Il Decano della Rota Romana: ogni vescovo può recedere dai tribunali regionali interdiocesani e costituire il proprio tribunale diocesano senza chiedere l’autorizzazione alla Santa Sede.Le norme del motu proprio «Mitis iudex dominus Iesus», con le quali Papa Francesco ha rinnovato i processi per le nullità matrimoniali, snellendo e velocizzando le procedure, eliminando la necessità della doppia sentenza conforme e attribuendo nuove e dirette responsabilità ai singoli vescovi, si applica pienamente anche in Italia, nonostante la presenza nel nostro Paese dei tribunali regionali interdiocesani.
Lo ha spiegato il Decano della Rota Romana, Pio Vito Pinto, aprendo mercoledì scorso le attività accademiche 2015-2016 dello Studio rotale, un atto al quale è intervenuto il Sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu. L’intervento di Pinto ha chiarito che i tribunali regionali in Italia, stabiliti nel 1938 da Pio XI e non specificamente aboliti da Papa Francesco nel suo motu proprio pubblicato l’8 settembre scorso, non impediscono l’applicazione della riforma.
Lo scorso 13 ottobre il Pontificio consiglio per i testi legislativi – con una risposta a firma del presidente Francesco Coccopalmerio e del segretario Juan Ignacio Arrieta – aveva dichiarato che le disposizioni date da Pio XI «vigenti finora, sulla cui base sono stati poi adottati dall’episcopato italiano altri provvedimenti, anche di natura economica, devono ritenersi in pieno vigore». Inoltre, si avvertiva: i vescovi «che eventualmente ritenessero di dover recedere dai Tribunali regionali dovranno ottenere la relativa “dispensa” della Santa Sede dalla norma generale», rivolgendosi al Tribunale della Segnatura Apostolica.
In realtà, ha detto il Decano della Rota, in forza del motu proprio papale, il vescovo diocesano non deve chiedere il permesso alla Santa Sede se intende recedere dal Tribunale regionale per costituire il proprio tribunale diocesano. Secondo quanto stabilito dalla riforma papale, questo nulla osta vaticano non è da chiedere nemmeno se due vescovi della stessa provincia ecclesiastica decidono di recedere dal tribunale regionale e di costituire un tribunale comune per le due diocesi. Il permesso alla Santa Sede va chiesto soltanto nel caso in cui quest’ultima iniziativa comune venga presa da due vescovi che appartengono a due diverse province ecclesiastiche. Insomma, la riforma delle nullità matrimoniali si applica pienamente anche in Italia ed entrerà in vigore come previsto l’8 dicembre.
«Il Santo Padre, al fine di una definitiva chiarezza nell’applicazione dei documenti pontifici sulla riforma matrimoniale, ha chiesto al decano della Rota romana che venga chiaramente manifestata la mens del supremo legislatore della Chiesa sui due motu proprio promulgati l’8 settembre 2015», ha affermato Pinto. «Il vescovo diocesano ha il diritto nativo e libero in forza di questa legge pontificia di esercitare personalmente la funzione di giudice e di erigere il suo tribunale diocesano». Inoltre, «i vescovi all’interno della provincia ecclesiastica possono liberamente decidere, nel caso non ravvedano la possibilità nell’imminente futuro di costituire il proprio tribunale, di creare un tribunale interdiocesano; rimanendo, a norma di diritto e cioè con licenza della Santa Sede, la capacità che metropoliti di due o più province ecclesiastiche possano convenire nel creare il tribunale interdiocesano sia di prima che di seconda istanza».
Nella sua prolusione, in quella stessa occasione, monsignor Becciu aveva notato che «il concetto di una potestas iudiciaria demandata a un tribunale interdiocesano o regionale, nella legislazione canonica era pressoché ignorato almeno fino al 1938, anno in cui Pio XI costituì in Italia i tribunali regionali, per le cause contenziose di nullità di matrimonio». Attraverso un documentato excursus storico, il Sostituto della Segreteria di Stato ha osservato che «la dottrina non ha mai negato la potestas iudicialis episcopalis e, nel solco di questa antica traditio Ecclesiae, l’intero magistero dei successori di Pietro lo ha più volte ribadito, soprattutto in occasione delle allocuzioni alla Rota Romana».Il «ritorno alla funzione personale del vescovo diocesano nel processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio», stabilita da Papa Francesco, «è la risposta emersa dal Sinodo straordinario sulla famiglia».