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Le “altre” Scritture perdute

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Philip Jenkins - pubblicato il 03/11/15

Dopo i rotoli del Mar Morto, i testi slavi infrangono tutte le regole

Sappiamo tutti dove si dovrebbero trovare gli antichi manoscritti di valore inestimabile: in qualche luogo remoto, preferibilmente un deserto, e c’è bisogno di un buon nascondiglio. Le grotte sono perfette. Se si vuole creare uno stereotipo, i rotoli del Mar Morto rappresentano il modello ideale, seguito dagli antichi testi cristiani e gnostici ritrovati a Nag Hammadi, in Egitto, più o meno nello stesso periodo. Una delle più grandi scoperte di questo tipo dei tempi moderni, però, ha infranto tutte le regole, il che potrebbe spiegare perché rimanga così sconosciuta al di fuori del mondo degli esperti. E siamo ancora solo all’inizio delle sue implicazioni.

La storia inizia nel XIX secolo, quando gli studiosi di tutta Europa frugavano tra i manoscritti medievali in vecchie biblioteche e case religiose. Gli studiosi russi cercavano un codice giudiziario medievale chiamato Merilo Pravednoe, una raccolta di leggi e commenti. Non sorprendeva che un’opera legale compilata nel XIV secolo includesse una buona quantità di materiale religioso e che rimandava alla Bibbia, ma gran parte di questo suonava strano. Il manoscritto conteneva un libro pseudo-biblico altrimenti sconosciuto, 2 Enoch (slavo), o il Libro dei Segreti di Enoch. Il secondo libro di Enoch ci racconta come l’antico patriarca abbia viaggiato attraverso il cielo, guidato dagli angeli, e abbia testimoniato il destino degli esseri spirituali, buoni e cattivi. Deriva chiaramente da un mondo in cui Enoch era visto come la fonte di vasti corpi di saggezza esoterica. 2 Enoch anticipa dozzine di altre opere e altri racconti apocalittici di viaggi celesti, fino a e includendo le opere di Dante.

2 Enoch è stato probabilmente scritto in greco e poi tradotto in altre lingue, ma la gran parte di quello che conosciamo deriva da questi testi slavi. Sopravvive in versioni sia più lunghe che più corte, e la più lunga è stata chiaramente adattata a scopi cristiani. La versione più lunga e più antica ci riporta a un’opera scritta da un ebreo alessandrino verso il I secolo d.C. – più o meno il periodo dei rotoli del Mar Morto.

Questa scoperta sarebbe assai significativa, ma man mano che gli esperti approfondivano gli studi degli antichi testi slavi trovavano sempre più esempi di questi scritti davvero antichi risalenti al mondo ebraico e alle origini del cristianesimo. Diverse versioni solo di 2 Enoch sopravvivono in venti manoscritti slavi.


Molte altre opere, inoltre, non sopravvivono in alcun’altra lingua, neanche nell’originale (generalmente) greco. Tra le opere che oggi esistono solo o prevalentemente in forma slava, troviamo l’Apocalisse di Abramo, la Scala di Giacobbe, 3 e 4 Baruch e il Martirio e l’Ascensione di Isaia. Presi insieme, questi materiali offrono un panorama sconcertante della forma mentis dell’ebraismo del secondo Tempio. Se una raccolta di questo tipo fosse stata rinvenuta in qualche grotta, i media avrebbero gridato a una seconda scoperta dei rotoli del Mar Morto.

Perché questi testi “perduti” sopravvivono, e in modo così abbondante? Le terre slave sono state convertite sotto l’influenza dell’impero bizantino dal IX secolo in poi, e hanno seguito la versione ortodossa della fede. Restando a stretto contatto con Costantinopoli e altri grandi centri intellettuali, le Chiese hanno preservato e tradotto antichi testi greci, inclusi alcuni scomparsi da tempo da altre zone. La maggior parte di questa attività si è probabilmente svolta nell’allora grande impero di Bulgaria. Anche quando altre Chiese si innervosirono per queste audaci pseudo-scritture, gli scritti rimasero ampiamente disponibili in monasteri e chiese diffusi in tutta l’Europa orientale e nei Balcani. Sono rimasti nell’oscurità finché non sono stati riscoperti dagli studiosi moderni.

Questa geografia, però, ha sollevato questioni interessanti. Nel Medioevo, le eresie erano molto potenti in Europa, e in alcuni casi equivalevano a intere chiese sotterranee che dominavano intere regioni. Tra le più importanti e influenti c’erano i bogomili, sorti in Bulgaria verso il 900 e che sono rimasti come forza potente nei Balcani fino almeno al XV secolo. I missionari bogomili hanno prodotto una conseguenza occidentale potente e leggendaria, gli albigesi o catari, che ricordiamo per Il Codice da Vinci di Dan Brown. Questi gruppi erano dualisti, credendo in una lotta tra il Dio malvagio di questo mondo materiale e il più elevato Dio di Luce rivelato in Gesù.

Mentre gli esperti studiavano questi antichi scritti apocrifi slavi, sono stati colpiti dalle analogie con le dottrine e l’immaginario che i bogomili hanno sviluppato vari secoli dopo. Alcune di queste opere pseudo-bibliche suggerivano che il mondo materiale era stato creato da un Dio inferiore, un demiurgo o Artigiano-Creatore piuttosto diverso dal Signore trascendente. I bogomili sono quindi nati e si sono sviluppati proprio in quelle regioni in cui circolavano questi allettanti testi in lingue slave. Sappiamo anche che i bogomili avevano un gusto speciale per varie opere antiche trovate tra gli scritti apocrifi, inclusi l’Apocalisse di Abramo, 2 Enoch e la Visione di Isaia.

La somiglianza tra i vecchi apocrifi e le idee dualiste di molto successive potrebbe essere una coincidenza, ma è ben più probabile che quegli scritti slavi abbiano aiutato i pensatori dell’est europeo a muoversi in direzione dualista durante il X secolo. Se l’idea è corretta, saremmo davanti a un’influenza diretta delle frange da lungo estinte dell’ebraismo del secondo Tempio attraverso le eresie dell’Europa medievale.

Una spiegazione di questo tipo rende inutili le nette divisioni che tracciamo in genere tra il mondo religioso antico e quello medievale, e tra il cristianesimo delle origini e quello medievale. Forse gli inquisitori del XIII secolo – nell’era di Tommaso d’Aquino e di Francesco d’Assisi – lottavano davvero contro idee sorte ad Alessandria e a Gerusalemme in un’epoca in cui il secondo Tempio era ancora in piedi.

Sentiamo tanto parlare di cause perse, sia nella fede che in politica, ma sono mai davvero perse?

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Philip Jenkins è Distinguished Professor di Storia presso la Baylor University e autore di The Great and Holy War: How World War I Became a Religious Crusade.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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