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Ferite: perché anziché amareggiarci ci portino ad amare

A Girl Thinking – Sad – Sadness – it

© Federico Coppola / CC

https://www.flickr.com/photos/silentman-it/2839586898

padre Carlos Padilla - pubblicato il 27/10/15

“E tu mi dici: 'Sono innamorato di te, delle tue ferite'”

Riconoscere le nostre ferite è il primo passo per crescere. Sappiamo che a volte, a causa delle delusioni che abbiamo subito, ci costa sentirci amati. Bisogna guardare le ferite che ci chiudono, che ci fanno creare difese, ci bloccano e non ci fanno crescere e avanzare. Quelle ferite che sanguinano e fanno male.

E attraverso di esse cerchiamo piccoli amori caduti lungo il cammino. Il pozzo senza fondo della nostra anima ferita sembra non riempirsi mai. Non siamo del tutto contenti. Viviamo insoddisfatti della vita.

Quanto è importante imparare a focalizzare la nostra ferita nell’amore per avanzare! Siamo mendicanti di un amore che possa saziare la nostra sete infinita. Siamo mendicanti di elemosine cadute ai nostri piedi.

Costa accettare la nostra storia e amarci per come siamo. Accettare la nostra miseria e supplicare Dio. Accettare il vuoto e la limitazione. La ferita e la fame. Costa baciare quello che ci fa più male. Costa chiedere a Dio la guarigione, come un mendicante, come un cieco.

Ma solo Lui può guarirmi davvero nella forza del suo Spirito. Anelo a questo con tutte le mie forze. Desidero la mia guarigione. Desidero amare il Signore con tutta l’anima. Libero, senza difese. Egli vuole che io sia suo figlio e mi lasci portare nelle sue mani. Vuole che confidi e non cerchi amori che pretendono di saziare la ferita aperta.

Diceva Jean Vanier: “Credo che solo Dio possa guarire da dentro un cuore umano, facendogli scoprire che è amato e quindi che può essere amato, che ha un valore e che Egli, Dio, lo ama com’è, con i suoi meccanismi di difesa e la sua povertà, così come con i suoi doni. Non serve che sia perfetto, perché è il suo figlio amato. Amandolo in questo modo, Dio gli dà la vita e la forza per crescere verso un amore più grande e verso una nuova unità del suo essere”.

Dal di dentro, dal più profondo, possiamo sentirci amati. Nella forza di quell’amore che ci viene regalato. Gesù si sofferma davanti alla mia vita e mi chiama. Mi commuove che Gesù si fermi e mi guarisca in quello di cui ho più bisogno.

Ma a volte mi spaventa l’idea che Gesù non si fermi, continuando a camminare. Mi fa paura smettere di sentire i suoi passi, non riconoscere la sua voce. Forse non lo vedo neanche passare. Sento solo quelli che vanno con Lui. Quelli che mi parlano di Lui.

Voglio gridare perché mi senta. Voglio che si fermi davanti a me e mi chieda cosa mi serve, di cosa ho bisogno. Voglio vedere, voglio vivere davvero, voglio amare senza difese, voglio una vita piena, una vita piena di Lui. Ho bisogno di tante cose. Ho bisogno di Lui.

Una persona pregava: “Grazie perché mi guardi. Perché accetti l’offerta della mia vita. Perché mi guardi con immensa tenerezza. Tu solo vuoi che arrivi. Non devo essere perfetta per giustificare il mio posto. Resto davanti a te. Con le mani abbassate. Un po’ persa. E Tu mi dici: ‘Sono innamorato di te, delle tue ferite, della tua anima, del tuo mistero. Come sei. Con il tuo peccato. E il tuo sorriso. Il tuo ordine e il tuo disordine. I tuoi sogni e la tua quotidianità’. E io ti dico che sono innamorata di te, Gesù. Voglio solo fare il bene nascosta in te. Aiutami a guardare con misericordia”.

Anch’io ho bisogno di vedere, come quella persona che pregava, ho bisogno di amare, di essere amato. Ho bisogno di trovare senso nel cammino. Non legarmi per essere libero. Non avere difese per donarmi totalmente. Ho bisogno di stare con Lui per camminare sicuro. Il resto non importa. Solo in Lui la vita ha senso. Solo in Lui posso vedere.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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