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La religione che fornisce la spiegazione più razionale? Il cristianesimo

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Unione Cristiani Cattolici Razionali - pubblicato il 10/11/15

La conclusione di Richard Swinburne, uno dei più eminenti filosofi della religione del nostro tempo

Se mettessimo su una asettica bilancia delle probabilità l’esistenza di Dio e la non esistenza di Dio, la conclusione sarà che, si, probabilmente c’è un Dio. Ma non un Dio qualunque, soltanto una delle principali religioni del mondo, infatti, ha la possibilità razionale di rivendicare di essere vera: il cristianesimo.

Questa è la conclusione a cui è giunto il celebre filosofo Richard Swinburne, uno dei più eminenti filosofi della religione del nostro tempo, nel suo libro più popolare: “Esiste un Dio?” (Lateran University Press 2013). Un’opera destinata al grande pubblico, certo, ma che è comunque un saggio filosofico nel quale Swinburne affronta dettagliatamente diverse argomentazioni, e confutazioni delle possibili obiezioni, per arrivare alla sua conclusione.

La fondamentale premessa è accettare che una tesi è probabilmente vera se:
1) Porta ad aspettarci (con precisione) numerosi eventi differenti che si possono osservare;
2) ciò che viene proposto è semplice;
3) Si adatta molto bene alle nostre conoscenze del contesto;
4) Non c’è un’altra argomentazione concorrente che soddisfa i criteri 1-3 così bene come la tesi da noi proposta.

Per rispondere al grande dilemma metafisico del perché c’è qualcosa anziché il nulla esistono tre spiegazioni definitive: il materialismo, secondo cui l’esistenza e il funzionamento di tutti i fattori coinvolti nella spiegazione personale (le cose avvengono perché provocati intenzionalmente da qualcuno) hanno una spiegazione inanimata completa (le cose avvengono perché causati da cose inanimate). L’umanesimo, invece, è una teoria mista e sostiene che l’esistenza e il funzionamento dei fattori coinvolti nella spiegazione inanimata non hanno tutti una spiegazione ultima in termini personali. Infine il teismo, ovvero che l’esistenza e il funzionamento dei fattori coinvolti nella spiegazione inanimata debbono essi stessi essere spiegati in termini personali.

«La tesi di questo libro», spiega Swinburne, «è che il teismo fornisce di gran lunga la spiegazione più semplice di tutti i fenomeni. Il materialismo, a mio parere, non è un’ipotesi semplice, ed esiste uno spettro di fenomeni che, con grandissima probabilità, non risulta in grado di spiegare. L’umanesimo costituisce un’ipotesi ancora meno semplice del materialismo» (p. 48,49). Il materialismo, in particolare, postula che ogni spiegazione completa del fatto che le cose si comportano come si comportano è fornita dai poteri e dagli obblighi di un numero immenso (forse infinito) di oggetti materiali. Il teismo, al contrario, afferma che ogni singolo oggetto che esiste è causato ad esistere e mantenuto in esistenza da un’unica sostanza, Dio. La spiegazione più semplice postula un’unica causa, per questo il teismo è anche più semplice del politeismo. Soltanto questa tesi soddisfa i quattro criteri iniziali: è la teoria più semplice che prevede fenomeni osservabili quando non ci aspetteremmo altrimenti di osservarli.

Questa Causa, sostiene il teismo, non può che avere necessariamente alcune caratteristiche precise: una Persona con un potere infinito (onnipotenza), conoscenza infinita (onniscienza) e libertà infinita (non viene influenzato). Sostenere queste proprietà di Dio è anch’essa la spiegazione più semplice che non il contrario (ad esempio diventa una spiegazione complicata postulare che Dio sia venuto all’esistenza in un certo momento, così come se introduciamo un limite ai suoi poteri ecc.) Ovviamente il filosofo spiega e dettaglia ogni sua affermazione e conclusione a cui giunge, cosa che qui per motivi di spazio non è possibile fare.

Se Dio esistesse, prosegue il ragionamento, ci aspetteremmo che la sua creazione sia ordinata, non dominata dal caos, e quindi che fosse governata da poche leggi, sempre le stesse. Ed infatti, tutti gli elementi dell’Universo non soltanto esistono ma si comportano esattamente allo stesso modo, obbedendo alle stesse leggi della natura (dalle galassie più lontane alle particelle del nostro corpo). Non domina il caos ma l’ordine è la regola, inoltre tutti gli oggetti rientrano in dei generi i cui membri si comportano in modo uguale tra loro in maniera ancora più specifica (ogni elettrone si comporta come un altro elettrone per respingere un elettrone con la stessa forza elettrica, così come ogni tigre si comporta come ogni altra tigre ecc.). Senza una causa di tutto sarebbe una coincidenza davvero straordinaria, «troppo straordinaria perché qualunque persona razionale vi creda», così come sarebbe poco razionale non ipotizzare una autore comune se trovassimo tutti i documenti presenti in una stanza scritti con la stessa calligrafia.

