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Papa Francesco celebra i martiri che non si concessero al re

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AFP / TONY KARUMBA

Pope Francis salutes a boy during a mass at the Church of Saint Joseph the worker in the Nairobi shanty town of Kangemi on November 27, 2015 in the Kenyan capital, Nairobi. Pope Francis lashed out at wealthy minorities who hoard resources at the expense of the poor as he visited a crowded slum in the Kenyan capital. "These are wounds inflicted by minorities who cling to power and wealth, who selfishly squander while a growing majority is forced to flee to abandoned, filthy and run-down peripheries," the 78-year-old pontiff told crowds in the Nairobi shanty town of Kangemi. / AFP / TONY KARUMBA

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 28/11/15

A Namugongo si ricorda il sacrificio del capo dei paggi della corte di Buganda Mwanga II arso vivo insieme ad altri 30 cristiani

Papa Francesco ha il volto teso e impressionato quando entra nel santuario dei martiri anglicani di Namugongo. A tempo record per la visita è stato realizzato un padiglione con statue a grandezza naturale che mostrano nel dettaglio che cosa capitò a quei cristiani alla fine dell’Ottocento. Bergoglio ascolta in silenzio le spiegazioni dell’arcivescovo anglicano e quindi si inginocchia a pregare in un luogo dove il sangue dei cattolici e degli anglicani si è mischiato al momento del martirio. I martiri di Namugongo erano 45, 22 dei quali cattolici.

Erano un gruppo di ventidue servitori, paggi e funzionari del re di Buganda – oggi parte dell’Uganda – convertiti al cattolicesimo dai missionari d’Africa del cardinale Charles Lavigerie, i Padri Bianchi. Vennero uccisi in quanto cristiani sotto il regno di Mwanga II tra il 15 novembre 1885 e il 27 gennaio 1887. Benedetto XV li ha dichiarati beati il 6 giugno 1920. Sono stati canonizzati l’8 ottobre 1964 a Roma da Paolo VI che, durante il suo viaggio in Africa del 1969, ha intitolato loro anche il grande santuario di Namugongo, eretto sul luogo del martirio di san Carlo Lwanga, il più celebre del gruppo. Proprio qui, terzo Papa in meno di cinquant’anni dopo Montini e Giovanni Paolo II (1993), Francesco celebra la sua prima messa in Uganda.

Carlo Lwanga era il capo dei paggi della corte del re. Il motivo della sua uccisione fu l’essersi rifiutato di accondiscendere ai desideri omosessuali di Mwanga II. Si era impegnato per proteggere i paggi dalle attenzioni morbose del sovrano. Condannato a morte il 25 maggio 1886, venne arso vivo il 3 giugno sulla collina di Namugongo.

C’è una grande folla variopinta ad accogliere Francesco. Nell’area del santuario si sono radunate trecentomila persone. Molti hanno camminato tutta la notte nel fango per partecipare alla messa che si svolge in un grande anfiteatro. Ad aprire la processione d’ingresso sono due sacerdoti che portano i reliquiari con i resti dei martiri di Namugongo.

Nell’omelia Papa Bergoglio ha ricordato che «dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo. Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue».


«Ogni giorno – ha aggiunto Francesco – siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri.Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua a ispirare tante persone nel mondo».

Il Papa ha invitato a essere «discepoli missionari» per «le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti».

«La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi – ha concluso Francesco – che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature.Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire». Una testimonianza della quale «non ci si appropria con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso», ma la si onora «quando piuttosto portiamo la testimonianza dei martiri a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo».

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