Tutta la storia del cristianesimo è attraversata da questo dilemma: come opporsi al male senza che l’uomo si faccia trascinare nell’abisso, esponendosi così al contagio dello spirito? Come evitare che la battaglia contro l’errore si tramuti in odio contro l’errante? San Bernardo di Chiaravalle per questo aveva addirittura elaborato la dottrina cosiddetta del “malicidio”. Secondo san Bernardo la necessità dei templari di combattere – ed eventualmente uccidere – coloro che minacciavano i pellegrini e Gerusalemme non doveva mai trovare il movente nell’odio per l’avversario, ma solo nella necessità di arrestare il male oggettivo che egli apportava col proprio agire.
Anche in battaglia il “miles Christi” deve continuamente purificare il proprio cuore, in modo da ricordare che mai deve essere mosso dall’odio per la persona del proprio avversario, ma solo dall’intento di combattere il male di cui è portatore. Malicidio, uccisione senza odio. Per questo la prima cosa da chiedere è di “restare cristiani”, di non disperdere la carità nei miasmi dell’alterigia e del disprezzo. In caso contrario anche “difendere la vera fede” può diventare opera demoniaca. È la tentazione pragmatico-utilitaristica che vediamo descritta proprio da Tolkien nel Signore degli Anelli: opporsi al male con gli strumenti da lui forgiati (l’Anello dell’oscuro Sire) finisce per trasformare in operatori d’iniquità, rende strumenti del male, per quanto nobili potessero essere le intenzioni di partenza.
Anche nell’agone il cristiano deve militare dalla parte del Dio della vita. Lo sa bene pure Hadjadj, che conclude così il suo vibrante editoriale: «Il comunicato di Daesh che rivendica l’«attacco benedetto» parla di Parigi come della capitale «che porta la bandiera della croce in Europa». Quanto vorremmo che dicesse la verità. La guerra è qui: nel coraggio di avere una speranza tanto forte da poter dare le nostre vite e dare la vita».