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Inizia la Cop 21 a Parigi. Di cosa parliamo?

Lucandrea Massaro - Aleteia - pubblicato il 30/11/15

L'assise sul clima inizia tra scontri, paura del terrorismo e l'ottimismo di vedere Cina e Usa pronti alla svolta ecologica

Da oggi e fino all’11 di Dicembre, a Parigi, sotto l’egida dell’ONU, si aprono i negoziati della Conference of the parties, cioè la “conferenza delle parti” o Cop sul clima e l’ambiente. E’ la 21esima, da qui il termine: Cop21 che nei prossimi giorni diventerà sempre più familiare al pubblico europeo e non solo.

Di cosa si discute?

Come ricorda Internazionale, che al clima ha dedicato l’ultimo numero del settimanale, alla conferenza di Parigi:

sono attesi più di quarantamila partecipanti tra delegazioni dei 195 stati membri, rappresentanti della società civile – aziende, ong, istituzioni scientifiche, comunità territoriali, popoli autoctoni, sindacati – e mezzi d’informazione di tutto il mondo. […] La conferenza rappresenta la fine di un ciclo di negoziati e si inserisce nel quadro del prolungamento della grande Cop del 1997, sfociata nell’adozione del protocollo di Kyoto. Il protocollo aveva stabilito di ridurre le emissioni di sei gas a effetto serra di almeno il 5 per cento rispetto ai livelli del 1990, tra il 2008 e il 2012. Alcuni firmatari hanno rispettato gli impegni presi (tra cui l’Unione europea), ma altri grandi inquinatori no: gli Stati Uniti non hanno mai ratificato il trattato, Canada e Russia si sono ritirati, e la Cina, in cima alla lista mondiale per il volume di emissioni di gas serra, non aveva obblighi perché è considerata un paese in via di sviluppo. Il protocollo di Kyoto, ormai superato, scadrà nel 2020 e dovrebbe essere sostituito da un nuovo testo, al centro della Cop21.

L’Ansa riassume così la situazione:

Autorevoli scienziati a livello mondiale e migliaia di studi sui cambiamenti climatici avvertono da tempo che l’aumento della temperatura media della Terra non deve superare al massimo i due gradi rispetto al periodo precedente la rivoluzione industriale (1850). Gli ultimi tre decenni sono stati uno più caldo dell’altro e purtroppo, nel mondo si è già innescato un meccanismo per cui assistiamo ad eventi meteorologici estremi. Già li vediamo e in molti li subiscono. Le alluvioni in Italia e i morti che hanno provocato sono solo l’esempio più vicino a noi. Anche con uno stop immediato alla CO2 gli effetti sono ormai destinati a protrarsi per molti secoli. E’ ormai certo che il 2015 strapperà al 2014 il primato dell’anno più caldo di sempre, cioè da quando sono disponibili le rilevazioni a livello mondiale (1880), dopo che ogni mese – ad eccezione di gennaio e aprile – ha segnato un record di temperature della Terra e degli oceani. E’ probabile al 95-100% che l’uso dei combustibili fossili insieme con la deforestazione abbiano causato più della metà dell’aumento della temperatura media globale entro i due gradi.



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Non sarà un Trattato

Qualunque testo uscirà dall’assise di Parigi non verrà chiamato “Trattato, non sarà vincolante, ma conterrà degli impegni che ciascun paese poi con le vie che riterrà più opportune, farà recepire dai propri ordinamenti. Questo è necessario per due ordini di motivi: uno pratico, si evitano comportamenti omologati per ogni paese che sarebbero o troppo leggeri o punitivi per le singole economie. Tuttavia l’impegno di paesi come Cina e Usa che hanno promesso tagli consistenti alle loro emissioni fa ben sperare. L’altro è diplomatico, un Trattato infatti non potrebbe essere recepito dagli Stati Uniti, perché spetterebbe al Congresso in questo momento fortemente ostile alle strategie green di Obama che sconta anche il fatto di essere un Presidente al suo ultimo anno di mandato. Per questo probabilmente quello che uscirà sarà un “Accordo di Parigi”.

Gli effetti dell’inquinamento sulla salute: il caso italiano

Anche coloro che avessero dubbi sull’impatto antropico sull’atmosfera non possono che ammettere gli effetti delle polveri sottili e delle emissioni sui morti per malattie cardio-polmonari che sono in aumento costante in Occidente. L’Agenzia europea dell’ambiente proprio oggi ci avverte che nella UE, l’Italia è quella col maggior numero di morti dovute a diversi agenti tipici dell’inquinamento industriale:

nel 2012 ha registrato 84.400 decessi di questo tipo, su un totale di 491mila a livello Ue.Tre i ‘killer’ sotto accusa per questo triste primato. Le micro polveri sottili (Pm2.5), il biossido di azoto (NO2) e l’ozono, quello nei bassi strati dell’atmosfera (O3), a cui lo studio attribuisce rispettivamente 59.500, 21.600 e 3.300 morti premature in Italia. Il bilancio più grave se lo aggiudicano le micropolveri sottili, che provocano 403mila vittime nell’Ue a 28 e 432mila nel complesso dei 40 Paesi europei considerati dallo studio […] il quadro italiano peggiora sensibilmente, a partire da altre grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna, arrivando fino a Cagliari (Ansa, 30 novembre).

