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5 modi per riattivare la vostra vita di preghiera

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Elizabeth Scalia - Aleteia - pubblicato il 11/11/15

Se vi sentite frustrati nella preghiera, non vi preoccupate. È molto semplice

Conoscete quell’assillante senso di necessità. Volete pregare, ma siete bloccati e dubbiosi. Forse pensate che Dio non voglia sentire niente da voi perché vi siete tenuti a distanza per un po’.

Forse in passato pregavate e sapete che la preghiera matura è qualcosa di più di semplici richieste a Dio, ma non siete sicuri di come agire.

Forse siete davvero indaffarati, e temete che perseguire “la pratica della preghiera” implichi un impegno che non vi potete permettere.

O forse vi state semplicemente tirando indietro dalla preghiera perché temete di “fallire”.

Tranquillizzatevi. L’unico modo per “fallire” nella preghiera è non provarci nemmeno.

E non c’è niente che Dio non voglia sentire da voi. Dio è così affamato della vostra compagnia che, come il padre del figliol prodigo, scruta sempre l’orizzonte per scorgere il minimo barlume della vostra presenza. Dio può affrettare e affretterà l’incontro che cercate – come nella parabola – se prima esprimete chiaramente il fatto di desiderarlo. “Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Luca 15, 20).

Il nostro Dio è un grande paradosso di potere ed educazione; è onnipotente ma resta alla porta e bussa, aspettando gentilmente il nostro consenso e che gli apriamo. Avendoci dato il libero arbitrio, aspetta sempre che ci volgiamo a lui.

Il bacio di Dio è raggiungibile, e completamente per grazia; il nostro sforzo deve consistere in poco di più del voler fare la cosa giusta, o dell’ammettere il semplice desiderio di pregare. “Credo che il desiderio di compiacerti ti compiaccia”, ha scritto Thomas Merton. Se riuscite ad accettare questa vera premessa, allora potete riattivare la vostra vita di preghiera in modi molto semplici.

1) Farsi il segno della croce

Quando ero bambina, pensavo al segno della croce come a una sorta di “chiave” con cui potevo aprire e chiudere la mia connessione con Dio – una chiave di un portone, per così dire. Mia nonna mi ha insegnato a farmi il segno della croce ogni volta che sentivo una sirena o vedevo un’ambulanza o qualsiasi tipo di veicolo d’emergenza, e nella mia immaginazione quel piccolo atto è diventato una specie di servizio di consegna: segnarmi diventava il mezzo con cui spingevo la necessità che era di fronte ai miei occhi (o alle mie orecchie) in quel portale di Dio. Ora sono cresciuta, ma mi faccio ancora il segno della croce in quelle occasioni, quando mi viene in mente un nome o una necessità mentre sto lavorando o quando l’ansia minaccia di impossessarsi di me. Riconosco semplicemente quello che ho di fronte: un’ambulanza, una necessità, una paura, un pensiero arrabbiato, e mi segno e libero tutto nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo. È una preghiera veloce e un buon punto di partenza.

2) Sviluppare l’abitudine di “far schizzare” la propria preghiera

Tempo fa la definivamo “preghiera che schizza”, ma ora viviamo in un’era molto meno matura e molto più tesa, per cui questa definizione si usa di meno, il che è un peccato, perché l’immagine della preghiera che esce da noi come l’acqua che sgorga dal rubinetto di una fontana sotto pressione è assai adatta. Basta poco. Quando ascoltiamo notizie terribili, possiamo pensare “Gesù mio, misericordia!” Quando era sotto stress, mia madre esclamava: “Gesù, Maria e Giuseppe, aiutateci!” Sono preghiere, e sono valide, ma il fatto di “schizzare” non deve riguardare sempre la pressione e lo stress. Possiamo far schizzare anche la nostra lode. Nel romanzo di Henry Morton Robinson The Cardinal, Dennis Fermoyle, l’autista padre di un futuro sacerdote, più volte al giorno si toglie il cappello e offre uno “schizzo” di preghiera mentre passa davanti alle chiese, dicendo “Beato sia Gesù nel Santissimo Sacramento”. Potete farlo anche voi, è facile. Mentre mettete i bambini a letto, dite: “O Dio, tu e le tue creature siete grandi”. Quando iniziate un compito, dite: “Signore, il mio meglio è per te”; quando cercate di pagare i conti dite: “Lode a Dio da cui deriva ogni benedizione”.

3) Notare qualcosa di bello

“La bellezza salverà il mondo”, ha scritto Dostoevskij, ed è vero. Niente di affrettato e niente di brutto ci porterà fuori da noi stessi e ci darà un’apertura per incontrare Dio, ma la bellezza può farlo e lo farà. Uscendo ieri dalla chiesa, ho notato una bella foglia rossa, caduta in un turbinio d’autunno proprio di fronte a me. L’ho presa e l’ho messa sul cruscotto della macchina, e mi ha fatto notare gli alberi mentre tornavo a casa, sfarzosi nel loro ultimo grido di colore prima di spogliare i propri rami per l’inverno. Mi ha fatto pensare alla morte e alla resurrezione, e a Cristo: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose…”. La giornata è diventata piena di speranza, e il percorso è stato molto più fruttuoso a livello spirituale grazie a una foglia di quanto avrebbe mai potuto esserlo con la distrazione della radio.

A questo proposito:

4) Ascoltare

Spegnete la radio quando guidate. Spegnete la televisione mentre cenate, anche se state da soli. Spegnete qualsiasi cosa e date alla vostra mente e al vostro spirito la possibilità di collegarsi attraverso un po’ di silenzio. Siamo così bombardati dal rumore e dalle immagini che la “piccola voce silenziosa” con cui parla Dio non può essere scoperta, o quando lo è sembra terribilmente intima. Non deve sembrare necessariamente così. “Per me la preghiera è uno slancio del cuore, è un semplice sguardo verso il cielo”, ha scritto Santa Teresa di Lisieux. Per voi può essere lo stesso. Nel rumore del silenzio, un semplice slancio. “Mi hai chiamato, Signore, eccomi”. E poi ascoltare.

5) Cantare

Sant’Agostino diceva che chi canta prega due volte. Conoscete le canzoni e gli inni da quando eravate giovani. Anche se non li sentite in chiesa in questo periodo, fate che siano un balsamo e una consolazione per voi, ma anche un mezzo di preghiera. “Cantate di Maria, pura e umile, vergine Madre incorrotta/cantate del Figlio di Dio, il santissimo, che è diventato suo figlio/il figlio più bello della madre più bella, Signore Dio venuto sulla terra/Verbo fatto carne, nostro fratello, assume la nostra natura con la sua nascita…” È un inno, e una preghiera, e anche una buona catechesi.

Se non fa per voi, potete cantare delle preghiere in altri modi. Potete usare parti della Messa, cantando “Kyrie Eleison/Christe Eleison/Kyrie Eleison” o un semplice e sempre pertinente “Agnus Dei qui tollis peccata mundi, miserere nobis…

Se non va bene neanche questo, è sempre accettabile ricorrere a qualcosa di secolare ma devoto, come questo passo della canzone di Paul Simon Some Folks’ Lives Roll Easy:

“Eccomi qui, Signore, sto bussando alla tua porta. So che non c’entro, ma hai detto che se mai fossi caduto così in basso potevo contare su di te…”

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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