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“Mio padre non ha rinnegato la sua fede e sono orgogliosa di lui”

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© WELAYAT SALAHUDDIN / AFP

An image uploaded on June 14, 2014 on the jihadist website Welayat Salahuddin allegedly shows militants of the Islamic State of Iraq and the Levant (ISIL) executing dozens of captured Iraqi security forces members at an unknown location in the Salaheddin province. A major offensive spearheaded by ISIL but also involving supporters of executed dictator Saddam Hussein has overrun all of one province and chunks of three others since it was launched on June 9. AFP PHOTO / HO / WELAYAT SALAHUDDIN === RESTRICTED TO EDITORIAL USE - MANDATORY CREDIT "AFP PHOTO / HO / WELAYAT SALAHUDDIN" - NO MARKETING NO ADVERTISING CAMPAIGNS - DISTRIBUTED AS A SERVICE TO CLIENTS FROM ALTERNATIVE SOURCES, AFP IS NOT RESPONSIBLE FOR ANY DIGITAL ALTERATIONS TO THE PICTURE'S EDITORIAL CONTENT, DATE AND LOCATION WHICH CANNOT BE INDEPENDENTLY VERIFIED ===

Alfa y Omega - pubblicato il 10/12/15

Ingry Tawadros, figlia di un copto assassinato dall'Isis in Libia

Questo Natale sarà molto diverso per le vedove e i figli dei copti assassinati dai terroristi dell’Isis in Libia all’inizio di quest’anno. Ancora rabbrividiamo ricordando le immagini dei 21 cristiani vestiti con abiti arancioni accanto al mare. Quel pellegrinaggio verso il martirio è rimasto inscritto nella memoria degli egiziani e di tutti i cristiani.

Una delegazione di Aiuto alla Chiesa che Soffre ha visitato di recente i loro figli nella sede episcopale del vescovo di Samalut, monsignor Paphnutius, 250 chilometri a sud del Cairo.

Il vescovo ha chiesto di parlare ai bambini. La prima cosa che ha richiamato l’attenzione è stata la serenità, la tranquillità con cui parlavano dei loro padri. Il volto si rattristava ricordandoli, ma questi orfani, alcuni dei quali hanno solo cinque anni, sono orgogliosi di quello che hanno fatto i loro papà. I più piccoli non hanno quasi parlato, guardando i fratelli maggiori e il vescovo. Riuscivano solo ad annuire con la testa. Poi ha preso la parola Ingry Tawadros, di 14 anni, seduta accanto ai due fratelli minori.

Ingry, chi era tuo padre?

Mio padre si chiamava Tawadros Youssef Tawadros. Era un gran lavoratore e un buon padre.

È un nome decisamente cristiano…

Sì, mio padre ha avuto molte difficoltà in Libia perché il suo nome era facilmente riconoscibile come cristiano, e secondo quello che dicono gli hanno chiesto in molte occasioni di cambiare nome, ma lui non ha mai voluto farlo. “Chi cambia nome finisce per cambiare fede”, diceva.

Come hanno vissuto la tua famiglia e la tua comunità il sequestro di tuo padre e dei suoi compagni cristiani?

Abbiamo pregato per 40 o 50 giorni perché non rinnegassero la propria fede. Hanno invocato il nome di Gesù fino alla fine.

Cosa hai imparato dalla testimonianza di tuo padre?

Voglio che si sappia che sono orgogliosa di mio padre. Non solo per me o per la mia famiglia, ma perché ha onorato tutta la Chiesa. Siamo molto orgogliosi perché non ha rinnegato la sua fede, ed è una cosa meravigliosa. Preghiamo per gli assassini che hanno ucciso mio padre e i suoi compagni perché si convertano.

Ingry non ha voluto dire altro, ma non era necessario. Non c’è niente di più vero che possa uscire dalla bocca di una ragazza orfana. Non può esistere giudizio più chiaro.

Quando è stato interpellato un altro bambino, le lacrime hanno iniziato a sgorgargli dagli occhi. “Mio padre è in cielo”, ha detto un’altra bambina del gruppo. “Nonostante questo sono triste, perché è così lontano… Mi manca”.

Il vescovo ha concluso dicendo che “da sempre la Chiesa sa che il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani. In questo caso non è diverso. Da Alessandria ad Assuan, in tutto l’Egitto la fede dei cristiani è stata rafforzata”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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