui mezzi di trasporto in qualche giovane con la testa rasata che vendeva incenso, libri di cucina vegetariana o sulla reincarnazione delle anime? Chi sono questi giovani che con tuniche che ricordano l’induismo o il buddismo si avvicinano amichevolmente per offrirci la propria letteratura o ci invitano a una degustazione di cibo vegetariano? Sono noti come Hare Krishna.

Da dove vengono?

L’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna (ISKCON), i cui membri sono noti popolarmente come Hare Krishna, è una setta di origine induista. Anche se insegna che le sue origini risalgono al XVI secolo come ramo dell’induismo, la sua vera origine ha avuto luogo in pieno XX secolo in India, passando poi a New York nel 1965 e da lì al resto del mondo.

Il fondatore è stato l’induista Abhay Charan De, nato a Calcutta nel 1896 e che si è dato il nome spirituale di Sua Divina Grazia A. C. Bhaktivedanta, Swami Prabhupada. Nel 1922 ha trovato quello che sarebbe stato il suo maestro, Swami Bhaksidhanta Sarasvati, che lo ha proclamato “Sanyasa” (santo) e gli ha ordinato di diffondere in tutto il mondo la millenaria scienza spirituale dell’India, nota come Bhakti Yoga.

Il 18 settembre 1965 è arrivato negli Stati Uniti, dove a poco a poco ha iniziato a riunire giovani che lo hanno seguito e ha fondato il suo primo tempio a New York. Da allora la crescita è stata esponenziale, e oggi al mondo ci sono circa 20.000 membri, anche se spesso esagerano i propri numeri.

Prima della morte, Sarasvati ha eletto undici dei suoi discepoli di maggiore anzianità perché trasmettessero alle nuove generazioni il suo percorso spirituale. È morto il 14 novembre 1977 a Mathura, in India, dopo aver scritto più di 70 volumi di traduzioni e commenti dei testi religiosi più importanti dell’India. I suoi scritti sono diventati la guida dottrinale del movimento.

Dottrina: adorazione di Krishna

I membri credono a Krishna, non come avatar di Visnù (come lo intende l’induismo), ma come divinità unica, Verità suprema, Dio onnisciente e onnipotente.

Lo omologano al Dio di qualsiasi fede monoteista, rivolgendosi a lui con il termine “Hare”, che esprime profonda adorazione. Per loro, tutto deriva da Krishna per emanazione e tutto ritorna a lui alla fine di ogni ciclo cosmico.

L’uomo era un essere originariamente spirituale, ma ha perso il suo stato originario, e dopo la sua caduta è rimasto composto da un corpo materiale, un corpo sottile, immateriale, e un corpo spirituale. Il corpo spirituale è l’“io autentico” (atman), che è immortale, una scintilla tratta dal fuoco divino di Dio.

L’aspirazione dell’uomo è raggiungere la “coscienza di Krishna”, rendersi conto della sua natura divina, per non contagiarsi con il mondo apparente (sensoriale) e tornare così alla fusione con Krishna.

Ci sono tre gradi di iniziazione: nel primo si riceve un nuovo nome e si rinuncia alla propria vita passata (famiglia, professione, rapporti sociali, regime alimentare…), nel secondo si acquisiscono e si sviluppano le qualità di guida spirituale e nel terzo si viene portati alla rinuncia totale o consacrazione totale di pensieri, parole e azioni a Krishna, ricevendo il titolo di “Swami”.

La lettura principale è il Baghavad Gita, ma sono normativi i testi e le interpretazioni dottrinarie del fondatore.

Recitare mantra e pensare il meno possibile

La norma più nota è la recita del mantra: “hare krishna, hare krishna, krishna, krishna, hare hare, hare rama, hare rama, rama rama, hare hare”, che bisogna ripetere 1728 volte al giorno. Ci sono poi principi di regolamentazione dell’alimentazione e della sessualità, nonché il divieto di “speculazione mentale” (non ragionare).

Bisogna poi accettare senza riserve tutti i testi dottrinali e le libere interpretazioni del fondatore.

Per evitare il ciclo di reincarnazioni, gli Hare Krishna si dedicano esclusivamente al Signore (Krishna), praticando Bhatki Yoga o servizio devozionale.

Vivono in strutture chiuse sotto la rigida autorità del guru che presiede il tempio. Si alzano alle 3 o alle 4 del mattino e hanno un primo pensiero a favore del loro maestro spirituale. Poi si lavano con acqua fredda e davanti all’altare si dipingono con del gesso le braccia, il petto e la fronte, per poi recitare il mantra. Terminata la meditazione personale onorano il maestro con offerte di fiori e assistono a una formazione sui libri sacri.

Verso le 8 fanno una colazione vegetariana e poi alcuni vanno in strada a vendere libri, altri svolgono lavori di pulizia e i più giovani seguono corsi di formazione.

La sessualità esigerebbe un articolo a parte, visto che i rapporti sessuali sono proibiti nel tempio, a meno che non si tratti di una coppia consacrata, ma l’ideale è la castità assoluta. Alle coppie viene raccomandato di avere rapporti sessuali solo per procreare bambini “con coscienza krishna”.

