“Dietro le quinte del Regno”, di Mário Justino, è stato proibito in Brasile dopo il suo lancio, nel 1995Lanciato nel 1995, questo libro è rimasto poco più di 20 giorni sugli scaffali delle librerie brasiliane. Per ordine giudiziario, ottenuto mediante l’azione del potente dipartimento giuridico della Chiesa Universale del Regno di Dio, tutte le copie ancora invendute all’epoca sono state ritirate.
Nos Bastidores do Reino – A vida secreta na Igreja Universal do Reino de Deus (Dietro le quinte del Regno – La vita segreta nella Chiesa Universale del Regno di Dio) è un’autobiografia di Mário Justino, ex pastore della chiesa fondata da Edir Macedo e protagonista di un’ascesa meteorica all’interno dell’organizzazione neopentecostale più famosa del Brasile.
L’autore si presenta come un adolescente triste e povero che un giorno, saltellando tra le stazioni radiofoniche della zona interna di Rio de Janeiro, ha sentito una ridondante “benedizione dell’acqua” e si è sentito attirato a conoscere personalmente quella chiesa. Gli inni di lode e i presunti esorcismi lo hanno affascinato, e il giovane ha abbandonato la famiglia e la borsa di studio che aveva per lavorare senza ricevere nulla se non tre pasti al giorno nel tempio che ha iniziato a frequentare: faceva il bidello, il portiere e il vigilante, e aveva appena 15 anni. A poco a poco, ha mostrato un certo talento per poter diventare pastore. E lui stesso ha spiegato così cosa intendeva per “talento”: la capacità di ingannare le persone e far donare loro denaro.
Per fare “carriera” nella chiesa, che funziona come un’impresa, basta essere un buon procacciatore di denaro e avere una vita discreta. Le apparenze di virtù del pastore sono fondamentali per il successo del progetto, anche se dietro le quinte Mário Justino afferma che sono frequenti i casi di adulterio, fornicazione e pratiche omosessuali. Egli stesso ha raccontato che la sua prima esperienza sessuale è stata con un altro pastore.
L’autore ha finito per diventare pastore titolare di una delle chiese della rete, e per mantenere l’incarico doveva raggiungere gli obiettivi mensili di raccolta fondi.
La paura più grande di tutti i pastori era finire il mese con un risultato negativo, il che avrebbe provocato gravi rappresaglie e forse la materializzazione dell’incubo peggiore: essere espulsi dalla congregazione. I vertici sapevano molto bene che molti dei loro pastori non avevano le capacità per esercitare altri uffici nel mercato del lavoro, e impiegavano in modo efficace il terrore psicologico per garantire il successo nella raccolta fondi. Come contrappunto, le regalie per chi raggiungeva le mete implicavano bonus in denaro, scuola per i figli, assistenza sanitaria per la famiglia, macchina e viaggi con diritto a hotel a cinque stelle.
Per un ragazzo di 17 anni che aveva avuto un’infanzia povera e aveva il cuore spezzato per il fatto di veder soffrire la madre lavandaia, quel ricatto era potente. Ma non era abbastanza per evitare che Mário Justino cadesse in una profonda depressione. È diventato ostaggio dei farmaci e non ha tardato a gettarsi nel consumo di droghe pesanti. Sono stati innumerevoli i culti che ha diretto, secondo quanto ha raccontato egli stesso, dopo aver fumato marijuana mista a pasticche di altre droghe. Si è poi allontanato dall’organizzazione per lavorare come addetto in un aeroporto di San Paolo.
Sempre più dipendente dalle droghe, Mário Justino ha iniziato a prostituirsi, vendendosi a uomini e donne. Parallelamente, aveva una moglie e due figli, e per sostenerli si è visto costretto a ricorrere ai suoi ex capi e a supplicare che lo riprendessero nella Chiesa Universale, ma il suo ritorno sul pulpito è stato breve. All’inizio degli anni Novanta i vertici lo hanno mandato negli Stati Uniti, dove la chiesa cercava di impiantarsi. In una lettera privata a un presunto amico, Justino confidò di aver contratto l’Aids. Il destinatario della lettera lo tradì e lo denunciò a Edir Macedo, che espulse il pastore, dopo 11 anni di servizi, senza alcuna indennità di lavoro.
Abbandonato dalla famiglia e senza aver nulla per far ritorno in Brasile, Mário Justino non solo è tornato a prostituirsi, ma ha anche iniziato a fare il trafficante. Molto indebolito dall’Hiv, è finito ricoverato in un ospedale pubblico nel quale un travestito brasiliano, Danusa, lavorava come volontario. È stato Danusa ad aiutare l’ex pastore a superare la depressione, imparare l’inglese e trovare un lavoro.
L’ossessione di Mário Justino è diventata la vendetta. Il suo obiettivo era uccidere Edir Macedo. Ha fatto vari tentativi, tutti falliti. Quando, tempo dopo, l’ex pastore ha visto Danusa ridotto pelle e ossa in un letto d’ospedale, anche lui vittima dell’Hiv, incosciente e che gli stringeva la mano quasi senza forze nei suoi ultimi respiri, Mário Justino ha capito la piccolezza della vendetta. Ha deciso che le tragedie della morte dei genitori, della separazione dalla moglie e della morte di Danusa, con il quale aveva avuto l’unica amicizia vera della sua vita, dovevano essere superate per affrontare una vita nuova.
L’autobiografia di Mário Justino è devastante.
Proprio per questo, merita di essere letta e discussa a fondo.
[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]