Un movimento d’opinione coi suoi estremisti

Nonostante quindi le buone intenzioni, ieri non sono mancati momenti di protesta e scontro tra manifestanti e forze dell’ordine, che hanno sfidato il divieto di manifestare a Parigi dopo gli attentati del 13 novembre:

alla vigilia dell’apertura di lunedì del summit Onu sul clima. La polizia ha risposto con lacrimogeni al lancio di sassi e bottiglie. La marcia di protesta era stata vietata ma in 10mila hanno sfidato le misure anti-terrorismo volute da Hollande. Un gruppo di manifestanti, molti con il volto coperto, nel corso degli scontri ha cominciato a raccogliere a lanciare contro le forze dell’ordine oggetti raccolti dal memoriale per le 130 persone uccise negli attentati del 13 novembre (EuroNews, 29 novembre).

Manifestanti che non hanno voluto accontentarsi – evidentemente – del gesto, pur simbolico, che Avaaz ha voluto fare proprio per ovviare al divieto delle autorità francesi, portando a Place de la Republique 4 tonnellate di scarpe, in rappresentanza di chi non poteva manifestare, comprese quelle di Papa Francesco.

Cosa fa la Chiesa?

E proprio Papa Francesco sta spingendo perché le nazioni trovino accordi equi per preservare il clima e l’ambiente e favoriscano una vera e propria “conversione” dell’economia a vantaggio dell’equità e della solidarietà all’interno della famiglia umana. Anche nel viaggio in Africa che si sta concludendo in queste ore, il pontefice non ha fatto mancare nel suo discorso alla sede Onu di Nairobi un passaggio su questi temi:

“Sarebbe triste – ha detto Francesco – e oserei dire perfino catastrofico che gli interessi privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti”

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Ed è il documento magisteriale della Laudato Si, a muovere il mondo ecclesiale cattolico in questi mesi di avvicinamento a questi negoziati e che continuerà a fare pressioni perché specialmente i grandi paesi – in testa gli Usa che non avevano firmato il protocollo di Kyoto nel 1997 – si facciano depositari di una coscienza ambientale.

per la Chiesa il punto di riferimento obbligato è la Laudato si’, l’enciclica di papa Francesco dedicata alla tutela del Creato e al rapporto fra ambiente, nuovo modello di sviluppo e povertà in una visione cristiana, a partire dal Cantico francescano. Nel frattempo, nei giorni scorsi, il cardinale Claudio Hummes ha consegnato al governo francese e ai delegati della Cop21 una petizione con centinaia di migliaia di firme raccolte in 130 Paesi del mondo; nel testo si chiede un taglio delle emissioni di anidride carbonica, la messa a punto di un programma che preveda il superamento dei combustibili fossili, la completa decarbonizzazione entro il 2050. Il testo è stato firmato anche dal cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace, dal cardinale Luis Antonio Talge, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas internationalis, e dallo stesso Pontefice. Nel frattempo sempre il cardinal Turkson, aveva invitato tutti i vescovi del mondo a promuovere iniziative e momenti di riflessioni, celebrazioni religiose, sui temi dell’ambiente, della cura del Creato e del riscaldamento globale (Vatican Insider, 30 novembre)

A spiegare quale sia il contributo del Vaticano al processo che ha portato alla conferenza di Parigi è stato di recente monsignor Paul Gallagher “ministro degli Esteri” vaticano.

Nel corso del recente incontro promosso dal Pontificio consiglio per la salute sul tema dell’accoglienza dell’uomo e del Pianeta, il Segretario per i rapporti con gli Stati, ha ha indicato le due direzioni entro le quali si articola l’azione della Chiesa: «Da una parte, attraverso il contributo diretto al negoziato in corso da parte della delegazione della Santa Sede durante i vari incontri del gruppo di lavoro della Convezione incaricato di negoziare l’accordo da adottare a Parigi». Quindi sia attraverso «le varie e differenziate attività di riflessione e approfondimento della Santa Sede in tale ambito, sia attraverso l’incoraggiamento della Santa Sede agli organismi della Chiesa cattolica ad apportare il loro contributo» di contenuti e proposte concrete. In campo diplomatico, ha spiegato Gallagher, la strategia del Vaticano può essere sintetizzata in tre punti: «Ancorare l’accordo a un chiaro orientamento etico; promuovere il conseguimento di tre obiettivi tra di loro concatenati: attenuare l’impatto dei cambiamenti climatici, contrastare la povertà e far fiorire la dignità umana», infine «mantenere lo sguardo verso il futuro». Quest’ultimo obiettivo prevede successive verifiche del processo degli impegni presi e follow-up trasparenti, allo stesso tempo l’accordo raggiunto dovrebbe essere adottato anche dalle popolazioni locali, quindi sarebbe necessario attivare processi di partecipazioni a livello locale a cominciare dalle popolazioni indigene (Vatican Insider, 30 novembre).
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