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Quelle medaglie a metà. La storia di carità all’Istituto degli Innocenti

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 10/11/15

Lasciati ma non abbandonati. Da oltre 600 anni a Firenze lo "Spedale" è il centro dell'accoglienza dei più piccoli

La storia dello “Spedale degli Innocenti” è chiusa in quelle migliaia di medagliette spezzate a metà, con cui a cui le madri affidavano la speranza di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Un gesto di amore e speranza che Papa Francesco ha indicato come strada per la chiesa italiana, chiamata ad accogliere e prendersi cura di quella “metà” che sono i nostri poveri. Come succedeva allora – all’inizio del ‘400 – e da allora per sei secoli ininterrottamente. “Questo luogo non ha mai smesso di funzionare e ha accolto oltre 500mila bambini” racconta Alessandra Maggi, presidente di quello che oggi è l’Istituto degli Innocenti, che si affaccia su Piazza SS. Annunziata e sulla città di Firenze. L’Istituto nasce per volontà di un mercante pratese, che lascia mille fiorini al Comune di Firenze perché acquisti un terreno su cui far sorgere un luogo per i “gittadelli”, i bambini abbandonati. La progettazione viene affidata dai mercanti dell’arte della seta a Filippo Brunelleschi, l’architetto più importante dell’epoca, che stava realizzando la cupola del duomo, a poche centinaia di metri.

Brunelleschi – racconta la presidente Maggi – “progetta il loggiato esterno che si apre alla città, simbolo di accoglienza” e realizzato in pietra e intonaco, una tecnica nuova per l’epoca. E così comincia questa lunga avventura. I bambini che venivano accolti avevano spesso “segni di riconoscimento: mezze medaglie, fili di perline, che danno il senso di come la mamma non li volesse abbandonare ma non potendosene prendere cura li lasciava, li affidava a qualcuno che poteva allevarli”. La vita quotidiana all’interno dello Spedale (come era chiamato in passato) si svolgeva con “una grande attenzione alla cura e all’istruzione, ai loro percorsi di vita: i maschi uscivano prima e andavano a lavorare nelle botteghe, le femmine rimanevano più a lungo all’interno dell’Istituto; uscivano se si maritavano e l’istituto poteva dar loro la dote, oppure andavano in convento o a servizio delle famiglie o rimanevano all’istituto come assistenti”.

Grande attenzione anche alla salute: all’interno dell’Istituto operavano medici importanti, c’era uno stretto legame con l’ospedale e proprio all’interno dell’Istituto nascono la cattedra di ostetricia e quella di pediatria. Altro segno di attenzione a questi bambini è il cognome: “Quando agli inizi dell’800 il cognome diventò obbligatorio, l’istituto smise di indicare i bambini con cognomi – Innocenti, Degli Innocenti, Innocentini – che chiaramente indicava il luogo di provenienza, e inventava i cognomi. Un modo per dare cittadinanza a questi bambini”. E poi la bellezza: “Quello che era partito con la progettazione del Brunelleschi è proseguito nei secoli. Anche nel Rinascimento, gli artisti venivano accolti, venivano commissionate opere d’arte che servivano per i luoghi di vita dei bambini, una sorta di museo diffuso”.

La presidente Alessandra Maggi sottolinea che “questo luogo non ha mai smesso di funzionare, pur trasformandosi per le esigenze dei tempi. L’orfanotrofio ha smesso di funzionare alla fine degli anni ’70, sostituito da più piccole strutture diffuse sul territorio, le case di accoglienza. “Un percorso importante, che ha trasformato questo luogo senza che ne venissero meno le finalità”. Oggi l’istituto è diventato una azienda pubblica di servizi alla persona, che gestisce servizi educativi, laboratori per l’infanzia, progetti per la genitorialità, e anche gli asili nido del centro storico, “una esperienza importante visto che c’è una percentuale molto alta di bambini nati a Firenze ma con genitori che vengono da altre parti del mondo. Quindi c’è già in questa età una forte integrazione. Ospitati negli spazi dell’Istituto anche una piccola struttura che ospita sette bambini e altre due che accolgono madri con bambini. Di rilievo anche l’attività di studio, ricerca e documentazione, che fa dell’Istituto un unicum a livello nazionale e internazionale per le ricerche su infanzia e adolescenza.

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