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Possiamo conoscere la storia e il nome di tutti gli Angeli?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 07/11/15

Don Marcello Stanzione: i nomi degli Angeli sono impenetrabili a noi sulla Terra. La Bibbia ne richiama tre. Ma ne sono nominati altri nei testi apocrifi

Un lettore ci chiede: “Mi piacerebbe capire se, in senso religioso, ogni Angelo abbia un nome, e quindi poter conoscerne la sua storia o altre informazioni”.

Aleteia si è rivolta a don Marcello Stanzione, autore di oltre 50 libri sugli Angeli, di cui è uno dei maggiori studiosi in Italia. «Parlare di nomi angelici – premette don Marcello – è, al momento, una facilità imposta dal mondo materiale in cui noi evolviamo. Se è certo che l’individualità degli Spiriti impone che essi abbiano una identità, essa non si traduce in linguaggio terreno col ricorso ad un certo numero di sillabe articolate».

INEFFABILI ED IMPENETRABILI
Questo significa che «i nomi degli Angeli sono per essenza ineffabili. I veri nomi angelici ci restano impenetrabili, tutto almeno nella realtà in cui noi siamo». Eppure, nota don Marcello, «l’umanità non ha pertanto mai smesso di cercare i nomi degli Angeli».

L’IMPORTANZA DEL NOME
Il nome, «nelle coscienze antiche ed in tutte le civilizzazioni, è di una importanza primordiale. Nominare è un atto decisivo che rinviene dal Sacro. Può stabilire un legame personale; può soprattutto dare un potere, una presa sull’essere o la cosa così chiamata. Quando Dio ha completato di creare gli animali, Egli li conduce davanti ad Adamo e gli chiede di dare loro un nome a suo piacimento (Gen.2,19-20)».

LA BIBBIA E GLI APOCRIFI
Ora la Bibbia, spiega lo studioso, non cita nominativamente che tre Angeli: Michele, Gabriele, Raffaele. «Per gli altri, è il silenzio completo. Sono i Libri apocrifi dell’Antico e del Nuovo Testamento ad evidenziare altri nomi di Angeli». In primo luogo nel Libro di Enoch («occorre d’altronde notare che il Libro di Enoch è guardato come canonico da talune Chiese cristiane, principalmente l’etiope»); ed in due Apocalissi apocrife, quella di Enoch e quella di Esdra. Bisogna aggiungere a queste fonti un testo della Chiesa primitiva, Il Pastore di Erma. Ed alcuni testi dell’Alto Medio Evo, litanie caroline contemporanee di Carlo Magno e Libri di Beda.

STRANE DENOMINAZIONI
Da lì, osserva don Marcello, vengono quelle litanie strane che, al momento, designano talvolta lo stesso Spirito sotto diverse denominazioni. Raffaele è chiamato così Surgian in alcuni testi; esso si avvicina con degli Angeli difficilmente identificabili: Raguele, Sarachiele, Zutele, Rufaele, Fanuele, Tohibele, Rumiele, Paniele, Renele, Azaele, Barachiele; ed altri i cui nomi hanno delle consonanze più bizzarre ancora: Gabuleton, Aker, Arfugitonos, Beburos, Zebulon, Pantasaron, Urian, Arsialaliun…

«Bisogna veramente meravigliarsi se dei sacerdoti prudenti hanno temuto che si trattasse di demoni? – si domanda lo studioso -. Eppure, nei primi secoli della Chiesa, taluni degli Angeli invocati sotto questi nomi hanno avuto la loro ora di gloria».

L’ANGELO DEL PENTIMENTO E DELLA PENITENZA
Il Libro di Enoch mette in scena Phanuel o Fanuel, Spirito guerriero, che combatte i demoni, esorcista, tutte qualità che lo collegano al Coro delle Potenze. Fanuel è un difensore attivo dell’umanità nella misura in cui egli impedisce agli Spiriti ribelli di avvicinarsi al trono di Dio per accusare gli uomini davanti a Lui. Enoch lo considera come l’Angelo del pentimento e della penitenza. E’ molto verosimilmente questo Fanuele di cui parlano, senza nominarlo, Clemente d’Alessandria ed Erma quando invocano “l ‘Angelo della Penitenza che tiene il diavolo sotto la sua potenza”.

L’ANGELO CHE ISPIRA I TESTI SACRI
Meno celebri sono due Spiriti incontrati nell’Apocalisse di Esdr: Geremiele e Praviele. Per Esdra, Praviele è l’ispiratore degli autori sacri, Geremiele l’Angelo della morte, un psicagogo che sarà presto dimenticato a vantaggio dell’Arcangelo Michele, protettore titolato delle anime nel loro viaggio verso l’Aldilà.

LA RAPPRESENTAZIONE DI RAGUELE
Altri Angeli compaiono qui o là, in alcune preghiere o su dei bassorilievi o delle pitture, senza che sia possibile sapere quello che essi rappresentavano per quelli che li pregavano…Tale è il caso di Raguele, sfuggito dall’Apocalisse di Enoch, e la cui immagine è due volte raffigurata, in compagnia di Raffaele, su dei sarcofagi, che datano del V secolo, ritrovati a Poitiers.

URIELE, PRIMO DEI CHERUBINI?
Certi Padri della Chiesa, come Sant’Ambrogio, o certi Dottori, come Sant’Isidoro di Siviglia, avevano identificato un altro Angelo, detto a volte, il quarto Arcangelo, chiamato Uriele, che sarebbe l’Urjan del Libro di Enoch. Uriele significherebbe “Fuoco di Dio” o “Dio è la mia Luce”. Poiché figura in compagnia di Adamo su di una pittura palermitana, Uriele potrebbe essere il primo dei Cherubini, colui che scacciò l’uomo dal Paradiso terrestre.

L’ANGELO CHE FERMO’ ABRAMO
Sant’Isidoro, ragiona don Marcello, «riconosceva in lui l’Angelo che fermò il braccio di Abramo pronto ad immolare suo figlio, e colui che si fece vicino a Mosé il messaggero di Dio nel roveto ardente. Egli era l’Angelo della rivelazione patriarcale. Tali riferimenti giustificano la vivissima devozione che circondò Uriele durante i primi secoli cristiani».

INSIEME AI TRE ARCANGELI
Rispettando l’usanza che poneva sotto l’invocazione degli Arcangeli le torri delle chiese, «diversi grandi santuari, ivi compresa la cattedrale di Milano, posero i loro campanili sotto la quadruplice protezione di Michele, Gabriele, Raffaele ed Uriele. Tutta l’iconografia primitiva lo mette con essi su di un piede d’uguaglianza, poiché è dipinto, come essi, in piedi davanti al trono dell’Agnello».

LA FESTA SCOMPARSA
La festa di Sant’Uriele è solennizzata nella Chiesa latina e nella Chiesa greca, il 15 luglio nella Liturgia romana. «E, bruscamente – conclude lo studioso – nel 745, il secondo Concilio di Roma cancella Uriele dal calendario, dalle preghiere, dalla liturgia, ed interdice che gli sia reso la minima devozione…Severità estrema, giustificata solamente dall’assenza della menzione nominale di Uriele nei Libri canonici e l’angoscia di rendere sotto questo nome un culto incosciente ad un Angelo decaduto».

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