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4 consigli per imparare ad amare i figli adolescenti quando lo meritano meno

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Public Domain

Catholic Link - pubblicato il 24/11/15

La Mamá Oca

Pretendere di abbracciare il significato e le sfide dell’adolescenza in un articolo o in un cortometraggio è un compito impossibile. Quello che però possiamo fare, basandoci sul video proposto, è offrire quattro idee generali su questa tappa della vita, che aiutino i genitori o i formatori di adolescenti a riflettere e a indagare un po’ di più su quello che implica il fatto di accompagnare un essere umano in questo momento della sua esistenza, in cui si mette in gioco una cosa così importante come avanzare verso l’autonomia responsabile e gettare solide basi per la maturità psicologica e l’adattamento sociale.

1. L’adolescenza non è un capitolo da reality

C’è un’idea che a causa della proliferazione di contenuti mediatici sembra essere universale: la crisi dell’adolescenza è una tappa orribile in cui i genitori devono approntare scudi e lance per poterla superare. Non è così. L’adolescenza non si manifesta necessariamente in una ribellione quasi delinquenziale e demenziale. Quei giovani perduti che si vedono in televisione, che arrivano anche ad aggredire fisicamente i genitori, sono questo: casi eccezionali per lo schermo che non riguardano neanche il 15% degli adolescenti in generale. In genere, inoltre, questo tipo di condotta è direttamente correlata a problemi familiari più strutturali che non sono il tema di questo post. Se si è fatto un buon lavoro per formare i figli fin dall’infanzia, la cosa più probabile è che ci sia un adolescente che vive la sua crisi di crescita e i suoi dubbi personali senza sangue né barriere. Considerare l’adolescenza una crisi dalle tinte patologiche non farà altro che far interpretare tutti i comportamenti del figlio come qualcosa di negativo e genererà un atteggiamento difensivo da parte dei genitori. L’adolescenza sì, è una crisi, ma una crisi nella via della maturità. I genitori, come ci dice Gerardo Castillo Ceballos nel suo libro “El adolescente y sus retos: la aventura de hacerse mayor”, “vedendo l’adolescenza come una malattia reprimono condotte che sono normali in questa età e che svolgono una funzione necessaria allo sviluppo personale. Hanno qui origine alcuni atteggiamenti negativi di molti genitori di figli adolescenti: l’autorità impositiva; l’incomprensione; la mancanza di rispetto; l’intolleranza; l’impazienza; la sfiducia. Sono genitori che anziché aiutare i figli a esercitare le nuove capacità (riflessione, senso critico, ragionamento, autonomia morale, intimità, apertura all’amicizia…) si dedicano, con le migliori intenzioni, a ostacolarle. In questo modo non solo ritardano la maturazione dei propri figli, ma provocano situazioni di mancanza di comunicazione e conflitto”.

2. Gli adulti sono guide alpine, non gli escursionisti

L’adolescenza è un processo di costruzione personale. Questo vuol dire che nulla può sostituire il protagonismo dell’adolescente in questa tappa. Anche se i genitori sono artefici dell’educazione dei propri figli, il loro vero compito è essere un’autorità per loro. Qui ci riferiamo all’autorità come quando diciamo “il dottor Rossi è un’autorità in pediatria”, ovvero quando confidiamo pienamente nel criterio del dottor Rossi nel curare un bambino. Non perché Rossi grida o impone, ma perché dimostra con la sua azione professionale di essere competente.

Nel caso dei genitori, intendiamo l’autorità come ci dicono Bárbara Sotomayor Rodríguez e Alberto Masó Portabella nel loro libro Padres que dejan huella: cómo ganarse la autoridad y el ser líder de tus hijos, ovvero come “quella competenza che possiedono per portare i propri figli alla maturità”. Per raggiungere questo obiettivo non ci si possono aspettare risultati a breve termine né si può vivere per i figli. Il ruolo di un genitore è essere una guida.

“La guida alpina non cammina per gli escursionisti. Sono loro che devono camminare fino ad arrivare a destinazione. La guida non può neanche restare al rifugio e dire agli escursionisti di seguire le sue indicazioni. La guida e gli escursionisti camminano insieme. La differenza è che questo ha più esperienza degli altri”.

3. L’adolescenza e lo tsunami affettivo

© Pixabay.com

Se c’è una cosa che caratterizza l’adolescenza è la “valanga” affettiva che in genere spiazza gli adulti. Nella pubertà l’adolescente inizia a sperimentare cambiamenti fisici che poi si spostano all’intimità, generando crisi di personalità, per poi finire, se è stato compiuto un buon cammino fin dall’inizio, in una tappa di equilibrio ed entusiasmo per la vita. Tutto questo in un periodo di circa 10 anni. In questo “tour dell’escursionista” appaiono risposte esagerate, grida, porte sbattute, pianti e ira che rivoluzionano la convivenza fino a quel momento pacifica. Questa valanga di emozioni si può manifestare anche nel ritrarsi, nell’incomunicabilità e nell’abbattimento.

Ad ogni modo, ciò che conta è sapere che l’adolescente non è impazzito né è posseduto da un entità sconosciuta che ha soppiantato il tenero bambino che si aveva fino a poco prima. Prima di chiamare l’esorcista del quartiere, è raccomandabile cercare di capirlo, accettarlo e saperlo guidare (accompagnarlo). Per fare questo, è compito di ogni genitore o formatore informarsi e cercare aiuto per compiere i passi giusti come guide, creando un ambiente che favorisca l’adattamento del ragazzo. C’è letteratura in abbondanza al riguardo, come non mancano persone qualificate. Quello che non si deve fare è far passare inosservata questa tappa senza sapere come agire. Prevenire è meglio che lamentarsi in seguito, soprattutto se parliamo della vita di un figlio.

4. In famiglia si ama per il fatto di essere

“Chi può non domandare alla famiglia umana di essere una vera famiglia, una vera comunità, dove si sta amando l’uomo, dove si sta amando ciascuno per il solo titolo che è un uomo, che è quello unico, irripetibile, che è una persona?”. Con queste parole Giovanni Paolo II descrive una realtà che in definitiva non cambia quando quel piccolo bambino che guardava solo attraverso i nostri occhi diventa quell’essere strano che ci sembra più complicato di una formula di fisica quantistica. Ma, come dice bene il testo citato, in famiglia si ama permanentemente per il fatto di essere, di esistere, indipendentemente dal ruolo sociale o professionale. Non è un amore condizionato. È in famiglia che si entra liberamente e con fiducia, lasciando fuori tutte le maschere, perché dentro casa non sono più necessarie. Ed è con quell’amore che si devono amare i figli adolescenti, nonostante le loro grida, le sgarberie o le crisi esistenziali. Perché non si tratta solo di accettarli e quindi amarli con rassegnazione. È qualcosa di più grande: è solo attraverso un amore incondizionato – senza abbandonare la fermezza e l’esigenza – che riusciranno a compiere quel grande passo dall’infanzia all’età adulta in modo armonioso, sentendosi sicuri di sé, con un’autostima salutare e con speranza per il futuro. Amarli non è una cosa che si deve dare loro come premio per la buona condotta. Al contrario. Solo con un amore sereno e maturo da parte dei genitori impareranno ad amare in modo maturo, completo e incondizionato se stessi e il prossimo. Una cosa senz’altro imprescindibile per raggiungere la vera felicità.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

FONTE: CATHOLIC-LINK

Tags:
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