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Il comandante Alfa: rischio la vita ogni giorno ma Dio mi dà coraggio

WEB COMANDANTE ALPHA ITALIA POLICE Vimeo

© FRANCESCO SANDONA.IT / VIMEO

Mirko Testa - Aleteia - pubblicato il 16/11/15

Interviene nelle situazioni più delicate come rapimenti e attentanti. Ecco come prega l'uomo delle missioni impossibili

“Sono cattolico e penso di essere molto credente. Ho molta fede in Dio e ogni mio passo è rivolto a lui”. Il “mefisto” lascia intravedere solo lo sguardo mentre il leggero accento siciliano tradisce la sua provenienza. E’ questa la carta d’identità mostrata alla rivista “Credere” (15 novembre) dal comandante Alfa, uno dei cinque fondatori del Gis, il Gruppo d’intervento speciale voluto nel 1977 dall’allora ministro dell’interno Francesco Cossiga. Un reparto d’élite, formato da uomini addestrati duramente per far fronte e risolvere le situazioni più a rischio come rapimenti, liberazione di ostaggi e dirottamenti di aerei.

Nel 1990 liberò Patrizia Tacchella, 8 anni, figlia del titolare del celebre marchio di abbigliamento Carrera. Nel 1997 Alfa era a Venezia per fermare gli assalitori del campanile di San Marco. Nel 2004 era in Iraq e ancora oggi non dimentica gli occhi gonfi di lacrime di un bimbo incontrato in un palazzo sventrato i Nassiriya.

Da uomo d’azione qual è abituato a guardare in faccia la morte, non ci si aspetterebbe un animo tanto delicato e proteso verso Dio, eppure ammette: “Alle volte, con il lavoro che faccio, mi risulta difficile essere assiduo nella frequentazione della Messa ma per la mia famiglia è un appuntamento irrinunciabile, quando sono a casa vado in chiesa con i miei ragazzi”.

Il comandante Alfa parla poi delle sue “due mamme”. Di sua madre dice: “La ingrazierò per sempre di avermi dato un’educazione cristiana e di essere stata per me un esempio di onestà e legalità”. Ed aggiunge poi di nutrire un amore particolare e tutto filiale anche per la Madonna – “Maria è la nostra mamma, la mamma di tutti, che posa il suo sguardo benevolo sui suoi figli e ci protegge” -, oltre ad essere particolarmente legato al santuario di Montenero, posto su una collina che domina il porto di Livorno.

Una fede robusta la sua alimentata dalla preghiera: “Prego per i figli, la salute, la famiglia. In più, come operatore del Gis, è inevitabile chiedere a Dio protezione per la propria vita e per quella dei colleghi, che sono una seconda famiglia, e la buona riuscita delle operazioni: che non ci siano né morti né feriti, e che riceviamo tanta forza morale e spirituale per poter affrontare situazioni complicate”.

La sua giornata, spiega, “inizia affidando aspettative, paure e speranze a Dio facendo un segno della Croce e ricordando a noi stessi e ai giovani carabinieri del reparto di mettere da parte ogni esaltazione. Esiste un solo Dio e non ha certamente le sembianze di un carabiniere del Gis”.

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testimonianze di vita e di fede
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