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Se l’Islam ricerca un “suo” Angelo Roncalli

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pixabay.com/Public Domain

Vatican Insider - pubblicato il 10/12/15

di Francesco Peloso

«Io cerco un Angelo Roncalli musulmano»: è necessario che emerga un’autorità, un leader islamico, in grado di portare l’islam su una strada di rinnovamento e aggiornamento simile a quella seguita da Giovanni XXIII con il Concilio Vaticano II. Solo così si potranno sconfiggere definitivamente le minoranze estremiste e radicali.

E’ questa la sorprendente affermazione fatta da Mohammad Sammak, Segretario generale dell’ «Islamic spiritual summit» (del quale fanno parte sunniti, sciiti e alawiti) del «Lebanon’s National Committee for Chirstian-Muslim dialogue», nonché membro di altri organismo internazionali dedicati al dialogo interreligioso. Non solo, il musulmano Sammak ha partecipato a ben due sinodi dei vescovi in Vaticano: quello del 1995 sul Libano, convocato da Giovanni Paolo II, e poi il più recente sinodo sul Medio Oriente del 2010 indetto invece da Benedetto XVI. In quest’ultimo caso vi ha preso parte in qualità di consigliere politico del Gran muftì del Libano. Sammak è dunque personalità impegnata da lungo tempo sul fronte del dialogo fra cristianesimo e islam e conosce bene le problematiche legate alla trasformazione e alla crisi del mondo islamico. A Roma ha dato il suo importante contributo all’iniziativa svoltasi a Roma il 7 dicembre dal titolo «Cristiani e musulmani per il Giubileo», promossa dall’ «Associazione giornalisti amici di padre dall’Oglio» e dalla Fnsi, la Federazione nazionale della stampa. Con lui si è confrontato l’intellettuale e studioso cristiano libanese Antoine Courban; hanno preso parte all’iniziativa anche padre Antonio Spadaro, della Civiltà Cattolica, il professor Paolo Branca e diversi altri oratori di parte cristiana e musulmana.

Il discorso di Sammak, che partiva da un titolo significativo – «Cosa possono apprendere i musulmani dalla dichiarazione Nostra Aetate» – ha seguito due linee di pensiero: da una parte è stato tracciato un profilo di Roncalli e del suo percorso di vita dal punto di vista musulmano, dall’altra l’attacco terrorista è stato definito nei termini di uno scontro interno all’Islam e di cui l’Islam dovrà farsi carico. Il futuro «papa buono» , nella descrizione compiuta da Sammak, è l’uomo che da cappellano militare scopre la tragedia della prima guerra mondiale, poi si incammina lungo una carriera diplomatica che lo porta in Grecia, in Bulgaria quindi a Istanbul; in questi Paesi scopre il cristianesimo ortodosso e poi il mondo musulmano, quindi, nel secondo dopoguerra, diventa nunzio in Francia, Paese in cui comunismo e secolarismo vivevano una stagione di forte espansione; ne esce il ritratto di un uomo il cui segno dominante è la capacità di confrontarsi con culture, fedi e ideologie lontane, che impara a conoscere altri mondi.

Aprire le porte

Del Concilio convocato poi da papa Giovanni XXIII, l’esponente musulmano ha ricordato in primo luogo la dichiarazione sul dialogo interreligioso, «Nostra Aetate», che ha riconciliato la Chiesa cattolica con gli ortodossi e gli evangelici: «qui i musulmani possono apprendere come costruire ponti con le altre confessioni musulmane». La Nostra Aetate, inoltre ebbe riflessi nella vita della Chiesa, «aprì le porte al laicato» e «adesso Papa Francesco sta aprendo nuove porte». Ancora, ha ricordato Sammak, la dichiarazione cancellò la condanna emessa contro «tutti gli ebrei fino alla fine dei tempi per la crocefissione di Gesù Cristo», in tal modo il documento è diventato «la magna carta delle relazioni ebraico-cristiane». Il testo conciliare inoltre affermò «che i musulmani sono credenti in un Dio e che rispettano Gesù e la Vergine Maria: per quanto non credano che egli sia Dio, credono che egli è un profeta». «Dopo il Vaticano II e su queste basi – ha proseguito – papa Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI si sono rivolti ai musulmani come fratelli. Così anche ha fatto Papa Francesco. Non sono poche le lezioni per i musulmani del 21esimo secolo».

