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Un po’ di umorismo nella preghiera

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Aleteia - pubblicato il 17/12/15

Parlare con Dio è talmente semplice che molti si perdono sulla via. Sarà perché non sappiamo sorridere?

di Jacques Gautier

La preghiera è così semplice che molti la lasciano la metà. Forse ci manca un po’ di senso dell’umorismo?

Bisogna essere capaci di non essere troppo seri quando si dedicano dei minuti al raccoglimento, al silenzio, senza sforzo, per rivolgere la nostra attenzione affettuosa a Dio. Egli è lì, come me, anche se non sento nulla.

Il Signore preferisce la nostra intenzione alla nostra attenzione, che spesso è carente. Vuole che rimaniamo tranquilli, in pace, in attesa di tutto ciò che è Lui, nella fede, nella speranza e nell’amore.

Questo tempo dedicato a Dio aumenta un desiderio che si manifesta nell’aspirazione a raggiungere la libertà, l’amore. La preghiera risveglia il desiderio; la volontà di amare lo dispiega.

Stare lì

Un giorno il parroco della basilica di Ars, nell’est della Francia, terminò la sua ora di preghiera in chiesa con l’impressione che Dio fosse molto lontano.

Sentiva una grande aridità dentro di sé, come succede spesso alle persone che perseverano in questo esercizio di “cuore a cuore” con Gesù. Il buon parroco si alzò, guardò il crocifisso e disse, divertito: “In ogni caso, Signore, io ero lì”.

Sicuramente il Signore è sempre lì, anche se può sembrare lontano, silenzioso o distante, per cui possiamo muovergli un rimprovero con dolcezza, come il salmista che domanda al Signore se lo ha dimenticato e per quanto tempo gli nasconderà il suo volto (cfr. Sal 12).

La stessa sensazione ha fatto dire a Teresa d’Avila: “Dal modo in cui tratti i tuoi amici, Signore, capisco perché non ne hai molti”.

Madre Teresa ha vissuto per cinquant’anni l’angoscioso senso dell’assenza di Dio. Dietro il suo meraviglioso sorriso si nascondeva quella che ha definito “la notte della fede”, conosciuta dalla sua patrona Santa Teresina di Lisieux.

Madre Teresa si è aggrappata alla fede pura, lottando contro il tormento per cui Dio non era Dio, non esisteva, e nonostante tutto non ha perso il buonumore e l’allegria, frutto delle ore di adorazione in cui placava la sua sete di Gesù.

Anche suor Emmanuelle, morta nell’ottobre del 2008, irradiava un’allegria contagiosa. La parola che le piaceva ripetere era araba: Yalla! (Avanti!).

Per lei, Dio andava sempre avanti e le parlava con naturalezza e fiducia nella preghiera, come a un amico.

La sua fede era piena di speranza. Quando si presentava un ostacolo, prendeva il suo rosario, recitava le sue dieci decine e recuperava il sorriso.

Umiltà e umorismo

I santi trovano il buonumore nel loro rapporto con il Signore. “Un santo triste è una tristezza di santo”, dice un proverbio. Hanno la capacità di non prendersi troppo sul serio, perché si mostrano distaccati da sé.

Pensiamo alla gioia di Francesco d’Assisi, al buonumore di Bernadette Soubirous, all’affabilità di Giovanni XXIII. E se l’umorismo fosse una forma di santità simile all’umiltà che possiamo percepire in Cristo?

Chi prega ogni giorno diventa più umile, più autentico, più distaccato da sé, più vicino alle persone che lo circondano. Non si confonde con nessun altro; vive il momento in attesa del suo Signore.

È capace di sorridere nonostante le difficoltà della vita, perché sa che Cristo lo accompagna nel suo cammino verso la croce.

La preghiera purifica lo sguardo, toglie drammaticità al quotidiano, mette le ali all’amore. Se ci perdessimo nel cammino, potremmo sempre riprenderlo con un po’ di umorismo e di cuore.

Come diceva Gandhi, “vale più mettere il cuore nella preghiera senza pronunciare tante parole che trovare le parole senza metterci il cuore”.

La consapevolezza dell’amore

L’umiltà e l’umorismo ci aiutano nel cammino della vita con la fiducia nel Signore. Vanno di pari passo, non esistono l’una senza l’altro, sia nella vita quotidiana che nella preghiera.

Siamo esseri terreni, e con la fragilità delle nostre radici ci rivolgiamo a Dio nella preghiera.

È importante resistere, non scoraggiarsi, permettere in noi l’umorismo divino. “Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Cor 1, 27).

La preghiera contemplativa ci fa recuperare la nostra consapevolezza dell’amore, il nostro cuore da bambino. Ci lasciamo trasportare da questo Dio che ha sete del nostro amore, che vuole nascere nella mangiatoia del nostro cuore.

Entriamo nel suo gioco divino, contempliamo il suo mistero nel presepe: il Natale. Ci arrendiamo tra le sue braccia come un bimbo piccolo dorme senza timore tra le braccia di suo padre. Beato chi riposa così, perché non affatica gli altri.

Preghiera attribuita a San Tommaso Moro

Signore, dammi una buona digestione, e anche qualcosa da digerire.
Dammi un corpo sano, Signore, e la saggezza per conservarlo tale.
Dammi una mente sana, che sappia penetrare la verità con chiarezza,
e alla vista del peccato non si sgomenti, ma cerchi una via per correggerlo.
Dammi un’anima sana Signore, che non si avvilisca in lamentele e sospiri.
E non lasciare che mi preoccupi eccessivamente di quella cosa incontentabile che si chiama “io”.
Signore, dammi il senso dell’umorismo: dammi la grazia di cogliere uno scherzo,
per trarre qualche allegrezza dalla vita, e per trasmetterla agli altri.

Amen.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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