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Tenendo Dio nel calice della propria mano

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Aleteia - pubblicato il 06/11/15
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La straordinaria lezione eucaristica di François-Xavier Nguyen Van ThuanIl diacono Greg Kandra voleva rivolgere alcune parole ai bambini della sua parrocchia che si preparavano alla Prima Comunione, ma poi ha deciso di rivolgere la sua omelia ai genitori. Visto il recente Sinodo dei vescovi sulla famiglia, la decisione sembra essere stata appropriata, perché i genitori sono i primi maestri della fede. Aleteia condivide l’omelia del diacono Greg con la speranza che ispiri i lettori a condividerla e a insegnarla.

 

Questa mattina vorrei dare un benvenuto speciale ai bambini che si stanno preparando a ricevere la Prima Comunione, ma anche ai loro genitori.

È l’inizio di un momento emozionante per i vostri figli, ma anche per voi e per tutti noi come comunità parrocchiale, e vorrei davvero rivolgermi a voi genitori che farete questo viaggio con i vostri figli mentre si preparano ai sacramenti.

Consideriamo questo spartiacque nella vita dei vostri figli, che non di rado passa quasi inosservato. A volte diventa una lista di cose da fare. “Devo portare i bambini a Messa”. “Devo trovare il loro certificato di Battesimo”. “Devo preparare la festa”.

Ci vediamo immersi nelle cose che circondano il sacramento, dalla lista degli invitati al menù e al vestito, e perdiamo di vista il vero senso della cosa. Lo vedo continuamente ai matrimoni, ai Battesimi, alle Prime Comunioni.

Per qualche momento, vorrei fare un pausa, perché lo richiede quello a cui si stanno preparando questi bambini.

Definiamo l’Eucaristia “fonte e culmine della nostra fede”, ed è di questo che si tratta.

All’inizio degli anni Settanta, durante la guerra del Vietnam, l’arcivescovo di Saigon era un uomo di nome François-Xavier Nguyen Van Thuan. I comunisti lo consideravano una minaccia, e nella festa dell’Assunzione, il 15 agosto 1975, venne arrestato e messo in prigione.

Senza essere stato processato e aver ricevuto una sentenza, venne mandato in un carcere del nord del Vietnam. Ci rimase 13 anni, 9 dei quali in isolamento. Durante la sua prigionia non poteva celebrare la Messa né ricevere l’Eucaristia.

Quello che è riuscito a fare, tuttavia, è fenomenale, e ci ricorda con grande forza quanto sia vitale l’Eucaristia.

All’arcivescovo venne concesso un lusso: scrivere lettere ai suoi amici che erano fuori dalla prigione. Quando lo faceva, spesso chiedeva loro di inviargli quella che definiva la sua “medicina”. Sapevano bene a cosa si riferiva.

Gli inviavano medicine per la tosse in bottiglie piene di vino e piccoli pezzi di pane. Le guardie gli passavano clandestinamente un po’ di legno e di filo, e con questi riuscì a ricavare una piccola croce, che nascondeva in un pezzo di sapone.

Custodiva tutte le sue cose in una scatola di cartone. La scatola divenne il suo altare privato. Ogni giorno, alle tre del pomeriggio, l’ora della morte di Gesù, si metteva qualche goccia di vino nella mano, mescolando con acqua, per celebrare la Messa.

Stava per accadere il più grande miracolo della storia.

Quella piccola cella divenne bella e benedetta come qualsiasi cattedrale, un santuario per la gloria di Dio.

Lo fece per 13 anni. Nel 1988 venne liberato.

Durante l’anno giubilare del 2000 venne invitato a predicare in Vaticano, e papa Giovanni Paolo II gli regalò un calice, un dono di un valore incalcolabile per un uomo il cui unico calice era stato per molti anni il palmo della propria mano. Nello stesso anno venne creato cardinale. Due anni dopo morì. Il Vaticano ha aperto la sua causa di canonizzazione.

Il cardinale era un uomo che ha capito con ogni fibra del suo essere quanto è preziosa la Santa Comunione.

È questo che dobbiamo trasmettere ai nostri figli mentre si preparano a ricevere questo sacramento per la prima volta. La Santa Eucaristia è preziosa. Ed è bella. È un dono d’amore travolgente.

Non inganniamoci: al di sopra di tutto è un dono.

Nel Vangelo di questa mattina, ascoltiamo che il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito ma per servire. Il messaggio non riguarda il ricevere, ma il dare. Cristo ci ha mostrato il cammino per donare.

E continua a farlo, venendo da noi per come siamo, dove siamo, dando tutto.

Egli è il regalo.

Abbiamo visto cosa significava sul Calvario.

Siamo sul punto di rivederlo qui su questo altare. Dio viene da noi sotto forma di pane e vino. Il pane, di fatto, è abbastanza piccolo da poterlo tenere nel palmo della nostra mano.

Lo ribadisco: Egli è il dono.

Sentiamo questa idea ogni anno il giorno di Natale, ma ci rendiamo conto che ogni Messa, di fatto, è Natale?

Che miracolo, e che mistero…

Un paio di settimane fa ho predicato in tutte le Messe di un piccolo paese nell’ovest dell’Illinois. È una zona rurale. Il grande datore di lavoro è la fabbrica John Deere. Quella domenica, la gente si avvicinava a ricevere la Comunione, stendeva la mano per ricevere l’ostia.

Ho consegnato quel perfetto pezzo di pane – il Corpo di Cristo – nelle mani di contadini e fabbri, mani callose, con le vesciche, e ruvide, e mi sono reso conto, forse come mai prima, del senso di questo sacramento: nonostante tutto, Dio viene a noi nella nostra umanità, fragilità, nella nostra stanchezza, nelle nostre carenze.

Quello a cui ho assistito in quella parrocchia dell’Illinois mi ha trasformato. Non avevo mai visto la gente desiderare l’ostia con tanta tenerezza e tanto amore.

La grazia di questo dono è quasi schiacciante, ma molto spesso la diamo per scontata. Quando questa mattina vi avvicinerete per ricevere la Comunione, non datela per scontata. Non lasciate che questo sacramento sia solo un’altra parte della Messa.

Non lasciate che il sacramento che i vostri figli si stanno preparando a ricevere diventi solo un’altra foto dell’album familiare, un altro menù o progetto o un’altra lista degli invitati da elaborare.

Ricordate, invece, che Egli non è venuto per essere servito ma per servire. Ricordate cosa significa. E ricordate François-Xavier Nguyen Van Thuan.

Ricordate molti altri in tutto il mondo di cui non conosciamo il nome e che non possono fare quello che stiamo facendo noi qui oggi.

Ricordate che ci è stato dato un miracolo e un mistero che questi bambini si stanno preparando a ricevere. È qualcosa di meravigliosamente incomparabile e un amore insondabile.

Questo è il dono che ci è stato trasmesso.

È la fonte e il culmine della nostra fede.

Si tratta di questo.

 

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Greg Kandra, giornalista vincitore di vari premi, ha scritto per la CBS News per più di vent’anni. È diacono permanente nella diocesi di Brooklyn e scrive su The Deacons Bench.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]