Lavaggio del cervello?

Per la gran parte degli esperti in materia, gli Hare Krishna sono una setta pericolosa in cui si praticano le più note tecniche di riforma del pensiero, trasformando l’adepto in uno schiavo del gruppo. Enumereremo solo alcune tecniche di manipolazione note a partire dai loro insegnamenti e dalle loro pratiche:

– Isolamento dal mondo esteriore. Insegna Prabhupada: “I rapporti intimi della famiglia non sono altro che una malattia della pelle. Quando una persona si occupa dei doveri della coscienza di Krishna, non ha bisogno di agire in relazione al mondo materiale, o con i doveri nei confronti delle tradizioni familiari…”.

Se l’adepto diventa un fanatico seguace dei suoi insegnamenti, è molto facile capire il progressivo allontanamento dalla famiglia e dagli amici per una consacrazione totale alla setta.

– Indebolimento fisico: Prabhupada interpreta così il testo 17 del Baghavad Gita: “Qualsiasi momento che si disprezza dormendo in modo superfluo viene considerato una grande perdita. Una persona consapevole di Krishna non può sopportare di passare un minuto della sua vita senza occuparsi del servizio del Signore. Il suo sonno si mantiene dunque al minimo. In questo aspetto, il suo ideale è Srila Rupa Gosvani, che è sempre occupato al servizio di Krishna e non poteva dormire più di due ore al giorno, e a volte neanche quelle”.

Se alle poche ore di sonno aggiungiamo l’alimentazione impoverita per via di un vegetarianesimo esagerato, scarso di proteine, e il lavoro quotidiano di proselitismo di strada e le ore dedicate ai rituali, è comprensibile che i giovani adepti si debilitino a poco a poco, diventando più docili a qualsiasi processo di manipolazione psicologica.

– Non pensare: Si proibisce direttamente la “speculazione mentale”. In varie ricerche è stato dimostrato che si stimola dottrinalmente a non pensare, ad avere la mente occupata solo in Krishna e ad obbedire al maestro, senza mettere in discussione niente.
Gli adepti vengono allenati ad occupare la propria mente in modo da inibire la coscienza critica. Si raccomanda ai devoti di “allenare la propria mente perché siano incapaci di ricordare altro che non sia Krishna”.

Testimonianze

La storia di denunce dagli anni Settanta ai giorni nostri è lunga, anche se alcuni distinguono gruppi più fondamentalisti e fanatici e altri più aperti e tolleranti all’interno degli Hare Krishna. Ecco qualche testimonianza raccolta in vari libri di ricercatori che hanno scritto su questa setta:

“Mi trovavo da quasi due anni in un tempio olandese degli Hare Krishna. Un pomeriggio, il responsabile del tempio rimproverò molto severamente una compagna per una questione di raccolta di denaro. La umiliò fino a farla piangere, e allora disse che noi donne non eravamo degne di servire Krishna. La mia compagna protestò, mentre noi altri devoti che eravano nella sala rimanevamo in silenzio, recitando il mantra. Non ricordo molto bene la scena, ma il responsabile finì dicendo che se si credeva davvero degna di Krishna si doveva buttare dalla finestra. E lei lo fece. Si sfracellò al suolo e si disse alla polizia che la ragazza si era suicidata perché aveva molti problemi personali. Non ho mai capito cosa sia successo, è tutto come una nebulosa. Ci ho messo mesi a reagire, ma alla fine ho lasciato la setta e sono tornata in Spagna” (testimonianza citata da Pepe Rodríguez).

“Il tempio degli Hare Krishna era come un campo di concentramento in cui ci era stato fatto il lavaggio del cervello e ci era stato insegnato che chi non apparteneva al gruppo (il resto della società) era un cane, un cammello, un maiale e un asino, come dice il canto 12 del Srimbad Bhagavatam. In una parola, mi sono reso conto con orrore che avevo vissuto in un mondo pazzo, come quello di Jim Jones, e che avrebbe potuto finire come la Guyana, con un suicidio collettivo” (testimonianza citata da Alfredo Silleta).

“Un pomeriggio arrivò nel mio studio una madre con il figlio 19enne che si era buttato dal balcone e si era rotto un braccio fuggendo da una sede degli Hare Krishna a San Paolo, in Brasile. Essendo stato ricoverato in ospedale, era riuscito a telefonare ai genitori a Montevideo e lo erano andati a prendere. Il ragazzo, con lo sguardo stralunato e il suono dei tamburi nelle orecchie, mi ha raccontato e confermato quello che già sapevo della vita e dei principi dei membri di questa setta” (sacerdote Julio C. Elizaga).

 

BIBLIOGRAFIA

ELIZAGA, Julio C. (1988). Las sectas y las nuevas religiones a la conquista del Uruguay. Montevideo: La Llave.

GARCÍA HERNANDO, J. (1993). Pluralismo religioso II. Sectas y nuevos movimientos religiosos. Madrid: Atenas.

GUERRA GÓMEZ, M. (2005). Diccionario Enciclopédico de las Sectas. Madrid: BAC.

SILLETTA, A. (2007). Shopping espiritual. Las sectas al desnudo. Buenos Aires: Planeta.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]