Un aiuto dai fondi dell’eredità Faac. La Caritas: già donati a mille famiglieIl cardinale Carlo Caffarra ha donato cinque milioni dell’eredità della Faac – l’azienda che si occupa di automatismi e cancelli elettrici – alle famiglie bolognesi in gravi situazioni di disagio per la perdita del lavoro. Le sue scelte si fanno sentire in città a meno di un mese dall’arrivo del suo successore, il vescovo Matteo Zuppi (La Repubblica, 24 novembre).
LA PROMESSA DEL CARDINALE
A rivelare la donazione compiuta dalla guida della Chiesa bolognese è, in una nota, la Caritas diocesana. «Appena l’Arcidiocesi è venuta nel pacifico possesso dell’eredità Manini, il fondatore della Faac che ha deciso di lasciare l’azienda alla Chiesa, nel settembre scorso il cardinale come si era prefissato da tempo, ha disposto che cinque milioni di euro fossero immediatamente consegnati alla Caritas Diocesana» per aiutare le famiglie in grave disagio (Corriere della Sera, 25 novembre).
LA FAAC E L’ADDIO DALL’ITALIA
Per capire come la fabbrica sia finita alla Chiesa bisogna tornare al 2012, quando l’allora proprietario la lasciò in eredità. Così la multinazionale con sede a Zola Predosa, alle porte di Bolona, è diventata di fatto un asset della Curia, che ha però potuto poco per impedire che 50 persone perdessero il lavoro poiché il nuovo management aveva disposto il trasferimento in Bulgaria (Il Giornale, 5 settembre). L’allora arcivescovo chiese che nelle strategie aziendali si seguissero quei principi di impresa sociali enunciati nella Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Ma il consiglio non è stato tenuto in gran considerazione e i macchinari della Faac hanno preso, così, la via della Bulgaria.
SULLA GESTIONE NON C’ENTRA LA CHIESA
La storia ha fatto rumore e alcuni leader politici come il leghista Matteo Salvini se la sono presa con Caffarra, anche se in realtà la Chiesa bolognese non c’entrava con i ruoli gestionali nell’azienda. Come sottolineato dalla stessa Curia: “In virtù della distintiva e peculiare missione della Curia e della decisione di non gestire alcuna azienda”, l’Arcidiocesi, infatti costituiva il Trust Faac, “nominando tre trustee divenuti titolari della ‘nuda proprietà delle azioni’, a cui vennero affidate linee di comportamento irrevocabili, tra cui l’indicazione che il Cda e Top management ne determinino strategia e quotidiana gestione dell’Azienda. Pertanto, l’Arcidiocesi non è azionista di Faac, essendosene giuridicamente spossessata attraverso il Trust Faac, né gestore, né implementatore di strategie aziendali, ma solo usufruttuaria e percepiente di eventuali dividendi” (Repubblica, 7 settembre).
IL FONDO DI SOLIDARIETA’
L’immagine della Curia, che ha risentito non poco del caso Faac, ne esce ora legittimamente rinnovata grazie a questa notizia sui fondi della multinazionale destinati ai meno abbienti. Spiega così il direttore della Caritas Mario Marchi: «Per venire incontro all’emergenza di queste famiglie il cardinale arcivescovo Caffarra istituì nel 2008 il Fondo di Solidarietà per le Famiglie, nel quale sono confluite offerte di privati (tra cui quelle dell’eredità Faac), di parrocchie e la maggior parte dei contributi che le Fondazioni cittadine destinano ogni anno all’Arcidiocesi» (Il Resto del Carlino, 24 novembre).
5.160.000 EURO
Grazie a questo fondo, è stato possibile finora far giungere alle famiglie, attraverso le Caritas parrocchiali, sussidi per la precisione pari a 5.160.000 euro. «Sentiamo come un dovere di giustizia rendere conto di questa beneficenza a chi l’ha pensata e voluta e a chi vi ha aderito e collaborato – prosegue Marchi – Finora abbiamo raggiunto tra le ottocento e le mille diverse famiglie» (Bologna Today, 25 novembre).
LAVORO E FORMAZIONE
Ma c’è una pista che la Caritas intende in particolare percorrere: accompagnare le persone nella ricerca di un lavoro, in modo da aiutare le famiglie a recuperare piena autonomia. «È lo stesso cardinale che ce lo ha fatto capire all’atto della donazione, quando ha evidenziato che il disagio maggiore per le famiglie è la mancanza di lavoro, da cui derivano tanti altri disagi – conclude Marchi – Per questo stiamo pensando a destinare parte dei cinque milioni alla realizzazione di corsi, a forme di avviamento professionale in accordo con i datori di lavoro. Il come è tutto da decidere» (Avvenire, 22 novembre).