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Papa Francesco: “Lo sai che ho una predilezione per il Centrafrica?”

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Chiara Santomiero - Aleteia - pubblicato il 24/11/15
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Suor Elvira Tutolo, missionaria in Centrafrica, racconta il “segreto” del pontefice che visiterà uno dei paesi più poveri del mondo, tormentato dalla guerra civile

Lo sai che ho una predilezione per il Centrafrica?”. La piccola suora non se l’aspettava. Era già grata che, al termine dell’udienza del mercoledì, papa Francesco stringesse la mano ai fedeli più vicini alle transenne dove passava a salutare. Anche lei l’aveva salutato in fretta, nel timore di sottrarre spazio ai tanti che si accalcavano per una benedizione, un bacio ai bambini. Invece Francesco si era fermato a chiedere da dove venisse, cosa facesse in Centrafrica, a Berberati, insieme ai ragazzi di strada accolti dall’Ong “Kizito”. Quindi quella frase e un annuncio: “Vedrai che entro l’anno riuscirò a venire in Centrafrica”. Era il 19 novembre del 2014 e oggi papa Francesco è in partenza per il suo primo viaggio in Africa: Kenya, Uganda e, infine, Repubblica Centrafricana. Bergoglio mantiene la promessa, anche se in molti lo hanno consigliato di saltare l’ultima tappa, perchè la situazione instabile del Paese presenta molti pericoli. “Il papa deve andare – afferma con forza suor Elvira Tutolo, missionaria della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, da 15 anni nella Repubblica Centrafricana, 25 in Africa -. Se non lo facesse, provocherebbe una grandissima delusione e forse un aumento della tensione tra le parti, perchè per i musulmani sarebbe facile dire ai cristiani che il loro leader li ha abbandonati. Da parte loro, non c’è alcuna ostilità verso papa Francesco verso il quale provano ammirazione”. “Basterebbe anche solo che si fermasse in aeroporto – prosegue -; da lì già si comprende tutta la situazione: c’è solo la pista libera, tutt’intorno ci sono le tende dei profughi“.

Il Paese sta cercando di uscire da due anni di guerra civile. Berberati, la città dove opera suor Elvira, è stata il quartier generale da cui i Seleka – “alleanza” in sango, l’unione di formazioni ribelli all’allora presidente Francois Bozizé, accomunate dalla fede musulmana – hanno governato il Paese dopo la “rivoluzione” sfociata presto in saccheggi, stupri e uccisioni indiscriminate oltre alla persecuzione nei confronti della popolazione cristiana. Cristiani e animisti hanno reagito e dato origine alle milizie anti-balaka, un nome che è tutto un programma: i miliziani indossano degli amuleti di pelle di vacca nella convinzione che siano anti-proiettili di kalashnikov. In realtà, come ha sottolineato l’arcivescovo di Bangui, mons. Dieudonné Nzapalainga, protagonista del tentativo di riconciliazione insieme a musulmani e chiese evangeliche: “Questa non è una guerra di religione, ma una guerra politica, nata per mettere le mani sulle ricchezze del nostro Paese“. Cioè uranio, diamanti e oro e dietro i Seleka e gli anti-balaka non mancherebbero gli interessi di altri stati del mondo (Nigrizia, settembre 2015). La presidente di transizione Catherine Samba-Panza, eletta nel 2014, dovrebbe portare il Paese al referendum costituzionale e al primo turno delle elezioni legislative e presidenziali che, però sono state già rimandate varie volte e dovrebbero tenersi entro la fine dell’anno.

A maggio scorso i leader di alcuni gruppi armati hanno firmato un accordo per il rilascio di oltre 300 bambini soldato reclutati nelle loro fila. “I media hanno annunciato che potevano tornare a casa – ricorda suor Elvira – ma quale casa?“. E’ di questo che si occupa la ong Kizito fondata nel 2002 dalla suora originaria di Termoli, in Molise: trovare una casa e una famiglia ai tanti ragazzi che vivono per strada. Le ragioni non mancano: “i loro genitori sono stati uccisi dalla guerra oppure si sono separati e il nuovo coniuge non vuole in casa i figli del precedente matrimonio oppure il padre va a lavorare nelle miniere di diamanti e non torna perchè muore di tubercolosi o di Aids. A volte i bambini, a causa di qualche difetto fisico o perchè troppo vivaci, sono accusati di stregoneria – purtroppo riconosciuta dalla legge – e scacciati”. “La gente del posto – racconta sr. Elvira – avrebbe voluto che io fondassi un orfanotrofio, ma io mi sono rifiutata perché, ho detto, i ragazzi hanno bisogno di un papà e di una mamma, di una famiglia, non di una suora“. Kizito coinvolge oggi 30 famiglie in una straordinaria accoglienza di vita: tra figli naturali e accolti arrivano ad averne in casa anche 12-13 e il progetto le sostiene soprattutto sul versante occupazionale, così che abbiano le risorse per far fronte alle aumentate necessità, incoraggiando il microcredito. Nel tempo sono passati di qui 500 ragazzi di cui si sa approssimativamente l’età perché nessuno ha il certificato di nascita. Kizito rappresenta anche l’unica alternativa nel Paese al carcere minorile che “non c’è, i minori vengono messi insieme agli adulti. Anche il tribunale per i minori esiste solo da 4-5 anni”.

Nel Centro agricolo per la formazione delle suore missionarie di Santa Giovanna Antida Thouret si insegna a leggere e a scrivere, i lavori di falegnameria e quelli di cucito. Ad alcuni giovani la ong ha messo a disposizione un pezzo di terra, un carrettino – “che equivale ad avere una macchina”, spiega suor Elvira – degli attrezzi da lavoro e un materasso per inventarsi un’alternativa alla mancanza di occupazione e alla miseria. “Qui – spiega la suora – non c’è corrente elettrica, nè acqua potabile, nè fogne. Il Centrafrica è al 162° posto per povertà in una scala di 168 Paesi del mondo. I giovani hanno bisogno di poter credere nel futuro. Peccato che molte agenzie internazionali che si avvicendano brevemente in questo Paese si ostinino a distribuire riso invece di aiutare le persone ad avere la possibilità di procurarselo da sole con la formazione adatta e il proprio lavoro”.

Suor Elvira non ci sarà alla visita del papa: è in Italia per un periodo di cure. E molto probabilmente non riusciranno ad arrivare nemmeno da Berberati: non esistono strade per la capitale nè mezzi di trasporto. A Bangui il 29 novembre papa Francesco ha deciso di aprire, in anticipo sulla data ufficiale di inizio dell’8 dicembre, la prima Porta Santa del Giubileo straordinario della misericordia. “Un segno straordinario – commenta suor Elvira -, un fatto storico oltre che religioso, che conferma come papa Francesco privilegi davvero i più poveri tra i poveri della terra”.