La semplice ipotesi del teismo porta ad aspettarci tutti i fenomeni descritti con un ragionevole grado di probabilità: un Dio onnipotente non solo ha buone ragioni per farlo, ma è in grado di produrre questo mondo ordinato. Allo stesso tempo postulare Dio di fronte a tutto questo è una reazione naturale e razionale (è la base della quinta “via” di S. Tommaso d’Aquino, cioè il comportamento ordinato dei corpi materiali che hanno la tendenza a muoversi verso un fine). Non ci sono argomenti alternativi che soddisfano i criteri posti inizialmente, ovvero non c’è un’altra ipotesi semplice che porta ad aspettarci questi fenomeni osservabili. Il filosofo, inoltre, confuta le obiezioni del principio antropico e del multiverso, così come respinge l’accusa di utilizzare un “Dio delle lacune“: «non sto postulando un dio che serva semplicemente a spiegare le cose che la scienza non ha ancora spiegato. Io postulo Dio per spiegare perché la scienza spiega. Proprio il successo della scienza a spiegarci quanto è profondamente ordinato il mondo naturale fornisce una forte motivazione per credere che esiste una causa ancora più profonda di quell’ordine» (p.79).

Collegandosi al punto precedente, Swinburne aggiunge che un maestoso ordine regola anche l’infinita complessità dei corpi umani e dei corpi animali. Un ordine emerso tramite leggi evolutive, ma l’evoluzione è uno strumento non una spiegazione ultima: non spiega infatti perché abbiano funzionato quelle leggi evolutive (oltretutto guidate da limiti e confini ben precisi) e non altre, non spiega da dove nascano le stesse leggi evolutive e perché c’erano proprio quegli elementi chimici sulla Terra. Gli esseri umani sono anche esseri coscienti, mentre gli atomi non lo sono: la coscienzanon può essere una proprietà di un semplice oggetto materiale, ma dev’essere proprietà di qualcosa connesso al corpo che, tradizionalmente, si chiama anima, a cui appartiene la vita cosciente del pensiero e dei sentimenti. Essa non può essere oggetto di studio da parte della scienza, non si rileva la vita cosciente ispezionando il cervello, per questo (e per tanti altri motivi) la dimensione mentale va distinta dal cervello.

Così, in qualche momento della storia evolutiva i corpi degli uomini sono diventati connessi alle anime e questo è al di fuori di una spiegazione scientifica: perché un cervello darebbe origine alla coscienza? E perché proprio questi specifici eventi mentali? Servirebbe una teoria scientifica corpo-anima formata da alcune semplici leggi, quindi che preveda che certi eventi cerebrali daranno luogo a certi eventi mentali. Ma non è possibile l’esistenza di tale legge scientifica poiché gli eventi mentali differiscono in termini misurabili dagli eventi mentali. Soltanto il teismo può offrire una risposta semplice, soddisfacente e razionale, considerando che soltanto un Dio buono ha una buona ragione per causare l’esistenza delle anime e unirle ai corpi, rendendoli consapevoli di ciò che li circonda. Così, «l’ipotesi di Dio ci conduce con una certa probabilità ad aspettarci anche questi fenomeni»(p. 106).

Un capitolo del libro è utilizzato a spiegare perché l’esistenza del male non è una obiezione all’esistenza di Dio, interessante anche il capitolo dedicato alla razionale probabilità che questo Dio intervenga nella storia (miracoli) e, conseguentemente, molti argomenti portano a riconoscere solo nellareligione cristiana (diversa per numerose caratteristiche da tutte le altre) la volontà di Dio di rivelare alcune verità agli uomini.

La conclusione di questo affascinante percorso del celebre filosofo è che «l’esistenza, l’ordine, la regolazione accurata del mondo; l’esistenza di esseri umani coscienti in esso con provvidenziali opportunità di plasmare se stessi, plasmarsi a vicenda e plasmare il mondo; alcune prove storiche di miracoli collegati con necessità umane e preghiere, particolarmente in connessione con la fondazione del cristianesimo, completate infine dell’evidente esperienza di milioni di persone delle sua presenza, tutto ciò rende significativamente più probabile che ci sia un Dio anziché il contrario» (p. 153).

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