Condanne unanimi per la rappresentazione di Dio sulla copertina. Una banalizzazione della religione di cattivo gusto
Un assassino in fuga per il mondo: non è Salah Abdeslam, l’ancora imprendibile responsabile degli attentati parigini del 13 novembre scorso, ma Dio in persona. Che appare come siamo abituati a vederlo raffigurato nel mondo di antica cultura cristiana, sulla volta della Sistina o nelle altre edicole, quelle votive, solo che tra la barba bianca e il simbolo della Trinità si accende uno sguardo allucinato, la veste e le mani sono macchiate di sangue e, assicurato alle spalle, c’è un kalashnikov pronto al fuoco (Avvenire, 5 gennaio).
BLASFEMIA PURA
È la copertina del numero speciale che il settimanale francese Charlie Hebdo manderà in edicola il 6 gennaio, a un anno dalla strage che costò la vita a dodici persone. Disegnata dal direttore Laurent Sourisseau, in arte Riss (rimasto a sua volta ferito nell’attacco del 7 gennaio 2015), la vignetta dovrebbe confermare il carattere spregiudicato del giornale, che si fa un vanto di non arretrare davanti a nulla, tanto meno davanti alla blasfemia.
L’ESTREMISMO DEL SETTIMANALE
Che questa sia la posizione di Charlie Hebdo è noto da tempo. A stupire, attacca Avvenire, è semmai la reiterata rozzezza di una semplificazione che non prevede distinzione alcuna tra fede e fondamentalismo, cadendo a sua volta in un’intransigenza di segno opposto.
SDEGNO UNANIME
Charlie Hebdo è riuscito nell’impresa di unire Chiesa cattolica e musulmani di Francia. Ai vescovi francesi e al Consiglio del culto musulmano proprio non è piaciuta la copertina del numero speciale del settimanale (Ansa, 5 gennaio).
CARICATURA CHE “FERISCE”
«La Conferenza episcopale francese non commenta chi cerca solo di provocare. E’ il genere di polemiche di cui la Francia ha bisogno?», scrivono i vescovi transalpini sul loro account Twitter ufficiale, mentre il presidente del Consiglio del culto musulmano Anouar Kbibech si dice «ferito» dalla caricatura, che «colpisce tutti i credenti delle diverse religioni” in un momento in cui ci sarebbe invece bisogno di “segni di distensione».
“IL NOSTRO DIO E’ DISARMATO”
La risposta più bella alla vignetta è arrivata dall’abate Pierre-Hervé Grosjean, che l’ha scritta sul suo account Twitter: “Dal presepe alla croce, il nostro Dio si mostra disarmato. E lascia che si facciano di lui caricature, senza smettere di amare”. Non è Dio che assassina, sono gli uomini. Del resto, non hanno bisogno di Dio per farlo su grande scala. Le ideologie più mortali del XX secolo, il nazismo e lo stalinismo, non avevano nulla di religioso, anzi erano antireligiose (La Croix, 5 gennaio)..
GLI UOMINI ASSASSINi
Certo, nel corso della storia, la religione è stata purtroppo un fattore di violenze ed è ancora così in molti luoghi. Ma la religione non spiega tutto, al contrario Oggi si parla molto dello scontro tra l’islam sunnita e l’islam sciita. Sarebbe forse ancor più giusto parlare della rivalità tra il mondo arabo e il mondo persiano. Non è Dio che assassina, sono gli uomini. Ma Dio ha bisogno degli uomini per fare il bene, sentenzia il principale quotidiano cattolico francese.
ORGOGLIOSI DI RIDICOLIZZARE
Allo stesso tempo, come nota il Corriere della Sera (5 gennaio) va ricordato che la ragion d’essere di Charlie Hebdo non è mai stata di rappresentare il sentire comune, o di assecondare le diverse sensibilità. Charlie Hebdo ridicolizza orgogliosamente le religioni dal 1970, l’anno di nascita.
UN “DIRITTO” CHE ESISTE
L’attentato del 7 gennaio ne ha triplicato le vendite medie (stabili intorno alle 100 mila copie), ma il settimanale fondato da François Cavanna e Georges Bernier è sempre stato un foglio satirico marginale, anticlericale e antisistema, che si pone come obiettivo di non prendere nulla sul serio, tantomeno Dio. Riss e gli altri esercitano un diritto alla blasfemia che può dare risultati poco divertenti, può piacere o disgustare, ma esiste, almeno in Francia. Un “diritto”, dunque, che difficilmente sarà arginato dalle proteste di cristiani e musulmani. Ma che lascia la porte aperte a conseguenze anche altrettanto incontrollabili.