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Impronte di fuoco dall’aldilà, a Roma un angolo di Purgatorio

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 30/11/15

Breve viaggio nel "Museo delle anime del Purgatorio". Padre Roberto: "testimonianze che pongono domande sulla vita"

La presenza delle anime dei defunti nella nostra vita a volte si manifesta in modo più esplicito. Lasciano “impronte di fuoco” sugli oggetti che toccano, e impronte nello spirito di chi questi oggetti viene oggi a visitare nel “Museo delle Anime del Purgatorio”, ricavato nella sacrestia della chiesa del Sacro cuore di Gesù in Prati, popolarmente chiamata Sacro Cuore del Suffragio. Padre Roberto Zambolin, il parroco, accompagna volentieri i gruppi di visitatori curiosi, e “spesso nasce una conversazione interessante sulla vita. Alcuni mi dicono che per la prima volta si trovano a discutere e riflettere così seriamente”. Insomma, “la persona si pone domande di fondo: chi sono? Da dove vengo e dove vado? cosa faccio qui? Questo rimanda al senso della nostra vita”, queste impronte di fuoco “ti pongono le domande sulla vita”. E alle soglie dell’Anno della Misericordia, la visita a questa chiesa aiuterà a calarsi in una delle “opere di misericordia spirituali”, quella della preghiera a Dio per i vivi e per i morti.

Il suffragio per le anime del Purgatorio è alle origini di questa chiesa. È il 1893 quanto padre Jouët, missionario dei Sacro Cuore, fonda l’associazione del Sacro Cuore del Suffragio delle anime del Purgatorio, in seguito a un voto. La sede è stabilita a Lungotevere Prati, dove poi sorgerà la chiesa. Nel 1917 Papa Benedetto XV erige la nuova “Parrocchia del Sacro Cuore del Suffragio”. L’idea del museo nasce in seguito ai fatti del 2 luglio 1897: durante la Messa si sviluppò un incendio sull’altare, di quella che era ancora una cappella provvisoria. Due i fatti prodigiosi registrati: il quadro non fu intaccato dalle fiamme e numerosi fedeli hanno testimoniato di aver visto tra le fiamme un volto sofferente, la cui immagine è rimasta impressa come un’ombra sulla parete annerita. La Santa Sede ha mantenuto un atteggiamento prudente ma non ha vietato di credere in queste manifestazioni, se non contraddicono la dottrina. Da qui l’idea di un piccolo museo, in cui sono esposti cimeli da mezza Europa, tutti con Garanzia di autenticità.

Ecco alcune delle storie. Belgio, 21 giugno 1789: la defunta Leleux appare al figlio, chiedendogli messe di suffragio e pregandolo di abbandonare la sua vita dissipata. L’ultima volta tende la mano e lo tocca sulla spalla, lasciando sulla camicia una impronta di fuoco. Todi (Perugia), 1 novembre 1731: padre Panzini, abate olivetano, appare a suor Chiara Isabella Fornari, badessa delle clarisse, implorando azioni di suffragio per la sua salvezza. Tra le tracce lasciate, l’impronta della mano sinistra impressa a fuoco su una tavoletta di legno usata dalla suora. Rimini, 5 marzo 1871: la defunta Palmira Rastelli appare a una parrocchiana chiedendole di far celebrare una messa in suo suffragio, poggia quindi la mano sul libro di preghiere della donna, lasciandovi l’impronta di fuoco.

Padre Roberto Zambolin, sottolinea che “al di là di quello che si vede il museo ci invita a una riflessione sul senso della vita, ci ricorda che la vita approda a una conclusione, e che dopo la morte c’è una realtà vera e autentica, non finisce tutto qui”. Il “suffragio” indica appunto questa relazione tra noi viventi e i defunti. La prima volta che è entrato qui, padre Roberto si è affacciato con curiosità: “Queste testimonianze mi hanno ha spinto a ritrovare nel Vangelo la risposta alla grandezza dell’amore di Dio”. E molte persone arrivano qui per curiosità, attratte dal mistero di questo luogo sospeso tra la vita e la morte, pieno di richiami artistici all’aldilà, racchiusi nello stile gotico che si protende verso il Cielo. Ma “non confondere con l’esoterismo, il macabro – mette in guardia padre Roberto -. Il rapporto tra noi e i defunti, la comunione dei santi, è dentro l’amore di Dio, dentro la gioia e la bellezza. Attraverso queste testimonianze impariamo a guardare la misericordia e la bellezza di Dio nella nostra vita”.

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