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Funerale cattolico per Licio Gelli. E’ giusto?

Licio Gelli

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 17/12/15

Se c'è pentimento la Chiesa è tenuta ad accompagnare il defunto

La salma di Licio Gelli (morto il 15 dicembre) sarà trasportata da villa Wanda alla chiesa della Misericordia per la camera ardente, i funerali si svolgeranno domani a Pistoia alle 15.00. Gelli sarà tumulato nella cappella di famiglia nel cimitero monumentale della Misericordia di Pistoia, dove già riposa la prima moglie, Wanda. L’abito funebre di Licio Gelli: spilla fascista sul risvolto della giacca e gli occhiali riposti nel taschino, all’anulare destro un anello con stemma nobiliare. A darne notizia è l’agenzia di stampa Ansa sul proprio sito (17 dicembre).

Il “pubblico scandalo”

Tuttavia tornano subito alla memoria, se non altro per il cosiddetto “pubblico scandalo” tanto i funerali del patriarca dei Casamonica a Roma quest’estate, sia il più distante ma ancora vivo nella memoria italiana, del mancato funerale religioso per Piergiorgio Welby. La vedova del militante radicale che scelse di interrompere le cure e darsi così la morte all’Huffington Post dice così:

“Su mio marito ci fu un giudizio politico, in quanto radicale, il Vaticano non ama i radicali”. Piergiorgio “non voleva il suicidio”, lui chiese l’eutanasia: “voleva una legge- dice ancora all’agenzia dire- che comprendesse varie scelte che l’uomo può fare alla fine della propria vita, compresa l’eutanasia. Per lui era una morte dignitosa”.

Secondo Mina Welby “Tutti quelli che lo volessero dovrebbero avere i funerali. Com’è stato per Vittorio Casamonica, per Gelli e doveva essere così per Piergiorgio. Avere un funerale o meno deve essere una scelta della persona. Io personalmente vorrei arrivare ad una legge per l’eutanasia, al punto di non avere il funerale. I cittadini mi accompagneranno in altra maniera”.

Per Piergiorgio “i funerali non erano importanti, me lo disse poco prima di morire. Mi prese da parte e mi disse ‘per me non sono importanti, ma per mamma fallo’. Lui era un credente agnostico, ha ricevuto tutti i sacramenti, noi ci siamo anche sposati in chiesa. Ora spero che il papa dirà qualcosa su questo, siamo nel giubileo della misericordia. Lo aspetto”.

Ma cosa dice la Chiesa in merito?

Ai peccatori manifesti, cioè pubblicamente conosciuti come tali dai fedeli, sono concesse le esequie
religiose solo se prima della morte hanno dato qualche segno di pentimento. A spiegarcelo è il professorVincenzo Pacillo, associato di diritto ecclesiastico presso l’Università di Modena, che ci indica chiaramente quali sono i canoni del diritto canonico che regolano la questione sacramenti per i defunti. “Il canone 1007 del Codice di Diritto Canonico (CDC) – prosegue il professor Pacillo – proibisce il conferimento dell’Unzione degli infermi a “coloro che ostinatamente perseverano in un peccato grave manifesto”. Ma il peccato manifesto si riverbera anche sulla disciplina delle Esequie ecclesiali: “Se prima della morte i peccatori manifesti non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche” (can. 1184, 1, 3° CDC). “Presentandosi qualche dubbio, si consulti l’Ordinario” (can. 1184, 2).
A chi è escluso dalle esequie ecclesiastiche, deve essere negata anche ogni Messa esequiale” (can. 1185 CDC). Queste norme canoniche non proibiscono le Messe di suffragio: la negazione delle esequie non è e non può essere un giudizio circa la loro salvezza eterna”. “Le disposizioni sul rifiuto di esequie ecclesiastiche non hanno una valenza punitiva, che caso mai caratterizza solo le ipotesi di defunti apostati, eretici o scismatici. Esse hanno principalmente lo scopo di evitare pubblico scandalo nei fedeli – spiega ancora il canonista -. Peraltro, come tutte le norme del diritto canonico tali disposizioni vanno applicate secondo equità canonica, dal momento che il diritto canonico è strutturalmente ed ontologicamente dinamico, capace di adattarsi alle specificità del caso concreto. L’idea generale che sottintende il diritto nella Chiesa è sempre la salus animarum e quindi (specie in caso di esequie) la misericordia”

Secondo la dichiarazione sulla massoneria a firma dell’allora prefetto Cardinal Joseph Ratzinger, rimane “immutato il giudizio negativo della chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla santa comunione“.

Tuttavia come riporta il Corriere della Sera circa le indicazioni del Venerabile, come la stampa l’ha sempre ribattezzato, alla famiglia e che sembrerebbero indicare che sia morto “in grazia di Dio”:

«Ho combattuto per il fascismo. Sono fascista. E morirò fascista». Lo aveva detto, Licio Gelli, in una delle ultime interviste. E la famiglia ha rispettato le sue volontà. Nella bara, oltre all’anello nobiliare, l’ex capo della Loggia Massonica P2, porterà sul risvolto della grisaglia, la spilla del Partito Nazionale Fascista. Nessun simbolo massone, invece sul manifesto funerario del «N.H (Nobil uomo ndr) Conte Licio Gelli». Né compassi, né puntini o scritte particolari. La stessa scelta della Confraternita della Misericordia è un segnale che mostra ciò che la famiglia lascia trapelare: «È morto in grazia di Dio».

Questo sembrerebbe chiudere la questione circa l’opportunità sui funerali religiosi per un ex (?) massone anche se questo tipo di distinzioni, in punta di diritto, non convincono proprio tutti.

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