I musulmani seguano l’esempio del Concilio

Quindi Sammak ha osservato: «Ora per noi musulmani seguire l’esempio del Vaticano II come indicato dalla dichiarazione Nostra Aetate, richiede un leader religioso quale Giovanni XXIII, che creda nell’umanità» intesa quale unica famiglia umana, un leader «che rispetti e creda in tutte le religioni. Dopotutto, essere musulmani vuol dire credere in tutti i messaggi di Dio, e in tutti i suoi messaggeri, quelli che sono citati nel Santo Corano e quelli che non lo sono». Questo perché «credere nell’Islam è anche credere nella pluralità umana, e nelle differenze umane come manifestazione della gloria di Dio». «Io non so – ha aggiunto – chi abbia l’autorità morale e religiosa che aveva Giovanni XXIII per riunire 2450 dotti e imam di tutto il mondo islamico e convincerli a rimanere riuniti a discutere fino a quando possano giungere a un’interpretazione unitaria dei principi islamici del 21esimo secolo che si confronti con le sfide umane contemporanee». Tuttavia ha spiegato lo studioso, esistono diversi documenti prodotti in questi anni da varie istituzioni musulmane che affrontano bene il tema del rapporto dell’Islam con la modernità, il punto è, ha spiegato, fare in modo che si produca una massa critica tale da avviare un cambiamento.

In quanto all’estremismo islamico, secondo Sammak esso «dovrebbe e può essere sconfitto dall’interno, semplicemente perché è contro l’Islam, e perché gli estremisti sono una piccola minoranza, una minoranza davvero piccola, in un mondo islamico di un miliardo e seicento milioni di fedeli». «Questo – ha rilevato – non vuol dire escludere la cooperazione internazionale. Al contrario. Questa cooperazione non è solo necessaria, è un dovere, per sradicare le gang di estremisti che commettono crimini contro l’umanità nel nome dell’Islam».

Le guerre sante sono guerre identitarie

Secondo Antoine Courban, della Saint John University di Beirut, fondata dai gesuiti, che ha dialogato con Sammak, «Il mondo attuale è diviso verticalmente in due campi: da una parte i radicali nihilisti e violenti, dall’altra i moderati anonimi, che sono maggioritari, la cui voce è sovrastata dalle grida dell’odio». «Tale divisione – ha detto – è particolarmente palpabile tra le due sponde del Mediterraneo perché il nostro mare è lo spazio di contatto (incontro) privilegiato tra le culture delle religioni monoteiste». In tale contesto, ha rilevato il professore, «le guerre sante moderne sono più guerre tra reti identitarie che tra potenze politiche tradizionali. Il dramma siriano e di tutto il Levante ne è la fotografia la più tragica», in tal senso «le guerre sante (sacre) sono il risultato del vuoto creato dalla rimozione dell’autonomia del politico e della sovranità garantita dallo Stato».

L’attuale crisi contemporanea, ha spiegato Courban, mette a confronto due concetti: identità e cittadinanza. Quindi ha affermato: «Noi assistiamo a una islamizzazione della radicalità e non ad una radicalizzazione dell’Islam. Spetta ai musulmani stessi trovare una soluzione a questo scottante problema».

Il sogno del papa in Oriente

In quanto al terrorismo «Non si deve fare una distinzione tra i terrorismo “laico”, quello praticato da dittature quale il regime siriano, un terrorismo “islamista”, come quello praticato da Daesh, una terrore islamofobo che pretende di difendere i cristiani d’occidente e d’oriente, o ancora una terrore nazionalista come quella praticata dai coloni israeliani». «La risposta a questo tipo di terrore globalizzato – ha aggiunto Courban – si deve ottenere attraverso un’azione congiunta condotta dai moderati delle due rive del Mediterraneo. I moderati come noi, sono maggioritari ma non coordinano la loro azione, mentre i radicali violenti sono organizzati».

Il professore ha quindi espresso una speranza, quasi un sogno: «Spero che vedremo il papa di Roma – ha detto – come altri primati delle chiese cristiane e dei grandi rabbini dell’ebraismo, in compagnia del custode dei luoghi Santi dell’islam, i rettori delle grandi scuole coraniche, dell’Ayatollah di Qom e dei chierici di Najaf, riuniti insieme su nostra terra d’Oriente che ha visto nascere le nostre civiltà e religioni».

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