A guardare i numeri, la vera questione non sarebbe la "quantità" di islamici, ma la "qualità" morale dei paesi che accolgono
Lunedì su questo blog veniva suggerita l’ipotesi che vi fosse un legame, a livello europeo, fra la perdita dei valori religiosi e il fenomeno dei «giovani che si gettano fra le braccia prima dell’Islam e poi della sua degenerazione terroristica qualcosa». Veniva anche riportata, al riguardo, l’opinione del sociologo iraniano Farhad Khosrokhavar, direttore di ricerca dell’École des hautes études en sciences sociales di Parigi e studioso dell’immigrazione islamica in Europa, secondo cui la crisi che porta i giovani alla rottura con le società occidentali non deriva tanto dal rifiuto dei valori che queste offrono a loro, ma piuttosto nel vuoto di regole morali che li accoglie. In sostanza non sarebbe da escludere una correlazione tra il fenomeno della secolarizzazione e la crescente simpatia, in alcuni giovani, verso il terrorismo di matrice islamista; simpatia che le stragi perfino accentuerebbero: «Secondo alcune valutazioni – ricorda il sociologo delle religioni Massimo Introvigne, riferendosi agli ultimi mesi – i combattenti partiti dalla Francia per arruolarsi nell’ISIS sono più di ottocento» (LaNuovaBQ.it, 18.11.2015).
Molto interessanti sono le stime, riprese anche da Internazionale, dell’International centre for the study of radicalisation and political violence, un’organizzazione indipendente, su coloro che hanno lasciato l’Europa per divenire miliziani dell’ISIS: sarebbero circa quattromila. L’aspetto più significativo emerge però quando si va a vedere quali sono gli Stati d’Europa dai quali l’ISIS ha ottenuto, in termini di partenze, maggiori adesioni: considerando come parametro il milione di abitanti, in testa vi sono Belgio (40), Danimarca (27), Svezia (19), Francia (18), Austria (17), Paesi Bassi (14,5), Finlandia (14,5). Un primo dubbio, a questo punto, potrebbe essere il seguente: non sarà che si tratta anche dei Paesi che ospitano le comunità mussulmane più numerose? La risposta è negativa: la Francia, da sola, ospita quattro volte gli islamici presenti in Belgio, Danimarca e Svezia insieme che però – come si è visto – la precedono nel numero di aspiranti terroristi. La stessa Italia ospita più del doppio dei mussulmani presenti in Danimarca e Svezia ma è un Paese dal quale sembra partire un numero basso di volontari per il Califfato: 1,5 soggetti ogni milione di persone.
Per quanto l’integrazione col mondo mussulmano sia certamente questione seria, non è quindi vera l’equazione per cui a più mussulmani presenti in un Paese corrispondano, in modo automatico e diretto, più fondamentalisti: trattasi di una constatazione non banale, che conferma l’esistenza, in Europa, di una maggioranza di fedeli islamici che si possono definire moderati. Ma allora, più che il numero dei mussulmani, che cosa accomuna Paesi come Belgio, Danimarca, Svezia e Francia, Austria e Paesi Bassi? Una risposta utile emerge da un lavoro di qualche anno fa a cura dei ricercatori del NORC Institute dell’Università di Chicago i quali hanno voluto tracciare un quadro religioso a livello mondiale prendendo in considerazione molti Stati. Ebbene, leggendo questo studio e soffermandosi in particolare sulla classifica della percentuale di persone che dichiarano di non credere in Dio e di non averci mai creduto, ai primi posti spuntano – sorpresa – Paesi quali la Francia (19.3), la Svezia (18.4), la Danimarca (16.7) e i Paesi Bassi (15.3) (cfr. Beliefs about God across Time and Countries, 2012).